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Carlo Ancelotti, metodico e cattolico: “Non prego mai per il calcio”

Real Madrid’s Italian coach Carlo Ancelotti – it

AFP PHOTO/ MIGUEL RIOPA

Portugal, Lisbon : Real Madrid's Italian coach Carlo Ancelotti celebrates their victory at the end of the UEFA Champions League Final Real Madrid vs Atletico de Madrid at Luz stadium in Lisbon, on May 24, 2014. Real Madrid won 4-1. AFP PHOTO/ MIGUEL RIOPA

Alfa y Omega - pubblicato il 03/07/14

L'allenatore del Real Madrid si è formato sull'esempio di San Giovanni Bosco ed è devoto a Padre Pio

Il Mondiale del Brasile riempie le prime pagine dei giornali e le notizie di apertura di radio e televisione con i volti delle grandi stelle del calcio.

I loro stipendi astronomici, il mondo frivolo che a volte circonda lo sport e le masse infervorate di tifosi che muovono possono dare allo sport principe un’aura di nuova religione pagana, con i suoi idoli, miti e rituali.

Dio è tuttavia presente anche tra “i galattici del calcio”, come dimostra l’esempio di Carlo Ancelotti, allenatore del Real Madrid, fedele devoto a San Giovanni Bosco e a Padre Pio e che ha diretto molte delle stelle che ora stanno giocando in Brasile.

Riflessivo, metodico, semplice e cattolico: è così Carlo Ancelotti, nato a Reggiolo il 10 giugno 1959, la persone che è riuscita a pacificare lo spogliatoio del Real Madrid dopo l’abbandono, l’estate scorsa, di José Mourinho e che ha portato la squadra al vertice del calcio europeo vincendo la decima Champions League nel maggio scorso.

Il fatto che Carlo abbia raggiunto quello che molti cercavano da dodici anni non è un caso.

A Parma, Torino, Milano, Parigi, Londra e ora a Madrid, ha diretto molti dei grandi giocatori che stanno disputando attualmente i Mondiali in Brasile come stelle delle proprie squadre nazionali.

Ancelotti è una persona dal carattere conciliante, anche se non bisogna mai confondere il temperamento tranquillo con la forte disciplina che esige negli allenamenti. Dove si è forgiato questo carattere gradito a ogni giocatore che ha allenato?

L’influenza dei salesiani…

Carlo si è formato in vari collegi salesiani del nord Italia. Può sembrare che Ancelotti abbia avuto una vita comoda, visto che ha giocato nel grande Milan di Arrigo Sacchi degli anni Ottanta, dove ha fatto la storia accanto a Van Basten, Gullit, Rijkaard e altri vincendo coppe europee, scudetti e un’infinità di titoli di ogni tipo, essendo anche il cervello della squadra rossonera.

La cosa certa, però, è che Ancelotti ha dovuto lavorare fin da molto giovane per aiutare il padre Giuseppe a portare il denaro a casa a Reggiolo, una piccola località di diecimila abitanti vicino Modena con scarse risorse industriali.

La famiglia Ancelotti si è sempre dedicata al lavoro dei campi, e Carlo ha dovuto combinare il lavoro con suo padre e gli studi dai salesiani, sempre nel ramo industriale, ottenendo a Roma il titolo di perito elettronico.

Il padre gli diceva che nessuno gli poteva assicurare che sarebbe diventato un calciatore di primo livello, e per questo era importante che studiasse dai salesiani, perché se non fosse arrivato al top un giorno avrebbe dovuto ereditare il lavoro paterno nelle campagne di Reggiolo.

… e l’esempio di Padre Pio

San Giovanni Bosco è stato un punto di riferimento importante per l’attuale allenatore del Real Madrid, anche se venera anche un altro grande santo: Padre Pio.

Ancelotti non parla molto di questo fatto, ma non è passato inosservato che ogni volta che inizia una partita l’allenatore cerca all’interno della giacca e tira fuori un santino di questo santo baciandolo due volte.

Non lo considera un amuleto. “Mi affascina la vita di Padre Pio, in Italia nutriamo una grande devozione per lui, ha compiuto molti miracoli e sono colpito da tutta la sua vita; mi commuove moltissimo”, ha detto Carletto – come lo chiamano amici e familiari – quando viene interpellato sul frate cappuccino.

Quando un giocatore insiste per sapere il motivo per il quale porta con sé il santino e perché lo bacia due volte prima delle partite e gli chiede se prega perché tutti i suoi progetti calcistici abbiano buone esito, egli cambia rapidamente gesto, alza un sopracciglio e risponde:

“Non prego mai per il calcio. Dio ha cose migliori e più importanti da fare. Il nostro è un gioco, e dipende da noi; se ci alleniamo bene, tutto andrà come previsto. Lasciamo che Dio si occupi di altre cose. Io credo in Lui e lo prego ogni giorno, ma per le cose che mi circondano, non per il calcio”.

La fede che si riceve e si trasmette

La fede di Ancelotti si è forgiata nella sua casa di Reggiolo, accanto ai suoi genitori, che fin da piccolo gli hanno trasmesso le proprie convinzioni cristiane, e lui ha fatto lo stesso con i suoi due figli: Katia, che ha portato da poco all’altare nella basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis, vicino Napoli, e Davide.

Anche se la sua vita matrimoniale non è stata particolarmente facile né esemplare, Ancelotti non ha optato per la via facile di allontanarsi da Dio e dare la colpa alla Chiesa, cercando di vivere la fede cattolica con tutta la coerenza possibile.

Ancelotti adora la sua vita a Madrid. Non ha voluto vivere in una zona lussuosa alla periferia della capitale spagnola, come gli aveva raccomandato il club, per stabilirsi accanto al parco del Retiro, dove lo si può vedere passeggiare spesso, così come lo si incontra nella vicina parrocchia di San Manuel y San Benito, dove si reca spesso cercando di passare inosservato.

Al di là delle debolezze umane delle stelle, Dio e il calcio sono un binomio più che possibile.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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