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Pietre scartate o pietre d’angolo?

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 28/05/14
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La prima ricerca sulle teologhe in Italia descrive una realtà viva e attiva nella Chiesa in cerca del giusto riconoscimentoSi intitola “Le pietre scartate” (Franco Angeli) la ricerca di Carmelina Chiara Canta sulle teologhe in Italia. