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“La Corea è la terra dei martiri”

Praying Koreans

© JUNG YEON-JE / AFP

REPUBLIC OF KOREA, SEOUL : South Korean parents pray for the success of their children sitting the College Scholastic Ability Test, a standardised exam for college entrance, at a Buddhist temple in Seoul on November 18, 2010. Flights were delayed, rush hour rescheduled and military exercises halted as hundreds of thousands of young South Koreans sat a college entrance exam seen as crucial to their careers. AFP PHOTO/JUNG YEON-JE

Paolo Pegoraro - La Gregoriana - pubblicato il 20/06/14

La seconda parte dell'intervista al prof. Thomas Hong-Soon Han

Nel programma del viaggio di Papa Francesco nella Repubblica di Corea due momenti saranno dedicati alla memoria dei testimoni della fede. Sabato 16 agosto il Pontefice visiterà il Santuario dei martiri di Seo So mun, cui seguirà la Messa di beatificazione di Paolo Yun Ji-chung e di 123 compagni, uccisi in odio alla fede lungo il XVIII secolo. Il decreto è stato firmato proprio da Papa Francesco. Ne parliamo con il prof. Thomas Hong-Soon Han, Ambasciatore di Corea presso la Santa Sede dal 2010 allo scorso dicembre 2013.

Prof. Han, la persecuzione dei cristiani continua ancora oggi sotto il governo di Pyongyang.
La Chiesa in Corea è una chiesa giovane che ha poco più di duecento anni, la cui storia fu iniziata da laici coreani non da missionari. I primi cent’anni furono caratterizzati da severe persecuzioni durante le quali più di diecimila martiri hanno dato la propria vita. 103 di loro sono stati canonizzati da Giovanni Paolo II. Anche i 124 martiri che attendono di essere proclamati beati da papa Francesco sul posto del loro martirio sono del periodo iniziale del cristianesimo in Corea.
La Corea è la terra dei martiri. La crescita così notevole della Chiesa in Corea sudcoreana come sopramenzionata eloquentemente verifica la classica affermazione: “Sanguis martyrum semen christianorum”. Purtroppo, sotto il regime comunista del Nord tuttora persiste la persecuzione, non esiste affatto la libertà religiosa, ma sono sicuro che ciononostante i fedeli del Nord, di nascosto, stanno conservando viva la fede, perché Dio “non manca di suscitare laici di eroica fortezza in mezzo alle persecuzioni, li abbraccia con paterno affetto e con riconoscenza” (Apostolicam Actuositatem, 17). Mi auguro che essi possano quanto prima vivere una vita più umana, godendone pienamente della libertà religiosa. Si può dire che la crescita della Chiesa nel Sud deve anche alla persecuzione nel Nord. Nel Sud i fedeli si sentono più che mai responsabili di impegnarsi per l’autentica umanizzazione del Nord, soprattutto attraverso la preghiera e aiuti umanitari.

Il segretario di Stato Parolin ha invocato il dono della riconciliazione nella vostra Penisola per il bene di tutto il popolo coreano. Sullo sfondo, la drammatica questione delle riunificazioni familiari…
Abbiamo proprio bisogno di questo dono della riconciliazione, che ci porterà alla pace e all’unificazione. Siamo davvero riconoscenti al Segretario di Stato il card. Parolin per tale atto di invocazione. Tutto il popolo coreano ringrazia di cuore il Santo Padre per la sua costante sollecitudine pastorale e umana nei loro confronti. Infatti Papa Francesco, già nel suo primo messaggio subito dopo la sua elezione, aveva invitato tutti i popoli a pregare per la pace nella Penisola coreana, “perché si superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione” (Messaggio “Urbi et Orbi” – Pasqua 2013)
La questione delle riunioni familiari è drammatica. Sono iniziate nel 1985 in base a un accordo tra Sud e Nord e da allora in poi sono avvenute soltanto sporadicamente. Nel Sud ci sono circa 700 mila persone separate dai loro familiari nel Nord da più di 60 anni, la Guerra Coreana (1950-53) senza nemmeno avere la possibilità di comunicare con loro. Più o meno uguale è il caso dei nordcoreani. Circa 130 mila sudcoreani hanno fatto richiesta al Governo per poter vedere i loro familiari nel Nord: si tratta ormai di persone anziane, con un’età media di 80 anni; più di 50 mila persone sono già morte. Eppure, a causa di ragioni politiche non viene permesso loro neanche di comunicare tranne in rari casi in cui si giunge ad un accordo politico come avvenuto lo scorso febbraio. Il Sud, quindi, sta cercando di stabilire un accordo con il Nord per trovare quanto prima possibile una soluzione che può permettere a queste riunioni familiari di realizzarsi regolarmente.

Parlando dei problemi della società coreana, il neocardinale Andrew Yeom Soo-jung ha ricordato la divisione tra ricchi e poveri, nonché tra partito progressista e conservatore. Queste differenze si riflettono anche sulla Chiesa cattolica coreana?
I fedeli sono membri della Chiesa e cittadini della società, si può quindi dire che tale fenomeno potrebbe verificarsi anche nella Chiesa. Diverse ricerche sociali constatano che la maggioranza dei cattolici coreani appartiene ai ceti medi, con una proporzione ancora più alta di quella della società. Ciò costituisce una sfida per la Chiesa che dev’essere dei poveri e per i poveri, badando sempre a coltivare uno stile di vita che li abbracci e, al tempo stesso, impegnandosi a riformare le strutture della società per promuovere il bene comune, mantenendo l’unità nella diversità.

