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Azione cattolica italiana: “una grande famiglia con la casa aperta”

Foto Matteo Truffelli – it

© Azione cattolica italiana

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 20/06/14

Intervista al presidente nazionale neo-eletto Matteo Truffelli

Emiliano, 44 anni, insegna Storia delle dottrine politiche all'Università di Parma, città nella quale vive insieme alla moglie Francesca Bizzi: Matteo Truffelli è il nuovo presidente dell'Azione cattolica italiana per il triennio 2014-2017. Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana lo ha scelto all'interno della terna di nomi selezionata dal Consiglio nazionale Ac eletto nell'ambito della XV Assemblea nazionale dell'associazione, svoltasi a maggio scorso e conclusa dall'incontro con Papa Francesco. Proprio le tre consegne lasciate all'Associazione da Bergoglio – “rimanere con Gesù”, “andare per le strade”, “gioire ed esultare sempre nel Signore” – sono state il nucleo del primo messaggio rivolto agli oltre 300 mila soci di Azione cattolica dal neo-presidente. Aleteia lo ha incontrato a un mese dalla sua elezione.

Tu hai 44 anni, l'Azione cattolica quasi 150: che effetto fa essere scelto per guidare un'associazione che ha un così lungo cammino dietro di sé?

Truffelli: Sapere di far parte di una lunga storia che ci precede responsabilizza, rende orgogliosi. La storia è un trampolino per guardare avanti. È vero, l'Ac anagraficamente ha molti anni, e questo vuol dire che, giorno dopo giorno, il seme gettato da chi ci ha preceduto è stato molto buono. Oggi però questa storia non è roba da museo, è un patrimonio vivo e vitale che si trasmette attraverso le mani e i cuori di migliaia di persone, moltissime delle quali sono giovani che stanno riscrivendo con creatività e energie nuove il modo di essere Azione cattolica nel nostro Paese. Penso che la sfida che attende non solo me, ma la mia generazione sia quella di creare una tessitura intelligente tra l'identità più profonda dell'associazione e le tante strade originali e vivaci che l'Ac è chiamata a trovare e percorrere per continuare ad animare la vita delle diocesi e delle parrocchie.

Cos'è oggi l'Ac? Quale realtà rappresenta?

Truffelli: L'Ac è, e resta, l'associazione che Vittorio Bachelet definiva, molto semplicemente, "una realtà di uomini e donne che si vogliono bene". Una grande famiglia che vive in una casa aperta, senza porte e finestre, che offre a tutti, dai bambini agli anziani, passando per i ragazzi, i giovani e gli adulti, un cammino di amicizia, fede, impegno, in cui concorrere responsabilmente alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Un cammino in cui imparare ad appassionarsi a Dio, alla Chiesa e agli uomini. Credo che l'Ac rappresenti oggi la possibilità di vivere una fede quotidiana, incarnata, semplice ma incredibilmente provocante per chi ci sta intorno.

Quale può essere il suo contributo al momento attuale del Paese?

Truffelli: Penso che abbiamo da offrire, innanzitutto, la gratuità del nostro impegno a servizio delle persone. In Ac ogni responsabilità, ogni attività educativa, ogni iniziativa di carità è ispirata dall'assoluta gratuità. E c'è tanto bisogno di gratuità in un tempo ampiamente solcato da quella che Papa Francesco ha chiamato la “tristezza individualista”, degnamente rappresentata dai continui scandali-corruzione cui assistiamo… C'è anche un altro talento che l'Ac può spendere: quella capacità di equilibrio – non equilibrismo – che guarda al bene comune, quella capacità di coniugare le idee con prassi, la volontà con la realtà. Infine, penso che l'associazione sia portatrice nel Paese di un sano desiderio di cambiamento etico e morale, e so che tanti sono disposti a mettersi in gioco personalmente. Anche nelle ultime elezioni amministrative, come d’altra parte avviene da molto tempo, tanti soci di Ac si sono sporcati le mani e ora si avviano alla loro prima esperienza nelle istituzioni.

Nel messaggio di inizio mandato hai sottolineato il concetto di corresponsabilità in associazione: quale spazio ha oggi nella Chiesa la corresponsabilità dei laici?

Truffelli: Dal Concilio ad oggi sono stati fatti grandi passi avanti. Questo non significa che ci si possa accontentare del cammino compiuto. Dobbiamo crescere ancora nella capacità di riconoscere che la Chiesa ha tante e tali sfide da affrontare che richiedono il contributo di tutti, il contributo di diverse sensibilità e attitudini, di diverse ministerialità. E che la cifra fondamentale per avanzare lungo questa direzione è quella della comunione, del fraterno volersi bene, del “gareggiare nello stimarci a vicenda”. Le ridondanti disquisizioni sulle diverse idee di Chiesa, o le infondate contrapposizioni tra sacerdoti e laici ci rubano solo tempo prezioso. Quel tempo che invece è una risorsa sempre più rara e preziosa, da impiegare prioritariamente per raccogliere, insieme, il grido delle persone che ci sono intorno. Credo che l’Ac rappresenti, da questo punto di vista, una realtà molto significativa, nella quale l’esercizio della corresponsabilità non solo tra laici e sacerdoti, ma anche e forse soprattutto tra giovani e adulti, tra uomini e donne, tra associazioni di diverse parrocchie o di diverse diocesi rappresenta un’esperienza quotidiana.

Ad ottobre ci sarà l'appuntamento molto importante del Sinodo sulla famiglia, nella sua ricchezza e anche fragilità: qual è il contributo dell'Ac su questo tema?

Truffelli: Mi piacerebbe molto che fosse sottolineata la nuova dinamica evangelizzatrice che parte dai piccoli e arriva ai grandi, rispetto all'idea classica della "trasmissione della fede". Anche per noi in Ac è un tema cruciale la promozione della famiglia fondata sul matrimonio, per il quale l'approccio fondamentale è quello educativo. Così come abbiamo molto a cuore la cura delle persone ferite da esperienze matrimoniali finite: sono temi ormai all'ordine del giorno, di cui tutta la comunità cristiana deve farsi carico.

L'Azione cattolica vive anche una dimensione internazionale: questo elemento amplifica la "scelta missionaria" che Papa Francesco ha affidato all'associazione nell'incontro del maggio scorso?

Truffelli: All’interno del Fiac (Forum internazionale di Azione Cattolica), l'Azione Cattolica Italiana svolge, giustamente, un ruolo un po’ particolare, perché rappresenta in un certo senso un punto di riferimento. Questo ci rende orgogliosi, e ci spinge a guardare con ancora più attenzione alla dimensione ormai consolidata della collaborazione tra le varie Ac del mondo. È un impegno davvero bello, che fa crescere le persone, perché anche la piccola associazione di montagna, attraverso il gemellaggio con un'associazione dell'Albania, della Romania, dell'Argentina, del Congo, ecco anche quella piccola associazione porta dentro di sé il respiro della Chiesa di Gesù che parla a tutto il mondo con il linguaggio dell'amore. Essere parte attiva del Fiac ci aiuta a guardare al mondo con lo sguardo della Chiesa universale, facendo nostre le sue gioie e le sue preoccupazioni nella preghiera, nel pensiero e nella concreta azione di sostegno. Ma noi ci teniamo anche a dire che l'attenzione alla dimensione internazionale è tutt'uno con l'attenzione all'uomo e all'umano: essere amici con la Ac del mondo è la naturale prosecuzione di quelle relazioni belle e significative che viviamo con le persone del nostro quartiere e della nostra città.

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