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Pro-life dietro le barricate al Sant’Orsola di Bologna

Federal Abortion Funding Harms Women Experts Tell Congress Elvert Barnes – it

Elvert Barnes

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 25/06/14

Da una parte i gruppi anti-abortisti della Comunità Papa Giovanni XXIII, dall'altra le attiviste di "Io decido"

Un coro mediatico e istituzionale dai toni intransigenti. E’ quello che si alza ogni qual volta la "parola-tabù" aborto viene pronunciata dai pro-life. L’ultimo caso di ostruzionismo è quello che si verifica da qualche tempo all’entrata della clinica ostetrica dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, dove si praticano le interruzioni di gravidanza.

Su Repubblica è stato diffuso il video di uno scontro singolare e clamoroso. Protagonisti, da una parte i gruppi di preghiera della Comunità Papa Giovanni XXIII di Don Oreste Benzi, impegnata dal 1999 in varie città italiane nella "preghiera settimanale per la vita nascente" davanti agli ospedali, e le attiviste di "Io decido", coordinamento ad hoc nato per contrastare l’opera di sensibilizzazione dei pro-life. Le attiviste hanno intonato il coro "Bella ciao" per coprire le Ave Maria e le preghiere degli anti-abortisti.

L’AdnKronos evidenzia anche che a supporto dell’azione di "Io decido", c’è la Cgil. Il sindacato si è apertamente schierato con il comitato, diffondendo una nota per dire «basta ai gruppi di preghiera, dotati a volte anche di megafono, e ai cartelli offensivi della dignità dei lavoratori della sanità che con impegno e professionalità permettono l’applicazione di una legge dello Stato».

L’episodio di Bologna ha minato ulteriormente un terreno già molto insidioso. Dove i sostenitori dell’aborto puntano con sempre maggiore veemenza l’indice contro chi protesta per l’interruzione della gravidanza. Su Wired.it Chiara Lalli sostiene che «vietare l’aborto sarebbe moralmente ripugnante e di fatto inverosimile».

La giornalista e filosofa riporta la spiegazione della preghiera dei pro-life a Bologna: «Con questa preghiera – dicono gli anti-abortisti – si vuole essere presenti sul luogo dove si esegue una condanna a morte di cui tutta la società è corresponsabile, per chiedere perdono pubblicamente e per supplicare il Padre perché cessi questa strage di innocenti, uccisi perché danno fastidio. Si vuole essere vicini alle mamme, anche loro vittime dell’aborto, in quanto lasciate sole, indotte da condizionamenti e pressioni esterne, illuse che l’aborto sia un atto liberatorio e non informate della ferita incancellabile che procura per offrire loro aiuto perché salvino il loro bambino e anche se stesse».

Alla luce di questa considerazione dei pro-life, Lalli azzarda un paragone piuttosto discutibile: «La logica è la stessa di quelli che aggrediscono i medici, che arrivano pure a ucciderli: in fondo è legittima difesa, o qualcosa che le somiglia molto. Cosa fareste avendo la possibilità di fermare un serial killer? Il peggiore dei serial killer, poi, uno che se la prende con gli individui più deboli e indifesi? La violenza appare giustificabile quando il fine è tanto superiore».

Che gli abortisti vedano come fumo negli occhi qualsiasi tipo di provvedimento pro-life, ne è la dimostrazione il caso internazionale che si è scatenato ad inizio 2014 tra i governi di Spagna e Francia. Da una parte l’esecutivo di Mariano Rajoy ad approvare una legge per limitare il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Dall’altro la risposta del ministro francese degli Affari Sociali e della Sanità Marisol Tourain che, non appena circolata la notizia, ha parlato di «ritorno all’età della pietra» in Spagna. Touraine, ricorda il Corriere della Sera, ha definito «regressione senza precedenti» il provvedimento spagnolo, incitando alla protesta di piazza («occorre mobilitarsi per fare in modo che questa legge non passi»).

Qualche mese prima, in Texas, era salita agli onori della cronaca, la protesta della senatrice democratica Wendy Davis, impegnata in una maratona oratoria di 13 ore per tentare di bloccare la votazione di una legge proposta dai repubblicani che avrebbe vietato ogni aborto dopo le venti settimane di gravidanza. «Indossando un paio di scarpe da ginnastica rosa Davis ha parlato ininterrottamente dalle 11:18 ore locali fino alle 22:03, quando è stata interrotta per violazioni procedurali, tra cui l’essere "andata fuori tema"». Un’operazione che è comunque riuscita a far slittare il voto (previsto entro la mezzanotte) e a trasformare la senatrice addirittura in un’eroina dei social network, con la sua battaglia anti-abortista tra i trend topic di Twitter.

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