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Esiste una speranza nelle periferie dell’esistenza?

Meeting Rimini 2014

© lyonora

Aleteia - pubblicato il 24/07/14

Testimonianze di fede e storie di vita dagli angoli più "bui" del pianeta. Le parole del presidente del Meeting di Rimini

Siria, Ucraina, Nigeria, Palestina e l'elenco potrebbe continuare. Nominando questi luoghi affiorano alla mente immagini di guerre, di persecuzioni, di drammi umani senza sosta. Si sente l'odore di odio e di morte. Niente di positivo, nessun barlume di speranza. Almeno a prima vista. Eppure c'è qualcuno che testimonia un modo di vivere vero, anche in queste condizioni apparentemente invivibili. Persone che portano negli occhi e nel cuore una certezza incrollabile che “spera contro ogni speranza”. Saranno questi volti i protagonisti della prossima edizione del Meeting di Rimini. A parlarne è Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l'amicizia tra i popoli.

Il Meeting è pronto per la sua XXXV edizione. Come in ogni appuntamento, al centro ci saranno volti umani, spesso poco conosciuti, e grandi storie di vita: quali saranno le più importanti di quest'anno?
​Guarnieri: Ancora più di altre edizioni, il Meeting 2014 è fatto proprio da queste storie. Anche perché non vogliamo parlare delle periferie o parlare “sulle” periferie ma vogliamo far parlare chi in queste periferie vive con una speranza. Chi ha trovato un'intensità umana anche in situazioni complesse e contraddittorie.

Rispetto a questo tema ci saranno 2 grandi momenti: il primo con Padre Pierbattista Pizzaballa, un incontro che nasce dal fascino di aver visto come l’amicizia tra uomini, lo spazio al dialogo e un’esperienza di apertura siano capaci di generare e di costruire qualcosa di buono per l'uomo. Quello che abbiamo visto durante il viaggio del Papa in Terra Santa e quello che abbiamo visto riaccadere nel momento di preghiera nei giardini vaticani ci ha fatto capire che questa realtà era davvero un segno da guardare.

Chiudiamo con il tema dei cristiani perseguitati, con mons. Ignatius Kaigama, Arcivescovo di Jos e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, Paul Bahtti e alcune testimonianze dalla Siria. Quello che vorremmo poter incontrare nel giorno finale del Meeting, non è solo la tragedia delle persecuzioni, che pure c’è ed è immane, ma vorremmo ascoltare la testimonianza di chi, dentro queste violenze ed infamie, è capace di dire “si può vivere anche qui”: Perché quello che ci colpisce in questi mesi, ogni volta che contattiamo queste persone, è ciò che dicono: “certo la violenza c’è , ma c’è una speranza anche qui”. Sono quindi le vittime di queste tragedie che ci sollecitano ad una apertura diversa alla realtà.

Poi il Meeting sarà costellato di testimonianze che si documenteranno con linguaggi diversi: chi racconterà della propria storia di rinascita umana in Ecuador, chi, attraverso la mostra “Generare Bellezza”, racconterà come in Kenya sia nata un’esperienza di scuola e di vera educazione all'umano.

Ci sarà poi un tema molto originale: l’archeologia come fonte di speranza con una grande mostra archeologica sui grandi scavi in Georgia e in Siria, dove si vuole raccontare come l’archeologia non è qualcosa che guarda solo al passato, ma è una possibilità attraverso la quale recuperando e appassionandosi al proprio passato si può fare qualcosa per sé e per il futuro del proprio paese (Siria).

Un esempio di periferie “non geografiche”?
Guarnieri: Il carcere, il dramma della malattia e di chi opera per la cura del malato, l’emergenza educativa e altre situazioni drammatiche che le persone si trovano ad affrontare. Periferie sono anche il luogo in cui qualcosa di nuovo sta nascendo: penso alla storia di amicizia con alcuni ragazzi egiziani musulmani e cristiani copti, a quella con alcuni ucraini. Il titolo del Meeting, non a caso, verrà presentato dal prof. Filonenko che è ucraino. Ecco, tutte queste situazioni sono dei piccoli segni di diversità che vorremmo fossero documentati.

Come mai è stato scelto questo titolo-citazione di Papa Francesco?
Guarnieri: L’origine è il fascino che il tema delle periferie lanciato da Papa Francesco ha generato in noi. Bergoglio ci sta invitando ad andare con una coscienza rinnovata, dove forse neanche noi siamo mai andati, verso le periferie del mondo e dell’esistenza. E poi, come possiamo essere sordi davanti a questo richiamo, noi che nelle periferie ci siamo nati, che delle periferie abbiamo fatto proprio gli inizi della nostra storia? Perché quando Don Giussani negli anni '50 ha cominciato ad andare nelle scuole quella, umanamente, era la grande periferia in Italia. Quando ha cominciato ad accompagnare alcuni ragazzi in Brasile negli anni 60 quelle erano periferie. La nostra storia quindi è sempre stata costellata da questo slancio e questo gusto di incontrare ciò che è nuovo, diverso.

