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Per combattere la ’ndrangheta la Chiesa vieta i padrini

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 01/07/14
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I presuli più impegnati nella lotta alle cosche decidono di abolire i padrini per i sacramenti del Battesimo e della Cresima
Mai più «padrini» di mafia nei sacramenti. La Stampa (1 luglio) spiega che il primo a rispondere all’anatema lanciato una settimana fa da Francesco alla ’ndrangheta («I mafiosi sono scomunicati») è stato l’arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini: in una lettera ha comunicato al Pontefice che nella sua diocesi saranno aboliti per 10 anni i padrini nei sacramenti del Battesimo e della Cresima.

Un gesto condiviso anche dalla diocesi di Mazara del Vallo, nel cui territorio le forze dell’ordine ritengono che si nasconda l’ultimo "capo dei capi" di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. Il vescovo Domenico Mogavero, già postulatore della causa di canonizzazione del martire antimafia don Pino Puglisi, sottoscrive subito l’esclusione degli «uomini d’onore». E spiega al quotidiano torinese: «C’è stato un movimento spontaneo dalla base. Sono stati molti parroci a chiedermi di “semplificare” i riti». Per due motivi: «I padrini non adempiono all’ufficio di accompagnatori dei “figliocci” e sono figure equivoche che è meglio rimuovere».

Un segnale importante, riporta il Secolo XIX (30 giugno) era giunto nelle scorse ore dall’arcivescovo di Lamezia Terme, altra zona della Calabria in ostaggio delle cosche. «Condividiamo anche noi con il Santo Padre il forte grido di scomunica contro il malaffare – aveva detto monsignor Luigi Cantafora – che è parola inequivocabile e di grande conforto per tutte le vittime della mafia, per cui siamo invitati a distinguere il bianco dal nero e ad evitare la zona grigia del compromesso e della sottomissione».

Contro la partecipazione dei boss ai sacramenti si era schierato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Ai microfoni di Radio 1 Rai all’interno di ‘Start, la notizia non può attendere’, (18 marzo) ricordando don Giuseppe Diana, il sacerdote ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994, Sepe aveva affermato: «Fino a quando non abbiamo il segno concreto di una conversione, come si fa a permettere a questi malavitosi di partecipare ai Sacramenti? A fare i padrini dei battesimi, alle cresime, ai matrimoni?’».

Un monito rilanciato da monsignor Nunzio Galantino all’indomani della visita del Papa a Cassano allo Jonio. «Basta sacramenti ai boss, i sacerdoti non possono più fingere di non sapere"», aveva affermato categorico il segretario della Cei (Avvenire, 23 giugno).

L’impegno della Chiesa contro la criminalità è costellato da gesti eclatanti di presuli che si sono schierati apertamente contro l’intromissione nei riti religiosi dei clan e dei loro capi. L’ultimo è quello avvenuto lo scorso anno a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove il nuovo arcivescovo monsignor Franco Alfano ha vietato che il venerato San Catello si "inchinasse" durante la processione sotto la finestra dove abita il boss Renato Raffone detto "Battifredo". Il Mattino (20 gennaio 2013), ricorda le "storiche" parole di Alfano: «Noi vogliamo camminare insieme senza escludere nessuno e senza cedere mai a nessuna forma di compromesso con il male. Il Vangelo ci dà la possibilità di vivere in pienezza la vita».

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