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La Valle dei Monasteri della Cappadocia, reliquie di pietra

Capadocia – it

© Jimmy Baikovicius

Enrique Chuvieco - Aleteia - pubblicato il 01/08/14

Negli eremi e nelle chiese scavate nella roccia molti cristiani trovarono il Maestro

Un paesaggio magico colpisce il viaggiatore quando arriva ai coni di Urgüp (Cappadocia, Turchia). È un luogo santo perché lì si stabilirono alcuni dei primi monaci e anacoreti per svuotarsi di se stessi e riempirsi di Dio. Sembra come se la formazione della terra avesse avuto presente, più di otto milioni di anni fa, che lì si sarebbero stabiliti quegli “strani” personaggi che lasciarono tutto per unirsi al Creatore.

L’esplosione del monacato avvenne alla fine del III secolo, quando alcuni cristiani lasciarono tutto e si ritirarono in zone solitarie per vivere austeramente imbevuti di Dio. Pensavano che l’imitazione di Cristo nel silenzio favorisse gli imperativi evangelici. Fu San Basilio a metà del IV secolo a conferire un carattere comunitario a questa forma di vita lontana dal mondo, mediante la sua regola. Era nato a Cesarea di Cappadocia e per vari anni studiò la vita monastica dell’epoca. Per Basilio il monaco è un credente autentico che deve adattarsi integralmente al Vangelo. Se non è così, non può essere considerato tale.

I coni di Urgüp: pensati da Gaudí?

Quando il sacerdote francese Jerphanion visitò nel 1907 Urgüp, rimase affascinato da quelle sculture geologiche. Coni, piramidi, guglie e precipizi eerano stati creati dalla natura e dalla mano dell’uomo, diventando poi chiese o case. Il sacerdote decise di “completare” la propria vita in quel luogo per studiare quelle chiese lavorate nella roccia che avevano accolto alcuni dei primi cristiani che avevano abbandonato il mondo per raggiungere Dio. Dagli studi del sacerdote vennero alla luce tra il 1925 e il 1942 vari volumi in cui scopriva quelle costruzioni praticamente ignote dal III secolo.

Gli abitanti erano e sono protetti nelle loro cavità di pietra dai rigori del clima della zona. Per via dell’accumulazione vulcanica, le terre sono fertili e basta un po’ d’acqua perché spuntino viti e alberi da frutta.

Verso il IV secolo d.C., la Cappadocia era sotto il dominio dell’Impero Romano d’Oriente. Molti monaci, cercando silenzio e vita contemplativa, accolsero la regola di San Basilio (329-379), che fu vescovo di Cesarea, a meno di 90 chilometri da Urgüp.

Dopo uno studio di anni della vita monastica, San Basilio stabilì che i monaci non dovessero vivere in reclusione né in comunità ampie, ma in piccoli gruppi.

Più di 150 chiese scavate nella roccia

A poco a poco, non solo Urgüp, ma anche altre valli come Góreme si riempirono di anacoreti, che costruirono cappelle ed eremi nei coni. In genere la longitudine non eccedeva gli otto metri ed erano composti da una semplice navata rettangolare e da una piccola abside. I monaci decoravano le pareti e il soffitto con simboli cristiani, come croci e pesci.

Dopo un periodo iconoclasta tra l’VIII e il IX secolo, in cui si ritenne idolatrico dipingere le figure di Gesù e dei santi, nell’850 vennero recuperate le pitture figurative e la rappresentazione di brani biblici. Nei dintorni di Urgüp ci sono oltre 150 chiese scavate nella roccia. Nell’XI secolo i musulmani conquistarono la zona e nel XIII secolo, con le invasioni turche, finì quasi totalmente la costruzione di questi edifici di lode a Dio.

Alcuni di questi templi dovettero servire da cimiteri per sacerdoti e monaci, perché si osservano resti di pitture di qualità per abbellire le cappelle mortuarie.

Gli affreschi della Valle

Al centro della Cappadocia c’è Göreme, e in un raggio di non più di 20 o 30 chilometri si può realizzare la maggior parte dei percorsi. Nella valle omonima, dichiarata Patrimonio dell’Umanità nel 1985, c’è la più alta concentrazione di chiese ed eremi rupestri di tutta la Cappadocia, come la chiesa Oscura (Karanlik Kilisi), quella del Serpente (Yilanli Kilisi) e quella dei Sandali (Çarikli Kilisi). Quella che ha i dipinti più belli è quella di Tokali Kilisi.

Un altro tempio è la chiesa di Yüksek (chiesa Alta), situata sulla sommità di una collina. Anche se il suo stato di conservazione è carente, si intuisce che negli anni del suo splendore la sua bellezza spiccava. Ci sono poi il tempo di Sant’Anargiro, in cui si celebra il patrono ogni 1° novembre e che presenta affreschi di Gesù con la Madonna e gli apostoli, la Kizil Irmak (chiesa Rossa), in cui sono state impiegate pietre di quel colore – presenta una pianta a croce greca e si ritiene che San Gregorio Nazianzeno abbia trascorso qui i suoi ultimi giorni -, la Chiesa di Ahmatli – caratterizzata dai numerosi affreschi biblici sulle mura, come la fuga in Egitto, Gesù al tempio e il sogno di Giuseppe – e la chiesa di Koç, nella quale spiccano figure che sostengono una specie di scettro, situate al centro della cupola, con un angelo su di loro.

Per San Basilio la vita monastica era comunitaria per esercitare la Carità. Il servizio agli altri, l’umiltà, la penitenza, la preghiera e il lavoro erano le basi dei monaci dell’epoca e di quelli attuali. Nella Valle dei Monasteri si possono ripercorrere i passi dei primi testimoni del cristianesimo.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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