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Chi sono e cosa vogliono le teologhe cristiane in Italia?

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Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 30/05/14
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Uno studio fotografa una realtà a molti sconosciutaQual è il volto delle teologhe cristiane in Italia e cosa sognano per le Chiese del terzo millennio? Ha provato a rispondere a queste domande la sociologa dei fenomeni culturali e religiosi Carmelina Chiara Canta, che ha disegnato “un identikit particolareggiato, anche se ancora non esaustivo” di questa “realtà misconosciuta, quasi nascosta agli occhi dei credenti – e non solo” (Avvenire, 27 maggio).

Lo studio è contenuto nel libro “Le pietre scartate” (Franco Angeli), che riprende un’espressione evangelica in modo non rivendicativo, ma per illuminare, come ha spiegato l'autrice, la vita di “donne non sempre valorizzate nei ruoli prestigiosi e nei palazzi del potere”, dove anche le religioni preferiscono gestire tutto “in termini esclusivi e maschili”.

“Sentivo e sento la necessità di comprendere una problematica trascurata dalla sociologia e dalla sociologia della religione in particolare, un mondo anch’esso maschile come quello delle Chiese, poco sensibile alle questioni maschile-femminile e ancor più al binomio genere-religione”, ha aggiunto la Canta.

Il testo si basa su un questionario inviato on-line dal maggio 2012 al maggio dello scorso anno a 335 teologhe cristiane (295 cattoliche, 36 tra battiste, metodiste e valdesi, 2 anglicane e altrettante ortodosse), al quale hanno risposto in 181, laiche e religiose, “un numero consistente che ci autorizza a parlare di un campione probabilistico o significativo”.

La metà delle interpellate ha fra i 46 e i 65 anni, ma avanzano le giovani tra i 23 e i 45 anni (35%). Il 56% è nubile (single o consacrata), il 34% è sposata con rito cattolico.

Una prima questione aperta è la difficoltà di mantenersi con il lavoro teologico, perché le cattedre provvisorie non consentono di arrivare a fine mese, anche se, osserva la Canta, “il curriculum scientifico è di buon livello e molte hanno i requisiti per accedere all’insegnamento accademico”.

La loro presenza come docenti nelle università pontificie è stata ed è poi “marginale e minoritaria rispetto agli uomini (presbiteri)”, ma sono comunque “presenti e attive in associazioni teologiche e, talvolta, con ruoli di responsabilità”.

Cosa sognano queste donne, che spesso si sentono “invisibili” nei momenti decisivi della vita ecclesiale? Il sogno più condiviso (da 17 intervistate) riguarda il futuro ecclesiale: “Si 'immagina' una Chiesa che, al suo interno, viva il Vangelo e realizzi la collegialità e, all’esterno, che abbia una diversa collocazione nella storia e un rapporto più sereno con la modernità e col mondo, come auspicato dal Concilio”.

Un altro sogno espresso con molta forza riguarda “la valorizzazione e il riconoscimento del ruolo e della competenza della donna, variamente coniugato, sul piano del riconoscimento culturale, non solo per la specificità del femminile nelle relazioni ma nella valorizzazione di essa”.

L'obiettivo, quindi, è quello di “essere davvero l’altra metà del cielo; basta documenti sul genio delle donne ma riconoscimento di fatto e che i dicasteri vaticani e diocesani siano gestiti da laiche e laici”. “Come afferma il cardinale Kasper, 'la Chiesa senza le donne è un corpo mutilato'. È insensato continuare a parlarne senza ascoltarle”.

 

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