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Cos’hanno in comune papa Francesco e Steve Jobs?

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Aleteia - pubblicato il 30/05/14
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Le chiavi per essere un buon CEO: ascolto, trasparenza, audacia, gestione delle crisi e… senso dell’umorismodi César Nebot

Nelle scuole di business di tutto il mondo si studiano le chiavi che diversi direttori esecutivi (noti come CEO) hanno utilizzato per raggiungere il successo imprenditoriale. Ci sono innumerevoli casi di dirigenti che hanno risollevato con successo compagnie che andavano dirette verso il baratro. Casi notevoli sono Steve Jobs alla Apple, Lou Gerstner alla IBM o Sergio Marchionne alla Fiat. Oggi vorrei sottolineare l’esempio di Anne Mulcahy alla Xerox.

Alla fine del secolo scorso, la Xerox Corporation sembrava essere al top e aveva prodotti più avanzati di quelli della concorrenza. Malgrado ciò, in appena due anni è stata sul punto di scomparire. Le vendite e i guadagni sono crollati mentre i rivali ottenevano macchinari di alto livello come quelli della Xerox a prezzi più competitivi. Le perdite della Xerox nel primo anno del XXI secolo sono state di 384 milioni di dollari. Il debito è aumentato a 18.000 milioni di dollari. Le azioni sono crollate da 64 dollari a meno di 4 di fronte all’imminente bancarotta. In un periodo di 18 mesi, gli azionisti della Xerox hanno perso 38.000 milioni di dollari. 22.000 dipendenti della Xerox hanno perso il lavoro.

Anne Mulcahy è riuscita a invertire la situazione. In un famoso discorso del 2004 alla Stanford Graduate School of Business, ha sottolineato quali sono state le chiavi del successo.
 

  • Ascoltare tutte le parti dell’impresa per poter comprendere i sintomi che indicano che l’impresa è in una situazione difficile. Non ci si può limitare a ricevere rapporti di autorità medie o alte.
  • La trasparenza e la franchezza nella comunicazione sono fondamentali perché non solo fanno prendere coscienza della realtà dell’impresa, ma a loro volta comprendono i membri dell’impresa.
  • Affrontare la crisi come un’opportunità che motiva al cambiamento, al miglioramento.
  • Essere capaci di tornare al punto di partenza e riflettere profondamente su tutti gli aspetti fin dalla fondazione dell’impresa. Questo rende più facile sapere perché e come si è giunti a una certa situazione. La soluzione in genere si nasconde nelle cose semplici.
  • Essere capaci di seguire l’istinto al di là di quello che ci dice la ragione.
  • Essere consapevoli dell’importanza della cultura organizzativa imprenditoriale. Bisogna tener conto dei valori e delle pratiche comuni degli impiegati della compagnia.
  • Orientarsi verso i clienti. La relazione con i clienti deve essere un pilastro fondamentale, senza di loro non c’è successo dell’impresa.
  • Mantenere e credere nella vision dell’impresa. Disporre chiaramente una vision di come dev’essere l’impresa in futuro per motivare e crescere in modo positivo.
  • Compiere un’autocritica costruttiva e autentica. Circondarsi di persone che lusingano non è una buona strategia. È molto importante che i lavoratori siano onesti e sinceri quando il manager li interpella sul lavoro. Sono questi i lavoratori che ogni manager vorrebbe avere, perché grazie a loro il problema può essere risolto il prima possibile senza ripercussioni sull’impresa.
  • Disporre di uno spiccato senso dell’umorismo. Il buonumore distende e genera un ambiente positivo. Ciò permette l’identificazione con l’impresa e che i lavoratori si sentano a proprio agio con il lavoro nel corso della loro giornata lavorativa.

Se si studiano in modo approfondito questa esperienza e ciascuna delle chiavi menzionate, si identificheranno sorprendentemente con questo primo anno di pontificato di papa Francesco.

Permettetemi un parallelismo. Quando Jorge Bergoglio è stato eletto come “CEO” della multinazionale più longeva della storia, la Chiesa cattolica non passava uno dei suoi momenti migliori. Attraversava una crisi profonda e radicata. Il prodotto che offriva aveva perso molto terreno a favore dei rivali. Certi scandali e una cattiva politica di comunicazione corporativa allontanavano i clienti e la forza delle vendite era sempre inferiore. Le finanze, inoltre, erano un caos non esente da opacità e sospetti di corruzione. La divisione era insediata nello stesso consiglio d’amministrazione. Il CEO precedente aveva finito poi per rinunciare all’incarico, cosa che non accadeva da circa 600 anni, e a quanto pare su suggerimento del presidente e fondatore dell’impresa.