L’arcivescovo di Seoul ha ricordato anche la crisi della famiglia e il calo delle nascite, criticità che consideriamo tipiche delle società occidentali. Che volto ha la famiglia, in Asia?
Esiste davvero la “tipicità” occidentale? La cosidetta tipicità non sarebbe altro che un fenomeno tipico di una società tecnologicamente e materialmente progredita? Purtroppo, il progresso delle tecnologie di informazione e di comunicazione sta globalizzando la crisi della famiglia, come pure quella del matrimonio, e quindi, anche l’Asia ne risente e lo fa più fortemente nelle parti economicamente avanzate.

Il volto della famiglia asiatica è certamente diverso da quello che gli asiatici considerano “tradizionale” e persino “ideale”. Abbondano le famiglie inter-culturali e inter-religiose come conseguenza dei “matrimoni misti”. È in aumento il numero delle famiglie con un singolo genitore o con genitori separati/divorziati che si risposano. Ci sono anche tante famiglie in cui i genitori non sono sposati e non sono capaci di offrire stabilità ai loro figli, e altre nelle quali i coniugi non vogliono avere figli oppure ne ritardano l’arrivo. Sempre meno si vede la famiglia allargata asiatica, tradizionalmente molto unita. Le famiglie nucleari tendono ad avere meno comunicazioni con gli altri membri della famiglia allargata. Con l’avanzamento dei nuovi movimenti di liberazione e con il crescere del pensiero neoliberale e postmoderno, altre forme di famiglia, come quella omosessuale, stanno lentamente cominciando a emergere nei Paesi asiatici più secolarizzati e liberalizzati, seppur con grande disapprovazione.

Il ruolo sociale della donna è un altro dei grandi nodi che la Chiesa sta affrontando. La vita religiosa femminile è molto apprezzata e stimata, nel vostro Paese.
Quanto al ruolo sociale della donna, a mio modesto avviso, occorre anzitutto affrontare, oltre alla parità di genere, le circostanze che costringono le donne a svolgere l’attività economica e, quindi, l’equilibrio tra il ruolo sociale e il ruolo familiare. Occorre anche valutare gli effetti che l’attuale tendenza di valorizzare il ruolo sociale delle donne potrebbe avere sulla vocazione della vita religiosa femminile a lungo termine.

Attualmente in Corea le suore svolgono un ruolo assai importante nell’evangelizzazione, sia dentro che fuori della Chiesa. Sono attive in quasi tutte le parti della vigna del Signore, a cominciare dalla parrocchia, che è la parte principale delle loro attività. Vengono considerate a volte come collaboratrici a volte come sostitute del parroco a seconda delle necessità pastorali che si presentano. In quasi tutte le parrocchie le suore offrono, oltre all’esempio di vita di preghiera e di stile di vita semplice e umile, i diversi tipi di servizi con impegno e dedizione quasi come una sorta di “tuttofare” pastorale, per esempio, come insegnante di dottrina e fede, accompagnatrice spirituale, e assistente sociale. Si può ben dire, quindi, che La testimonianza che rendono così alle virtù evangeliche, senza dubbio, guadagna credibilità per la Chiesa, creando un’atmosfera favorevole per l’evangelizzazione. È anche vero, però, che tale ruolo delle suore così incentrato sulla pastorale parrocchiale le porta a porgere una questione fondamentale sull’identità e sulla carisma della propria vita consacrata.

Tra la minoranza cattolica e le chiese protestanti prevale un rapporto di concorrenza o di collaborazione?
Anzitutto, sarebbe opportuno menzionare la distribuzione della popolazione religiosa in Corea. Secondo le statistiche del Governo, nel 2005 i buddisti erano 10,72 milioni (il 23 % della popolazione), i protestanti 8,61 milioni (il 18 %), e i cattolici 5,14 milioni (l’11 %), mentre coloro che hanno dichiarato dichiarano di non professare nessuna religione erano 21,86 milioni (il 46 %). Questi dati indicano che L’insieme di cattolici e protestanti costituisce la maggioranza della popolazione religiosa, e poiché le chiese protestanti sono divise in tante diverse denominazioni, la Chiesa cattolica, come singola entità, è la maggiore.

La Chiesa cattolica non ha nessun complesso di inferiorità vis-à-vis con le chiese protestanti e altre religioni. Essa vede le chiese protestanti non come rivali, ma piuttosto come partner di collaborazione: mentre non tutti tra loro le contraccambiano la stessa veduta. Essa non vede mai le altre religioni in un’ottica di concorrenza. Anzi, la Chiesa cattolica prende l’iniziativa per condurre il dialogo e cooperare con tutte le religioni per promuovere il bene comune della società, come pure e una pacifica coesistenza delle religioni. Si può ben dire che la Corea è uno dei pochi paesi del mondo dove esiste tale rapporto di collaborazione tra le religioni. Secondo un sondaggio condotto dall’Istituto di ricerca sociale buddista, la Chiesa cattolica viene valutata la più affidabile tra le religioni in Corea. 

LEGGI QUI LA PRIMA PARTE DELL'INTERVISTA

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