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Sinodo della famiglia: cos’è e farà e cosa non è e non farà

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© David Amsler / Flickr

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Jesús Colina - Aleteia - pubblicato il 11/07/14

I tre motivi fondamentali che rendono unica la convocazione di questa terza Assemblea Generale Straordinaria

Papa Francesco ha suscitato un’enorme aspettativa convocando questo vertice ecclesiale, il che non significa necessariamente che all’opinione pubblica stiano arrivando buone informazioni. Per molti mezzi di comunicazione, la questione centrale di questo Sinodo dei vescovi sarà il fatto che la Chiesa dibatterà sul cambiare o meno la sua posizione sul divorzio.

L’ultima tappa di preparazione dell’Assemblea sinodale è iniziata con la pubblicazione, il 26 giugno in Vaticano, del Documento di lavoro (Instrumentum laboris) al quale faranno riferimento i Padri sinodali nelle loro discussioni.

Abbiamo quindi già sul tavolo tutti gli elementi per comprendere cosa sia e cosa non è, cosa farà e cosa non farà il Sinodo dedicato a“Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, che avrà luogo dal 5 al 19 ottobre 2014.

In primo luogo, bisogna chiarire che ci troviamo di fronte a un Sinodo unico nella storia. È unico perché non è un Sinodo ordinario, ma un’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei vescovi, che ha un’origine particolare e avrà una continuità inedita.

Si tratta del terzo Sinodo straordinario nella storia dei Sinodi, ristabilita dopo il Concilio Vaticano II, nel 1965. In questo lasso di tempo, i papi hanno convocato altri due Sinodi straordinari.

Paolo VI lo ha fatto nel 1969, sulle Conferenze Episcopali create negli anni precedenti, e Giovanni Paolo II nel 1985 per approfondire le conclusioni del Concilio Vaticano II.

La convocazione di questa terza Assemblea Generale Straordinaria è unica per tre motivi fondamentali.

In primo luogo, perché è stata la prima volta che un papa ha convocato questo tipo di vertice ecclesiale appena otto mesi dopo l’inizio del suo pontificato.

Nel capitolo del Codice di Diritto Canonico relativo alle Assemblee sinodali, si stabilisce che il Sinodo dei vescovi deve riunirsi in Assemblea Generale Straordinaria quando l’argomento in questione richiede una risoluzione rapida, e il papa ritiene che la risposta della Chiesa alla crisi della famiglia non possa essere rimandata.

“È evidente che la crisi sociale e spirituale del mondo attuale incide sulla vita familiare e crea una vera urgenza pastorale, la quale giustifica la convocazione di un’Assemblea Generale Straordinaria”, ha affermato il cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei vescovi.

In secondo luogo, si tratta di un Sinodo unico perché il tema scelto, riconosciuto come una questione urgente, è fondamentale sia per la Chiesa che per la società.

Nei Sinodi straordinari precedenti sono state affrontate questioni legate a circostanze particolari e interne alla Chiesa. In questo caso si convocano i rappresentanti ecclesiali per affrontare una questione fondamentale per l’umanità.

Questo Sinodo affronta questioni realmente esistenziali: i divorziati che vivono una nuova unione, la diffusione delle coppie di fatto, le unioni tra persone dello stesso sesso e la loro eventuale adozione di figli, le coppie miste o interreligiose, la famiglia unigenitoriale, la diffusione degli uteri in affitto e l’indebolimento o abbandono della fede nel sacramento del matrimonio e nella confessione.

In terzo luogo, questo Sinodo è unico perché rappresenta una tappa in un grande cammino di riflessione per tutta la Chiesa intrapreso da questo papa.

L’Assemblea è il risultato della prima serie di riunioni di Francesco con il Consiglio dei cardinali, noto come il Gruppo degli 8, per la riforma della Curia romana, svoltasi in Vaticano dal 1° al 3 ottobre 2013.

Questa iniziativa è stata lanciata dal pontefice in risposta alle richieste presentate dai cardinali nelle Congregazioni Generali che hanno preceduto il conclave nel quale è stato eletto papa.

Come ha spiegato il 1° luglio in un’intervista al quotidiano “Il Messaggero”, “le mie decisioni sono il frutto delle riunioni preconclave. Nessuna cosa l’ho fatta da solo”.

Secondo quanto ha rivelato ad Alfa y Omega il cardinal Baldisseri, in quella prima riunione del G-8 il Consiglio dei cardinali ha constatato “la necessità che il Sinodo sia uno strumento reale ed effettivo di comunione attraverso il quale si esprima e si realizzi la collegialità auspicata dal Concilio Vaticano II”.

In poche parole, il Sinodo avrà più spazi di partecipazione. Fino al pontificato di Giovanni Paolo II, i Sinodi non prevedevano momenti di dibattito, ed è stato Benedetto XVI a introdurre alcune sessionni libere di scambio, che saranno sicuramente portate avanti ora da papa Francesco.

Il papa ha anche voluto che la riflessione del Sinodo non terminasse con questa Assemblea. Con una decisione senza precedenti, ha convocato un secondo Sinodo, stavolta di carattere ordinario, sulla famiglia per l’ottobre 2015.

A un Sinodo ordinario partecipa un maggior numero di membri: vescovi di tutto il mondo eletti dalle Conferenze Episcopali, così come altri rappresentanti scelti dal papa o determinati dal ruolo che ricoprono nella Curia romana, e rappresentanti degli ordini e delle congregazioni religiose.

Il Sinodo straordinario, come nel caso dell’incontro dell’ottobre prossimo, è circoscritto ai presidenti delle Conferenze Episcopali, ai capi delle Chiese d’Oriente, ai responsabili dei vari dicasteri della Curia romana e a tre rappresentanti dei superiori dei religiosi del mondo.