In un solo anno, il nuovo CEO ha promosso un cambiamento della politica di comunicazione corporativa, sta risolvendo gli scandali, ha migliorato la gestione e la vicinanza al cliente, ha dato nuove forze alle vendite e trasparenza alle finanze e sta facilitando l’unità dell’impresa. In appena dodici mesi, sembra che il panorama della multinazionale Chiesa cattolica sia cambiato radicalmente. Sotto la guida del nuovo CEO, papa Francesco, l’impresa dà segni di vitalità. Se ripercorriamo le chiavi del successo, scopriremo le sue frasi più famose.
 

  • Ascoltare tutte le parti dell’impresa per poter comprendere

27 novembre 2013, nella Evangelii Gaudium: “Il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire (…) Il rischio maggiore per un predicatore è abituarsi al proprio linguaggio e pensare che tutti gli altri lo usino e lo comprendano spontaneamente (…) Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere tutti insieme le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire”.
 

  • La trasparenza e la franchezza nella comunicazione

Nell’ottobre 2013, il Vaticano ha approvato la legge sulla trasparenza. Nel maggio 2014 il papa ha chiesto “coraggio e determinazione” al nuovo Consiglio per l’Economia del Vaticano di recente creazione, esortandolo così: “È una sfida notevole, che richiede fedeltà e prudenza. Il percorso non sarà semplice e richiede coraggio e determinazione. Il Consiglio per l’Economia svolge un ruolo significativo in questo processo di riforma”. “Non dobbiamo uscire da questa strada. Tutto, trasparenza, efficienza, tutto per questo scopo. Tutto è per questo”.
 

  • Affrontare la crisi come un’opportunità che motiva

Il 1° gennaio 2014, in occasione della Giornata Mondiale della Pace, papa Francesco ha segnalato che “il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita. (…) La crisi odierna, pur con il suo grave retaggio per la vita delle persone, può essere anche un’occasione propizia per recuperare le virtù della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza”.
 

  • Essere capaci di tornare al punto di partenza

Papa Francesco allude costantemente alla povertà del Vangelo come punto di partenza per la riforma della Chiesa cattolica.
 

  • Essere capaci di seguire l’istinto

Nel maggio 2014, il pontefice ha chiesto: “Chi siamo noi per chiudere le porte allo Spirito Santo?”. Sono molti i riferimenti allo Spirito Santo come promotore del fatto che la Chiesa esca dalla sua chiusura in se stessa.
 

  • Essere consapevoli dell’importanza della cultura organizzativa imprenditoriale

Papa Francesco ha fatto costantemente riferimento all’atteggiamento dei cattolici per riformare la Chiesa. Nel luglio 2013 ha chiesto che i giovani si impegnino a far uscire la Chiesa cattolica in strada: “Voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi. (…) Che mi perdonino i vescovi ed i sacerdoti, se alcuni dopo vi creeranno confusione. È il consiglio”.
 

  • Orientarsi verso i clienti

Il 27 marzo 2013, nella sua prima udienza pubblica, ha detto che la Settimana Santa significa “uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto”.

  • Mantenere e credere nella vision dell’impresa

Il 16 marzo 2013, nel suo primo incontro con i giornalisti, ha esclamato: “Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!
 

  • Compiere un’autocritica costruttiva e autentica

Nel gennaio 2014, papa Francesco ha chiesto meno “monsignori” e più pastori con l’odore delle pecore.
 

  • Disporre di uno spiccato senso dell’umorismo

Nel marzo 2014, dopo degli esercizi spirituali ha spiegato che “tutti siamo peccatori, ma tutti abbiamo la voglia di seguire Gesù più da vicino, senza perdere la speranza nella promessa, e anche senza perdere il senso dell’umorismo”.

Sono innumerevoli gli aneddoti curiosi che popolano di buonumore i suoi interventi. Nel maggio 2013 ha detto: “Alcune volte questi cristiani malinconici hanno più faccia da peperoncini all’aceto che proprio di gioiosi che hanno una vita bella”.

Senza dubbio, nell’arco di qualche anno l’impressionante caso di successo di papa Francesco verrà insegnato in tutte le scuole di business del mondo.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]