Penso ad esempio quando Don Giussani è andato in Giappone per la prima volta negli anni 80: da lì è nato il grande rapporto di amicizia, che dura tutt'ora, con gli amici Bonzi. Dunque noi siamo stati generati da una storia che ci ha sempre sollecitati in questo senso, quindi come possiamo non muoverci davanti a questa sollecitazione di Papa Francesco?

Può raccontarci storie di conversione o di cambiamento, nate grazie al Meeting di Rimini?
Guarnieri: La conversione è un aspetto molto intimo e legato a un percorso che è sempre difficile da raccontare quando accade agli altri. Quello che noi abbiamo visto con una certa frequenza sono persone che, riviste dopo anni, ti raccontano che il primo incontro con la fede è stato “quella volta al Meeting quando ero venuto perché invitato o perché incuriosito da qualcosa”. Ecco affermazioni di questo genere ce ne sono a centinaia e sono persone “normali”, studenti, giovani, meno giovani.

Ci sono poi punte particolarmente significative come ad esempio Eugene Ionesco. Venne al Meeting nel 1987 senza neanche la consapevolezza di cosa avrebbe trovato, e arrivato qui disse “Ho trovato qualcosa che non ho mai incontrato nella mia vita, se lo avessi incontrato prima forse la mia vita sarebbe cambiata. Ho incontrato il paradiso? non lo so, sicuramente qualcosa di simile”.

Il Meeting testimonia molte amicizie “impossibili” come quella nata tra il musulmano Wael Farouq e l'ebreo Joseph Weiler. Qual è l'origine di questo rapporto? 
Guarnieri: Quello che noi vediamo accadere sono amicizie che parlano di un'unità tra persone molto distanti tra loro culturalmente. Il nostro amico ebreo prof. Wailer dice che uno dei regali più grandi che il Meeting gli ha fatto è la sua amicizia con il musulmano Farouq. E' una cosa assolutamente incredibile, imprevista e… imprevedibile! Noi non l’abbiamo costruita ma neanche favorita, erano al Meeting e si sono incontrati perché Dio ha voluto che si incontrassero. Che cosa li ha uniti? La tensione alla propria verità umana, un senso profondo di questo bisogno di significato sul quale si sono riconosciuti.

E il mondo laico?
Guarnieri: Una cosa che mi colpisce molto in questi ultimi anni è una simpatia sempre più forte da parte dei laici, del mondo e della cultura laica. Io credo che in quanto laico una persona abbia una grande libertà di pensiero, non fossilizzata su una posizione o ideologia. Infatti il vero laico si professa tale perché disdegna qualsiasi inquadramento, ma è veramente sensibile all’incontro con qualcosa di autenticamente umano. Il Meeting c'è per tutti e per verificare sempre di più quanto l’esperienza cristiana renda capaci di incontrare tutti, a volte in maniera totalmente inaspettata…

A ottobre ci sarà il Sinodo straordinario sulla famiglia, voluto fortemente dal papa. Il Meeting è frequentato da moltissime famiglie. Cosa dirà su questo tema il Meeting?
Guarnieri: C’è una cosa che colpisce sempre gli ospiti, soprattutto stranieri: i passeggini. Perché evidentemente non ci si aspetta, in un luogo dove si fa cultura, dove ci sono dibattiti politici, imprenditori, ospiti internazionali ecc. di incontrare le famiglie. Noi non abbiamo mai pensato di fare un Meeting per i bambini però i bambini devono poterci stare bene al Meeting. E ci stanno perché è accogliente e propone luoghi dove possono stare, ma non è solo questo: lo sentono come una grande estensione dell’accoglienza che loro vivono nella famiglia. Quindi per il Meeting il tema della famiglia è prima di tutto un’esperienza.

Papa Bergoglio continua a ripetere che il problema della vita, è la testimonianza e l’evangelizzazione avviene soprattutto attraverso la testimonianza. L’evangelii gaudium infatti parte proprio con queste parole: la gioia del vangelo, la bellezza di poter vivere il vangelo.
Anche la famiglia è innanzitutto un problema di esperienza e di evangelizzazione, perché se non c’è questo – un’evangelii gaudium vissuto – anche affrontare i temi della famiglia potrebbe essere uno sterile discorso. La forza e la letizia che si sperimentano nell’esperienza cristiana, consentono anche di affrontare tutte le problematiche legate alla famiglia.

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