L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza di un Pastore con il suo popolo
Lo dico spesso perché ne sono convinto. La “Evangelii Gaudium” (La gioia del Vangelo) di Papa Francesco è un documento straordinario che specialmente i vescovi e i preti non possono non leggere e meditare. Non è una solenne enciclica, ma una popolare “Lettera apostolica”, perché è il programma del suo pontificato. Per mettersi in sintonia col Papa argentino bisogna leggere e confrontarsi con questo piccolo libretto. Mi hanno colpito queste insolite parole: “Molti sono i reclami in relazione alle omelie domenicali e non possiamo chiudere le orecchie. L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo”.
Dopo 61 anni di sacerdozio, ho capito che uno dei momenti più importanti, ma anche più contestati del nostro ministero sacerdotale è proprio l’omelia domenicale e anche il breve commento al Vangelo quotidiano, come fa Francesco a Santa Marta. Basta pensare ai circa 15 milioni di fedeli che ogni domenica ascoltano le nostre prediche! Chi mai in Italia ha la possibilità di parlare tutte le settimane a tanti milioni di ascoltatori? Eppure, dice Francesco, “si sentono lamenti… e non possiamo chiudere le orecchie”! Lui stesso indica la soluzione con il suo modo di parlare. Penso che abbia suscitato tanta simpatia e commozione, anche per i contenuti del suo dire, ma anzitutto perchè parla a braccio, in tono familiare, si riferisce alla gente che ha davanti, la provoca personalmente. Ha un testo da leggere, lui lo legge, ma poi si ferma, fa una battuta e va avanti per conto suo, parla in modo che tutti capiscono e lo ascoltano volentieri. Non fa una lezione, ma parla a me, a ciascuno di noi.
Francesco usa un linguaggio spontaneo e dell’immagine, che si riferisce al vissuto, ha un modo di esprimersi comprensibile a tutti per la sua carica emotiva , usa espressioni che toccano il cuore: “Dio è misericordioso, perdona sempre”, “non abbiate paura della tenerezza, ne abbiamo bisogno”, “le lacrime sono un dono di Dio, non temete di piangere, lasciatevi commuovere”, “Parlate il linguaggio evangelico dei bambini, non quello ipocrita dei corrotti”.
A me il giornalismo ha dato molto. Quando studiavo nel seminario teologico del Pime a Milano (1949-1953), una materia di studio si chiamava omiletica, la scienza sacra che spiega come fare l’omelia. L’insegnante ci diceva che bisogna studiare l’esegesi dei testi biblici da commentare, approfondirne il significato teologico, trovare belle citazioni dei Padri della Chiesa e dei Papi, ambientare il fatto evangelico nella cultura ebraica di quel tempo. Tutto bene ma non spiegava l’elemento fondamentale di una predica: come attirare e mantenere l’attenzione del popolo di Dio che ascolta!
Nella Gaudium et Spes Francesco scrive (n. 156): “ Alcuni credono di poter essere buoni predicatori perché sanno quello che devono dire, però trascurano il come, il modo concreto di sviluppare una predicazione. Si arrabbiano quando gli altri non li ascoltano o non li apprezzano, ma forse non si sono impegnati a cercare il modo adeguato di presentare il messaggio”.
Indro Montanelli diceva a noi giornalisti suoi collaboratori: “All’uomo interessa l’uomo”; non i ragionamenti, le filosofie o teologie, ma l’uomo concreto, cioè la notizia, il fatto, l’esempio, l’esperienza. Il giornalismo mi ha insegnato che la cosa fondamentale per chi scrive è di conquistare l’attenzione di chi legge. “Se non ti leggono – diceva Montanelli – è inutile che tu scrivi!”. Lui conosceva tutte le tecniche e le malizie per farsi leggere. Lo stesso succede per chi predica: se non ti capiscono o non ti ascoltano, è inutile che tu parli! Papa Francesco è ascoltato volentieri perché racconta spesso i buoni esempi di cui è stato testimone, cita sua nonna ed episodi di quand’era arcivescovo di Buenos Aires. Nel nostro ministero noi preti abbiamo una quantità infinita di esperienze positive ed interessanti. Perché le raccontiamo così poco? E’ difficile che la gente non presti attenzione se un prete dice: “Una volta è venuto a trovarmi….”. All’uomo interessa l’uomo!
“Altra caratteristica, si legge nella Evangelii Gaudium (n. 159), è il linguaggio positivo. Non dire tanto quello che non si deve fare ma piuttosto proponi quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indichi qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri del negativo”.