Argomentazioni che sfatano un falso mito molto diffuso
Una delle critiche più frequenti e diffuse al giorno d’oggi contro la religione è che il monoteismo è causa di violenze e di guerre. Secondo una certa critica occidentale, l’ebraismo, l’islam e – si dice – soprattutto il cristianesimo sono causa di divisione tra gli uomini. Il recente viaggio del papa in Terra Santa ha dimostrato la falsità di queste argomentazioni, e la Commissione Teologica Internazionale ha appena preso il toro per le corna con la pubblicazione di un documento che sfata il mito del legame tra monoteismo e violenza.
Anche se oggi in Occidente si diffonde “la teoria, diversamente argomentata, secondo la quale esiste un rapporto necessario fra il monoteismo e le guerre di religione”, in realtà la fede cristiana “riconosce nell’eccitazione alla violenza in nome di Dio la massima corruzione della religione”. Così inizia il documento “Dio Trinità, unità degli uomini. Il monoteismo cristiano contro la violenza”, diffuso dalla Commissione Teologia Internazionale.
Durante gli ultimi cinque anni, la Commissione ha compiuto uno studio approfondito su alcuni aspetti del discorso cristiano su Dio, confrontandosi con la tesi secondo la quale ci sarebbe una relazione necessaria tra monoteismo e violenza. Il punto di partenza dei suoi studi è “la convinzione, che abbiamo motivo di ritenere condivisa da moltissimi nostri contemporanei, credenti e non credenti, che le guerre interreligiose, come anche la guerra alla religione, siano semplicemente insensate”.
Il monoteismo è ragionevole…
Il testo argomenta che l’esperienza della relazione con Dio è un aspetto ragionevole, presente in tutte le culture della Terra nel corso della storia, e che in questo senso, visto che Dio è il “principio e fine” e che “nulla è come Dio”, il monoteismo “è stato per lungo tempo anche riconosciuto, dal punto di vista della storia della civiltà, come la forma culturalmente più evoluta della religione: ossia, il modo di pensare il divino più coerente con i principi della ragione”.
…malgrado gli abusi
La Commissione riconosce ad ogni modo gli abusi storici commessi in nome di Dio, perché “nel corso della storia, e della stessa modernità occidentale, quella configurazione della religione che le filosofie e le scienze della cultura avevano poi convenuto di chiamare ‘monoteismo ebraico-cristiano’ è stata utilizzata ideologicamente” per giustificare forme di governo come la monarchia assolutista, così come azioni geostrategiche ed economiche, perché la violenza religiosa non manca di “connessioni con politiche di prevaricazione etnica e di strategia terroristica”.
Il relativismo, minaccia per la pace sociale
Questa prassi negativa al momento di vivere la fede ha fatto sì che molti abbiano paura di Dio. Per questo, anche se il monoteismo è filosoficamente la forma più ragionevole di intendere Dio, la cultura occidentale contemporanea “tende ora a privilegiare la pluralità del bene e del giusto, generando una significativa tensione tra il riconoscimento del pluralismo e la teorizzazione di un principio relativistico”. Il problema non è di poco conto, perché “la coscienza e il rispetto delle differenze rappresenta un vantaggio per l’apprezzamento delle singolarità e per l’apertura ad uno stile ospitale della convivenza umana”, mentre “la rassegnazione al relativismo radicale come orizzonte ultimo e insuperabile della ricerca del vero, del giusto, del bene, non costituisce affatto una migliore assicurazione per la pacificazione e la cooperazione dell’umana convivenza”.
“Quando la ricerca della vera giustizia, e l’impegno per il bene comune cadono sotto il sospetto del conformismo e della costrizione, l’autentica passione per l’uguaglianza, la libertà, e i buoni legami, finisce per essere radicalmente scoraggiata. Non solo. Una tale perdita di fiducia e di motivazioni, indotta da un sentire relativistico totale, abbandona i rapporti umani ad una gestione anonima e burocratica della convivenza civile”.