La diocesi di Baton Rouge difende con fermezza l’atteggiamento del suo presbitero di fronte a un ordine giudiziario
Facendo un’eccezione alla sua politica di non commentare casi giudiziari ancora non conclusi, la diocesi di Baton Rouge (Stati Uniti) ha diffuso una dichiarazione ufficiale per respingere un giudizio della Corte Suprema della Louisiana che ha chiamato un sacerdote a rilasciare delle dichiarazioni per chiarire un caso.
Al sacerdote è stato chiesto di rivelare il contenuto della confessione sacramentale di una presunta vittima. “Una dottrina fondamentale della Chiesa cattolica romana per migliaia di anni ordina che il segreto della confessione è assoluto e inviolabile”, ha indicato la diocesi in una nota di risposta ufficiale.
Di fronte a questo, “un sacerdote è obbligato a non infrangere mai questo sigillo. Non gli è permesso neanche ammettere se qualcuno è andato a confessarsi da lui”. Per questo motivo, padre Jeff Bayhi, che opera in quella diocesi, deve astenersi dal rilasciare qualsiasi dichiarazione nel processo relativo a una bambina che – questa è la tesi sostenuta – avrebbe rivelato al sacerdote in confessionale alcuni dettagli riguardanti un crimine da lei subito. Il sacerdote, che non si è rifiutato di parlare sul caso, deve anche affrontare senza piegarsi le accuse di non aver denunciato i fatti qualora ne fosse stato a conoscenza.
Il segreto della confessione va difeso ad ogni costo
“Se fosse necessario, il sacerdote dovrebbe subire un processo di fronte a un tribunale civile e una condanna al carcere prima di violare il suo dovere sacro, violare il segreto della confessione e il suo dovere nei confronti del penitente”, ha affermato la diocesi in termini chiari parlando di quello che potrebbe essere il futuro di padre Bayhi, che continua a rifiutarsi di testimoniare. “Questa non è un’area grigia nella Dottrina della Chiesa cattolica romana”, aggiunge il comunicato.
“Un sacerdote/confessore che viola il sigillo della confessione incorre in una scomunica immediata il cui perdono è riservato alla Sede Apostolica nella Città del Vaticano”.
La libertà religiosa del sacerdote e il segreto della confessione erano stati difesi dalla Corte d’Appello del Primo Circuito, ma è stato presentato un ricorso presso la Corte Suprema della Louisiana, che a sua volta ha ordinato al Tribunale di Distretto di realizzare l’udienza e determinare se ci sia stato un sacramento della confessione suscettibile di essere difeso nel caso in esame. “La Corte Suprema della Louisiana non può ordinare al Tribunale di Distretto di fare quello che nessun tribunale civile potrebbe arrivare a fare: determinare in cosa consiste il sacramento della riconciliazione nella Chiesa cattolica”, ha protestato la diocesi.
“La giurisprudenza statale e federale chiarisce che non c’è giurisdizione che possa arrogarsi reclami che rispondono a domande puramente religiose di questa natura”, ha ricordato.
La diocesi ha allora sostenuto l’azione del sacerdote ed ha affermato che la legge della Chiesa non permette nemmeno che il penitente o un’altra persona riveli il contenuto della confessione sacramentale. Ha inoltre denunciato che il fatto che un tribunale civile pretenda di determinare se una situazione è o meno protetta dal segreto confessionale rappresenta “una violazione chiara e smisurata della Clausola fondamentale della Costituzione degli Stati Uniti”.
“Questa materia ha serie conseguenze per tutte le religioni, non solo per la fede cattolica”, ha aggiunto la diocesi. “Gli statuti coinvolti nella questione si riferiscono alle ‘comunicazioni sacre’ che sono confidenziali ed esenti da un rapporto obbligatorio”. La Chiesa locale ha chiesto il rispetto della libertà religiosa ed ha invocato la separazione tra Chiesa e Stato, annunciando al tempo stesso che metterà in atto tutte le azioni legali possibili per difendere il libero esercizio della religione da parte dei suoi membri.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]