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La Bellezza rivelata: Pentecoste, la Chiesa in uscita

La Bellezza rivelata: Pentecoste 2

© Public Domain

La bellezza rivelata

Giulia Spoltore - Aleteia - pubblicato il 08/06/14

Al centro della riflessione le opere di Giotto, Beato Angelico e Alessandro Bonvicino

In questa puntata ci troviamo insieme per affrontare il tema della Pentecoste: ad accompagnarci saranno due pittori molto noti, Giotto e Beato Angelico ed uno bresciano, meno noto ai follower non specialisti, Alessandro Bonvicino detto il Moretto.

La puntuale lettura del professor Rodolfo Papa ci riporta immediatamente alle Scritture e a momenti diversi dell’evento della Pentecoste. Il primo evento è descritto nella tavoletta della National Gallery di Londra di mano di Giotto e da quella facente parte del complesso dell’armadio degli argenti di Beato Angelico. Ad essere descritto è precisamente il momento in cui i discepoli si trovano nel cenacolo “mentre erano chiuse le porte […] per timore dei Giudei”.

La differenza tra i due dipinti consiste, come è stato osservato, nella presenza della Vergine e degli astanti al piano di sotto in ascolto i quali compaiono nell’opera di Beato Angelico. La colomba dello Spirito Santo è scomparsa in quest’ultimo dipinto: ci troviamo nel Cenacolo dove i protagonisti ricevono lo Spirito, ma sono già tesi verso la missione da compiere che è l’annuncio della buona notizia. Gli astanti al piano inferiore hanno sentito il rombo della discesa dello Spirito e la storia dell’Occidente è cambiata per sempre. Tuttavia la porta è ancora chiusa, gli apostoli sono ancora serrati nel Cenacolo.

Nella Pentecoste del Moretto, ricchissima di contenuti, il professor Papa ci conduce sottolineando la valenza sempre più evidentemente mariologica e quella cristologica. La porta alle spalle della Vergine stavolta è aperta ricordandoci certamente come Maria sia la via preferenziale per raggiungere Cristo, ma anche per rammentarci il mandato missionario della Chiesa: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. Quando Moretto dipinge quest’opera, tra il 1543-1544, per la chiesa di San Giuseppe a Brescia, ci troviamo alle soglie del Concilio di Trento, in un momento politico difficile per la Chiesa: nel 1517 Lutero aveva appeso le sue tesi ed era ancora vivente, nel 1539; Matthias Vlacich, futuro centuriatore di Magdeburgo, vagava nel centro Europa propagandando l’anticlericalismo; la dieta di Augusta era ancora in atto e dunque le sorti del cristianesimo e dell’Europa erano incerte. Di fronte a ciò, la risposta nel dipinto del Moretto è una sola, corale: la Chiesa è per mandato divino chiamata ad amministrare il perdono dei peccati. A breve si sarebbe chiusa la disputa con i luterani e le altre eresie, impossibili da riassorbire all’interno del corpo della Chiesa in quanto scollati dalle Scritture, quelle stesse che la Vergine tiene in grembo.

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