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Il segreto per educare? Educare se stessi e lasciarsi educare

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Carlos Padilla - Aleteia - pubblicato il 29/07/14
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Educando applichiamo a noi stessi ciò che chiediamo a coloro che educhiamo, con pazienza e rispetto
L’autoeducazione non è un lavoro di volontà. È un aprirsi alla grazia, alla forza di Dio che penetra nella nostra vita. Dio ha pazienza e fiducia in noi. Il risultato supera le aspettative. Dio è così. Dà sempre di più anche se apportiamo poco. Il suo amore trabocca sempre. Dio crede in tutto ciò che possiamo diventare. Ma bisogna agire.

Diceva padre Kentenich: «Bisogna agire! Non solo sognare, dedicarsi a congetture o criticare con superbia, altrimenti l’abisso tra conoscenza e realizzazione sarà sempre più grande. Ciascuno è artefice della propria felicità».

A volte pensiamo che tutto dipenda da Dio e ci rilassiamo. Ci dimentichiamo dell’essenziale: nulla senza di te, nulla senza di noi. Nulla senza il tuo amore, senza la tua grazia, senza il potere del lievito. Nulla senza il mio “sì”, senza la mia dedizione quotidiana, senza il mio sforzo, senza la mia farina.

Padre Kentenich diceva che siamo educatori educati. Educatori che non si stancano di educarsi, di mettersi nelle mani di Maria perché Ella formi il nostro cuore: «Essere educatore significa mantenersi continuamente disciplinato, lavorare costantemente su se stessi. Mentre educo altri, lavorerò simultaneamente sulla mia educazione personale. Se non lo faccio sarò un fallimento, non potrò mai realizzare la mia missione in modo chiaro, sicuro e duraturo».

Padre Kentenich segnalava il ruolo fondamentale di Maria come educatrice: «Se sono legato a Maria, non solo intellettualmente, ma anche istintivamente, allora assumerò anche il suo atteggiamento. E il suo atteggiamento verso se stessa, verso Dio e la vita, è la santità».

Ci mettiamo nelle sue mani affinché Ella, giardiniera, seminatrice, lavori la nostra terra. Il suo amore ci insegna ad amare. Il suo sguardo sulla nostra vita, pieno di misericordia, ci insegna a guardare.

Guardiamo a Lei, piena di luce e speranza. Guardiamo a Lei, pienamente donna, pienamente figlia e madre. Guardiamo a Lei e vogliamo che venga presa sul serio l’educazione del nostro cuore. A volte così impredicibile, a volte così vulnerabile.

Siamo consapevoli della povertà del nostro cuore, per questo ci rallegra sapere che Ella ci dona il suo. Così è più facile.

Come sacerdoti possiamo conformarci e pensare che non ci sia più fonte a cui attingere. Ci sbagliamo. Possiamo diventare molto di più, migliori, più di Dio, più umili, più bambini, più figli. È sempre possibile crescere.

Educando applichiamo a noi ciò che chiediamo a coloro che educhiamo. Quella pazienza che Dio ha con noi, la vogliamo avere nei confronti di coloro che Dio ci affida.

A volte educando ci costa essere pazienti e rispettare. Ci piacerebbe tagliare tutto ciò che è diverso da quello che abbiamo pensato sia il meglio per loro. Ci piacerebbe che il campo dei nostri fosse a immagine del nostro. È quello che conosciamo, lì ci sentiamo sicuri. Non capiamo come, avendo seminato lo stesso nei nostri figli, ciascuno sia così diverso.

Gesù ci insegna a seminare, ad aspettare, ad accompagnare in ogni scelta che i nostri prenderanno, a sognare il campo migliore per loro, non per noi. Ci invita ad aspettare con pazienza, ad aver cura con tenerezza, a confidare sempre nelle loro possibilità, a rispettare, ad ammirare, ad amare per come sono, non come io vorrei che fossero.

Lasciare libero l’altro riempie il nostro cuore. Ci rende capaci di lasciare che il grano e la zizzania crescano insieme. La cosa difficile non è lasciare che l’altro decida liberamente, ma accettare che possa prendere una strada diversa da quella che io ritengo migliore, e anche così restare vicini e sostenere.

La libertà è un rischio. Abbiamo paura di ciò che è sconosciuto, del mare aperto dove non possiamo controllare tutto e dobbiamo lasciare il timone a un altro. Vogliamo sempre proteggere. Assicurarci. Lasciamo che i nostri scelgano, ma incrociamo le dita perché scelgano ciò che vogliamo.

Nel campo crecono la zizzania e il grano. Quanto è difficile resistere e non strappare presto la zizzania! Gesù ci invita ad avere pazienza, e prenderci cura e a rispettare, a cambiare sguardo, ad aprire il cuore.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]