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Moby Dick, opera epica intrisa di fede

Moby Dick, opera epica intrisa di fede

© Public Domain

Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 01/08/14

Paolo Gulisano aiuta a riscoprire un grande classico

In “Fino all'abisso. Il mito moderno di Moby Dick” (Àncora Editrice), Paolo Gulisano aiuta a riscoprire l'epica racchiusa nel grande classico della letteratura scritto da Herman Melville nel 1851.

“Moby Dick”, spiega nella prefazione Alessandro Zaccuri, non è un romanzo, ma “una forma che contiene tutte le forme, un racconto nel quale altri racconti confluiscono come correnti nell’oceano”, “un’opera così vasta da contenere moltitudini”. Allo stesso tempo, però, è un libro “che si attiene al mandato di una semplicità sconcertante”.

Epopea dell’empietà (o forse di un empio, il folle capitano, ma talmente magnetico da trascinare con sé il resto dell’equipaggio), Moby Dick è un testo del tutto incomprensibile al di fuori della tradizione biblica nella quale si inserisce”.

Non c’è pagina del romanzo che non possa essere incrociata con una pagina o almeno con un versetto della Scrittura.

“Melville lo ripete con tutta la chiarezza che gli è possibile: il romanzo moderno o sarà sacro oppure non sarà. O accetterà di misurarsi con la condanna dell’Assoluto oppure si ridurrà a un genere di intrattenimento. Ben scritto, magari, e meglio ancora congegnato. Ma rinunciabile, trascurabile, ininfluente sulle vite e le passioni degli uomini”.

Nel testo, Gulisano spiega che l’avventura alla base del libro “è nel cuore dell’uomo”: “è un desiderio, un bisogno di viaggiare, di cercare, di andare oltre, per poi tornare e raccontare ad altri l’accaduto”. “È all’origine della narrativa”, al punto che le storie più antiche e diffuse nel mondo, a partire dai miti e dall’epica antica, sono storie di avventura.

Il libro di Melville racconta della caccia a una balena bianca di nome Moby Dick da parte di un capitano di nome Achab che conduce la sua nave, il Pequod, e il suo equipaggio, “in un folle, allucinato inseguimento del cetaceo per i mari di tutto il mondo”. Per Gulisano, il testo “è molto più profondo di quanto possa sembrare all’apparenza, assumendo una dimensione mitica”. Tutto il libro “parla di avventura, di ricerca, e di fede”.

Cesare Pavese, primo traduttore italiano del capolavoro di Melville (nel 1932), lo aveva capito bene: “Leggete quest’opera”, diceva, “tenendo a mente la Bibbia e vedrete come quello che vi potrebbe anche parere un curioso romanzo d’avventure, un poco lungo a dire il vero e un poco oscuro, vi si svelerà invece per un vero e proprio poema sacro cui non sono mancati né il cielo né la terra a por mano”.

Pavese aveva colto l’aspetto di sacralità di Moby Dick, commenta Gulisano. “Un sacro che riconduce alla Divinità, in una forma misteriosa, celata, tutta da decifrare, e alle sue manifestazioni, che agli occhi dell’uomo possono apparire anche negative, oltre che incomprensibili”.

“Moby Dick trasuda le Scritture a ogni pagina non soltanto nelle fittissime citazioni, ora esplicite ora camuffate dietro una costruzione o l’incedere di una frase, ma nella sua stessa struttura, nella concezione stessa di 'romanzo impuro'”. È dalla Bibbia che è tratto l’immenso antagonista che domina silenzioso e maestoso il romanzo: il grande pesce, il mostro, la balena, che richiama la storia di Giona.

Con Melville il racconto epico è tornato a fare capolino nella letteratura dopo qualche secolo di eclissi, ricorda Gulisano. “Melville realizzò l’epica della giovane America dell’Ottocento che aveva conquistato con la forza l’indipendenza, distaccandosi dalle sue radici britanniche ed europee, lanciandosi alla conquista di nuove frontiere. È l’epica di una nazione ma anche di un tempo, l’Ottocento positivista e scientista, che vuole sfidare le leggi della natura e di Dio, che con la tecnica decide prometeicamente di scalare i cieli”.

“Così come gli antichi poemi epici hanno influenzato profondamente tutta la tradizione culturale e letteraria dell’Occidente, costituendosi come archetipi con cui hanno continuato a confrontarsi autori di epoche successive, che li hanno considerati modelli di stile e grandi repertori di personaggi e temi, vicende e situazioni eroiche e avventurose, così l’epica dimenticata di Moby Dick, espressione della modernità occidentale, della sua ricerca, dei suoi dubbi e delle sue follie, deve tornare a stupire il lettore e a interrogare la sua coscienza”.

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