L’ex centrocampista del Milan e della Nazionale si racconta in una veste inedita
Con quasi 300 partite disputate con la maglia rossonera e 79 in Nazionale, Demetrio Albertini rimane il simbolo di un calcio giocato con eleganza, signorilità e rispetto per l’avversario. Capodelegazione ai Campionati del mondo in Brasile, in una intervista A Sua Immagine (21 giugno) il vicepresidente della Federazione italiana gioco calcio ha rivelato: “la fede è parte integrante della mia vita, mi piace essere riuscito a trasferire ai bambini questo dono che i miei genitori mi hanno insegnato con così tanto impegno. Per questo, nel mese di maggio, tutti assieme andiamo alle processioni mariane”.
In questo cammino spirituale, l’ex centrocampista che ha vinto cinque scudetti e una Champions League con il Milan ha raccontato di essere stato accompagnato da molti sacerdoti: “In certi periodi della carriera sportiva sono stato molto aiutato dai cappellani di Milanello. Tanti sono i ricordi legati all’oratorio, ai primi calci al pallone, il cuore che batteva all’impazzata perché, nonostante il campetto fosse chiuso, scavalcavo il cancello per andare a giocare”.
Sempre a proposito degli oratori come fucina per formare gli atleti del futuro: “Innanzitutto bisogna dire che la Chiesa ha capito da sempre l’importanza dello sport per far avvicinare i giovani alla parrocchia”. A sua avviso, tuttavia, “chi sbaglia di più sono i genitori, che mettono troppa pressione ai figli e si creano aspettative elevate non appena si intravede un briciolo di talento nello sport”, ed ecco quindi che “la tendenza è bypassare gli oratori e approdare al più presto alle scuole calcio. Cosa sbagliatissima, perché la vita d’oratorio consente di crescere dal punto di vista umano, con il senso del gruppo e con tanti piccoli particolari che rendono felice l’esperienza sportiva di un adolescente”.
“Il primo valore che ho imparato frequentando i campi di calcio – ha aggiunto Albertini – è da sempre il rispetto, non solo dell’avversario ma anche dei propri compagni, per il raggiungimento dell’obiettivo”. Parlando sempre di testimonianza in ambito sportivo, ha poi ricordato il suo impegno “contro le bestemmie in campo, imprecazioni che ho sempre giudicato come frutto di ignoranza e superficialità. All’epoca qualcuno mi ha accusato di aver condotto una sorta di crociata, ma non credo in fondo di aver esagerato. Da cristiano e da persona civile mi hanno sempre dato molto fastidio le persone che offendono Dio senza rispetto. La gioia più grande è stata vedere che molti di loro hanno smesso di farlo”.
L’ex campione del Milan ha poi rimarcato un altro aspetto della vita cristiana dei calciatori, talvolta messo in discussione: “Ho sempre tenuto a fare il segno della croce prima di entrare in campo, un gesto che non è mai stato fatto in maniera automatica ma sempre in modo sentito e spontaneo”.