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Ron: “La fede mi accompagna fin da bambino”

Ron e la preghiera

© Public Domain

Mirko Testa - Aleteia - pubblicato il 08/08/14

Il famoso cantautore racconta di come ha trovato nella preghiera l'equilibrio per non impazzire

Rosalino Cellamare, in arte Ron, da oltre quarant'anni non smette di regalare emozioni al suo pubblico con brani come Non abbiamo bisogno di parole o Vorrei incontrarti tra cent'anni.

E in molte sue canzoni, soprattuto della produzione più recente, emergono continui riferimenti alla spiritualità e alla fede: “Più vado avanti, più la musica diventa un'occasione per liberare la mia anima” racconta il cantautore in una intervista A Sua Immagine (12 luglio). “Questa cosa mi dà la sensazione di essere più vicino a Dio. Ecco perché quando scrivo mi viene naturale entrare in una dimensione che non è unicamente materiale. Mi piace volare con la mente, lo spirito e il cuore”.

La fede, racconta, “mi accompagna fin da quando ero bambino. Poi ci sono stati episodi che mi hanno portato a dover sostenere la famiglia in un momento di difficoltà forte. Per non impazzire, ho cercato aiuto e l'ho trovato nella preghiera. Ho cercato Dio è posso dire 'sono tornato a quel Signore che mi avevano insegnato e che per anni forse avevo frequentato solo per abitudine'. Ho cominciato a chiedere, poi a mettermi nelle sue mani e rimettermi a tutto quanto mi poneva davanti. Ed è da lì che ho iniziato a camminare”.

Ron è anche fortemente impegnato come testimonial dei malati di Sla ai quali ha dedicato il brano L'inguaribile voglia di vivere presente nel suo ultimo Cd. Nel 2009 aveva portato nei teatri uno spettacolo, L’altra parte di Ron, ospitando sul palco Mario Melazzini, presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica: “E' straordinario vedere negli occhi di chi ne è affetto un sorriso disarmante. Persone totalmente in gabbia ma così forti e descritte nella mia canzone come giganti indistruttibili nello spirito”.

Ha poi parlato della sua profonda devozione alla Madonna di Lourdes: “Lì si avverte una forza che ci fa sentire unici. Nella nostra debolezza. Perché se ci si reca a Lourdes, è proprio per la coscienza di essere uomini, creature fragili. Non mi è mai successo di tornare a casa 'infreddolito' ma sempre col cuore molto riscaldato, sicuro di essere stato compreso come fa una vera Madre. Amo andarci la notte e passare davanti a Maria alcune ore, senza accorgermi del tempo che passa. Quella grotta è una calamita”.

Immancabile, infine, il ricordo dell'amico Lucio Dalla: “Quando gli ho fatto visita a Losanna per salutarlo l'ultima volta, credo Dio sia intervenuto ancora una volta. Perché dopo due giorni dalla sua morte il mio cuore era sereno. Era un maestro che mi ha insegnato tanto e a cui potevi ancora fare domande: lo potevi chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Lucio ha lasciato uno stile di vita, un modo di guardare il mondo, con stupore, come un bambino”.

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