Il numero ridotto dei membri è dovuto al carattere straordinario della convocazione e al limitato tempo di preparazione.

Il cardinal Baldisseri ha spiegato che l’obiettivo del Sinodo straordinario consiste nel valutare e approfondire “i dati, le testimonianze e isuggerimenti delle Chiese particolari, al fine di rispondere alle nuove sfide sulla famiglia”.

Per il porporato, il Sinodo ordinario, dal titolo “Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia”, “rifletterà ulteriormente sulle tematiche affrontate per individuare adeguate linee operative pastorali”.

A differenza di quanto hanno segnalato alcuni mezzi d’informazione, quindi, non bisogna aspettarsi dal Sinodo straordinario decisioni immediatamente rivoluzionarie. Gli orientamenti o i cambiamenti pastorali giungeranno piuttosto come culmine di tutto questo processo dopo l’Assemblea del 2015; un processo di partecipazione dell’episcopato mondiale che non ha precedenti nella storia moderna della Chiesa.

Né dittatura né democrazia

Quando si leggono i resoconti di alcuni mezzi informativi sul prossimo Sinodo, si ha l’impressione che ci troveremo di fronte a una riunione del Senato della Chiesa in cui si deciderà per voto su questioni di teologia e morale.

Si constata anche in questo caso una mancanza di conoscenza della natura e del funzionamento della Chiesa. I vescovi non possono cambiare gli insegnamenti di Gesù nel Vangelo.

A differenza dei Concili, che hanno la capacità di arrivare a una definizione comune di dogmi e che possono legiferare, i Sinodi sono solo consultivi e hanno come missione primaria consigliare il papa.

Il Documento di lavoro che servirà per il dibattito nell’Assemblea sinodale è stato realizzato tenendo conto delle risposte delle diocesi di tutto il mondo a un questionario inviato dalla Segreteria del Sinodo dei vescovi a metà dell’ottobre 2013, in tedesco, arabo, spagnolo, francese, inglese, italiano e portoghese.

Lo stesso cardinal Baldisseri ha spiegato che non si trattava di un sondaggio né di un referendum, ma della “volontà di conoscere direttamente dalle persone quella che è la loro esperienza non solo individuale ma anche di gruppo, per raccogliere dati statistici, riflessioni, elaborazioni. Così i vescovi del Sinodo avranno il polso della situazione senza doverla trarre dai libri o dalle indagini sociologiche. Il nostro questionario è molto di più di un’indagine sociologica. È una riflessione anche ecclesiale e spirituale”.

Il Sinodo ha carattere di organo consultivo, non deliberante, a meno che il papa non gli conceda quella funzione e approvi le sue conclusioni. Ciò che fa realmente un Sinodo, quindi, è raccogliere proposte e votarne l’approvazione.

Le proposte sono poi raccolte dal pontefice nell’Esortazione apostolica post-sinodale, un documento firmato dal vescovo di Roma e basato sulla sua autorità. In poche parole, l’autorità dei documenti del Sinodo deriva dal papa e non dall’assemblea dei vescovi.

A livello etimologico, la parola sinodo, derivante dai termini greci syn (insieme) e hodos (cammino), esprime l’idea di camminare insieme.

L’idea di ristabilire i Sinodi, come nella Chiesa antica, era già sorta nella fase preparatoria del Concilio Vaticano II. Il cardinale Silvio Oddi, allora nunzio apostolico nella Repubblica Araba Unita (Egitto), presentò una proposta il 15 novembre 1959 per istituire un organo di governo centrale della Chiesa, o, per usare le sue parole, un organo consultivo.

Diceva: “"Da molte parti del mondo giungono lamentele perché la Chiesa non ha un organo consultivo permanente, a parte le congregazioni romane. Pertanto dovrebbe essere istituito una sorta di ‘Concilio in miniatura’ che includa persone provenienti dalla Chiesa di tutto il mondo, che s’incontrino periodicamente, anche una volta all’anno, per discutere le questioni più importanti e per suggerire nuove possibili vie nell’operato della Chiesa. Un organo insomma che si estenda a tutta la Chiesa come le Conferenze Episcopali riuniscono tutta o parte della Gerarchia di un Paese, come altri organi, per es. C.E.L.A.M. (la Conferenza Episcopale dell’America Latina) estendono la propria attività a beneficio di tutto un continente”.

Fu però papa Paolo VI a dare forza a queste idee. Nel suo discorso commemorativo in occasione della morte di Giovanni XXIII, quando era ancora arcivescovo di Milano, il cardinal Montini fece riferimento a una “consonante collaborazione del corpo episcopale non già all’esercizio (che certo resterà personale e unitario) ma alla responsabilità del governo della Chiesa intera”.

Eletto Papa, tornò al concetto di collaborazione nel collegio episcopale – i vescovi in unione con il successore di Pietro nella responsabilità del governo della Chiesa universale.

Al termine del discorso inaugurale dell’ultima sessione del Concilio (14 settembre 1965), Paolo VI rese pubblica la sua intenzione di istituire il Sinodo dei vescovi, affermando che sarebbe stato “convocato, secondo i bisogni della Chiesa, dal Romano Pontefice, per sua consultazione e collaborazione, quando per il bene generale della Chiesa ciò sembrerà a lui opportuno”.

È quindi chiaro che la Chiesa non è una dittatura, in cui il papa decide ciò che vuole, né una democrazia, controllata da un Senato di vescovi.

Sia il papa che i vescovi sono obbligati ad essere fedeli agli insegnamenti di Cristo nel Vangelo. E nel caso della famiglia sono molto chiari, come nel caso dell’indissolubilità del matrimonio.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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