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Zingari, la soluzione è il Vangelo

Roms, Gypsis, Sintis – it

Luciano / Flickr CC

Massimo Introvigne - La nuova Bussola quotidiana - pubblicato il 06/06/14

Il Papa esorta tutti, istituzioni, parrocchie e gli stessi Rom a costruire un percorso di integrazione

Il 5 giugno 2014 Papa Francesco ha incontrato i partecipanti all’Incontro mondiale dei promotori episcopali e dei direttori nazionali della pastorale degli zingari promosso dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti.

Confesso di seguire questi interventi del Magistero della Chiesa – talora percepiti con fastidio da chi vede gli zingari solo come un problema (reale) di ordine pubblico – con grande interesse, per una ragione personale. Nel 2011 sono stato Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta al razzismo e alla discriminazione religiosa, e ho avuto nel mio mandato la problematica relativa all’integrazione dei sinti e rom nei cinquantasei (oggi cinquantasette) Paesi che partecipano a questa organizzazione internazionale. Nel 2011 ho dunque visitato campi e comunità rom in diversi Paesi e ho promosso varie iniziative perché l’integrazione abitativa e scolastica degli «zingari» – espressione che richiederebbe precisazioni, ma che resta la più usata nel linguaggio comune – superi la nozione di «nomadi» – dal momento che molti rom hanno abbandonato il nomadismo e vivono da decenni nella stessa località –, e perché gli Stati non ostacolino l’attività, particolarmente efficace, delle organizzazioni religiose in questi ambienti.

Nel mondo – le statistiche sono controverse – rom e sinti sono da dodici a quindici milioni, in Italia circa 150.000: in grande maggioranza – pochi lo sanno – cittadini italiani presenti nel nostro Paese da molte generazioni, anche se la minoranza immigrata di recente dall’Europa dell’Est è la più visibile e controversa. È comprensibile che il coinvolgimento di un certo numero di «zingari» in attività criminali generi preoccupazioni di ordine pubblico. Ma ogni generalizzazione è indebita – non tutti i rom e sinti sono criminali – e non dobbiamo mai dimenticare che ogni bambino rom che viene al mondo ha diritto a ricevere un’educazione civile e religiosa adeguata, e che il mandato di evangelizzare tutte le genti riguarda per il cristiano anche queste popolazioni. Mi sono pure convinto – sul campo – che non esistono soluzioni immediate a un problema che invano si cerca di risolvere da diversi secoli, ma che la sola forza davvero capace di integrare gli «zingari» e di sottrarli alle sirene della criminalità è la religione. Ci sono dati statistici che confermano come, dove molti «zingari» hanno un’esperienza di conversione religiosa, lì anche diminuisce il numero di rom coinvolti in attività criminali e aumenta il tasso di scolarizzazione, premessa indispensabile a qualunque integrazione.

Il fastidio per le generalizzazioni si ritrova anche nelle parole di Papa Francesco, il quale rileva che «gli zingari si trovano ai margini della società, e a volte sono visti con ostilità e sospetto – io ricordo tante volte, qui a Roma, quando salivano sul bus alcuni zingari, l’autista diceva: “Attenti ai portafogli”! Questo è disprezzo. Forse sarà vero, ma è disprezzo… ». Il «forse sarà vero» testimonia da parte del Papa un sano realismo, e Francesco fa pure cenno al fatto che le cause dell’emarginazione non derivano solo «dalla società» ma qualche volta anche dagli stessi rom: «certo anche il popolo zingaro è chiamato a contribuire al bene comune, e questo è possibile con adeguati itinerari di corresponsabilità, nell’osservanza dei doveri e nella promozione dei diritti di ciascuno». Anche gli «zingari» non possono limitarsi a lamentarsi e devono fare la propria parte.

Tuttavia non si può limitarsi alla retorica e all’inventario delle colpe. Occorre prendere atto, afferma il Papa, di problemi strutturali: «la mancanza di strutture educative per la formazione culturale e professionale, il difficile accesso all’assistenza sanitaria, la discriminazione nel mercato del lavoro e la carenza di alloggi dignitosi». La criminalità ne profitta per trasformare molti «zingari», anche bambini, in «vittime delle nuove forme di schiavitù. Sono infatti le persone meno tutelate che cadono nella trappola dello sfruttamento, dell’accattonaggio forzato e di diverse forme di abuso. Gli zingari sono tra i più vulnerabili».

Durante il mio mandato all’OSCE ho potuto verificare come qualcosa si muova, e come l’Italia – tanto criticata – abbia talora fatto più dei Paesi vicini. Il Pontefice esorta a continuare con «l’impegno delle istituzioni locali e nazionali e il supporto della comunità internazionale, per individuare progetti e interventi volti al miglioramento della qualità della vita. Di fronte alle difficoltà e ai disagi dei fratelli, tutti devono sentirsi interpellati a porre al centro delle loro attenzioni la dignità di ogni persona umana».

Papa Francesco ha però – come già Benedetto XVI, cui il tema (lo posso testimoniare personalmente) stava molto a cuore – insistito su un aspetto tutt’altro che secondario, che non rientra nel mandato delle organizzazioni internazionali ma che è al cuore della missione della Chiesa. Il Papa ribadisce precisamente che il più potente strumento d’integrazione è la religione. Parlando con rom, come mi è capitato spesso di fare all’epoca del mio mandato OSCE, ho scoperto che molti di loro hanno l’impressione – in parte ingiusta ma diffusa – che i cattolici impegnati nelle loro comunità si occupino essenzialmente di promozione umana, mentre chi parla di Gesù Cristo e propone il Vangelo ai non cristiani viene più spesso dalle comunità protestanti pentecostali – molto presenti fra i rom, soprattutto in Francia – o da nuovi movimenti religiosi. Paradossalmente, molti rom nati cattolici continuano a rivolgersi a organizzazioni ecclesiali per la tutela dei loro diritti ma frequentano poi il culto pentecostale per quanto riguarda la religione.

Papa Francesco ha chiesto di intensificare «la sollecitudine della Chiesa» e ha ricordato ai cattolici che si occupano di rom che il loro «specifico contributo» è il Vangelo. «Il Vangelo, infatti, è annuncio di gioia per tutti e in modo speciale per i più deboli e gli emarginati». Lo studio dei problemi sociali degli «zingari» – difficilissimi da risolvere – e l’azione di promozione umana sono certo importanti, ma per il cristiano è obbligatorio portare ai rom anche la buona novella del Vangelo. «Gli zingari possano trovare in voi dei fratelli e delle sorelle che li amano – ha concluso il Papa – con lo stesso amore con cui Cristo ha amato i più emarginati. Siate per essi il volto accogliente e gioioso della Chiesa».

Qui l’originale

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