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Cosa vuol dire servire Cristo nei poveri?

Opere di carità e assistenzialismo

@Luca Cerabona

Aleteia - pubblicato il 30/06/14

"Dobbiamo fare ciò che Gesù ha fatto: curare i poveri, consolarli, soccorrerli" ecco l'esempio di San Vincenzo de' Paoli

Le "Lettere e conferenze spirituali" di San Vincenzo de’ Paoli sono uno spunto per riflettere sul tema della povertà e dell’amore verso chi non ha nulla. Ma soprattutto ci aiutano a capire quello che Papa Francesco sta ripetenendo dall’inizio del suo pontificato: "Una Chiesa povera per i poveri". 

Dio stesso ha scelto di nascere in povertà, ha scelto di farsi carne nel freddo di una mangiatoia di Betlemme e ha passato la sua vita in compagnia degli "ultimi": ladroni, prostitute, ammalati, storpi, peccatori, perché «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati." (Mt, 9).
Ecco dunque alcui passi delle lettere del santo francesce che testimoniano il significato più profondo della povertà:

Egli ci rivela il cuore di Dio.
Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo considerarli alla luce della fede.

Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere rappresentato dai poveri.
Nella sua passione non aveva quasi più la figura di uomo: appariva un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; eppure egli si qualificava l’evangelizzatore dei poveri: "Mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio"
(Luca 4,18).

Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto: curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli.

Egli stesso volle nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene o male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua stessa personaDio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. In realtà quando si ama qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore loro, Dio amerà anche noi. Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro e di metterci nella disposizione interiore dell’Apostolo che diceva: "Mi sono fatto tutto a tutti". (Lettera ai Corinzi 9,22) Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e ce lo conservi.

Il servizio ai poveri deve essere preferito a tutto
Non ci devono essere ritardi. Se nell’ora della preghiera dobbiamo portare una medicina o un soccorso a un povero, andiamoci tranquilla-mente. Offriamo a Dio le nostre azioni, unendo l’intenzione della preghiera. Non dobbiamo preoccuparci e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri, abbiamo lasciato la preghiera. 

Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un’opera di Dio per farne un’altra uguale. Se lasciamo la preghiera per assistere un povero, sappiamo che, far questo, è servire Dio stesso. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa.

La carità è una grande signora: bisogna fare ciò che essa comanda.
Tutti quelli che ameranno i poveri in vita, non avranno alcun timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati.

Essi sono i nostri signori e padroni.
"Libero da tutti, mi son fatto servo di tutti, debole con i deboli… Ero occhio per il cieco, e piede per lo zoppo, padre ero per i poveri…".

In conclusione proponiamo un "video-esempio" dei nostri giorni che racconta alcuni semplici gesti di carità verso i più bisognosi. 

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