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È un male desiderare cose buone? Pensare a sé è sempre egoismo?

Looking herself in the mirror (2) – it

Nick Koch Weiler / Flickr CC

padre Carlos Padilla - Aleteia - pubblicato il 05/08/14

C'è un corretto amore per se stessi che è necessario per il proprio equilibrio

La nostra vita è mossa dai desideri che sorgono nel cuore. L’amore istintivo è la forza che muove molte volte i nostri passi. Padre Kentenich diceva: «Che cos’è l’amore istintivo? Un amore che parte dagli istinti, un amore irrazionale, una tendenza che cerca di emergere dalle profondità nascoste del subconscio. Un amore che semplicemente spinge una natura verso l’altra» (1). 

Un amore istintivo che sboccia dal profondo. È l’amore della madre per il figlio. L’amore che lotta per proteggere ciò che ama. È l’amore che attira gli innamorati. È un amore che possiede una forza e un vigore straordinari. Desidera quei beni che possono placare la sete e la fame. È un amore che, ben condotto, diventa il motore che muove tutto. Ma è un amore che può renderci egoisti.

Aggiungeva padre Kentenich: «Se io amo istintivamente, troverò in molti casi con sicurezza e correttamente ciò che devo fare; senza aver bisogno di spiegare i principi o di conoscerli. Ma l’amore istintivo separato dal soprannaturale è un fuoco che può agire in modo devastante» (2).

Questo amore ci fa desiderare ciò che non possediamo, ci porta a desiderare di soddisfare i desideri più profondi. Deve essere complementato, educato, condotto. Questo amore istintivo desidera tutto. È un amore che non vuole rinunciare a nulla. Un amore che vuole saziare con beni finiti la sete di infinito dell’anima. Un amore che può renderci egoisti e far sì che dimentichiamo coloro che ci circondano, che condividono il cammino con noi.

Per non essere autoreferenziali sarebbe bene chiedere ogni giorno a quanti ci circondano: «Tu cosa desideri? Cosa vuoi fare? Cosa ti interessa? Qual è la tua sete? Hai fame?». Sono domande che guariscono e liberano. Ci sottraggono al nostro egocentrismo. Ci liberano dai nostri legami. Ma spesso non le poniamo.

Forse ciò che ci accade è che non siamo empatici, non percepiamo la realtà che ci circonda, non entriamo nell’anima di coloro che amiamo. Non percepiamo la loro paura, la loro frustrazione, il loro anelito, il loro desiderio più profondo, i loro sogni. Pensiamo a ciò che vogliamo noi.

Oggi i discepoli si rendono conto del fatto che il popolo ha fame: «Siamo in un posto disabitato ed è molto tardi, congeda la folla perché vada nei paesi e si compri da mangiare». Pensare all’altro ci decentra. E questo molte volte è scomodo. Ci tira fuori dalla nostra comodità. Viola la pace dell’anima in cui riposiamo.

Ma non sempre tutto ciò che facciamo e desideriamo, pensando al nostro bene, è egoista. Può essere che lo facciamo cercando il nostro riposo e non per questo è egoista. Sarebbe assurdo pensarlo. Dio vuole il nostro bene. Ci vuole sani. Vuole che amiamo la vita e tutto il bello che possiede. Per questo cerchiamo il riposo e la pace. Pensiamo al nostro bene e non per questo siamo egoisti.

Diceva Anthony de Mello: «Un altro pericolo soggiace all’idea che le comodità, gli intrattenimenti e le cose che rendono gradevole la vita siano negativi. Ciò che vogliamo realmente è la libertà interiore di fronte a tutti i piaceri che ci offrono le creature. Non ci sentiremo pienamente liberi a meno che non li accettiamo senza sensi di colpa e li mettiamo da parte senza essere costretti a farlo» (3).

Goderci la vita e i suoi piaceri non è necessariamente egoista. Potrebbe esserlo se questo desiderio fosse il nostro unico scopo nella vita. Se vivessimo solo per compiere gli aneliti che sbocciano costantemente nel cuore disprezzando le necessità di quanti ci circondano. Se non pensassimo mai agli altri preoccupati solo delle nostre cose.

Quante persone oggi non hanno pace quando godono la vita e la sua comodità! Pensano di non essere generosi con gli altri. Fare sport, prendersi qualche giorno di vacanza al mare, andare in piscina, leggere un buon libro, passeggiare per le vie di una città, riposare senza far nulla, guardare un buon film, perdere tempo senza produrre, avere una conversazione interessante, parlare di cose leggere, non trascendenti, contemplare un tramonto in silenzio, dormire di più. Sono piaceri della vita ai quali non abbiamo motivo di rinunciare quando Dio li mette sul nostro cammino.

Quello che vogliamo è essere liberi da loro quando non li abbiamo. Non viviamo per avere vacanze. Non viviamo male la settimana aspettando il riposo del weekend. Ma godiamo del tempo libero perché l’anima riposi e si riempia di vita e possa tornare alla routine alla fine del riposo.

Aneliamo alla libertà interiore di fronte ai beni, per non dipendere da essi, ma quando li abbiamo ne godiamo, perché Dio vuole il nostro bene. Desidera il meglio per noi. Ha siglato un’alleanza con noi per ogni giorno: «Venite a me. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide» (Isaia 55, 1-3). Queste parole ci confortano. L’alleanza di Dio con noi è per sempre.

Diceva padre Kentenich: «Dio esce da sé ed è in costante movimento verso di noi. A sua volta, il nostro compito è essere in continuo movimento verso di Lui. Dio cerca uomini da amare» (4). Desidera il nostro bene, ci ama e vuole che lo amiamo. Ci ha promesso una vita piena e desidera solo che gli offriamo il nostro sì, per poter entrare nel nostro cuore. Come diceva Giovanni XXIII nel suo decalogo della serenità: «Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo». Vogliamo essere felici nel lavoro e nel riposo, nella dedizione generosa e nelle gioie quotidiane. Felici nel cammino. Sì, felici donandoci interamente e cercando momenti di pace.

1. J. Kentenich, Settimana d’ottobre 1951
2. Anthony de Mello, Buscar a Dios en todas partes, 89
3. 
J. Kentenich, Giornata pedagogica 1950, pedagogia per educatori cattolici

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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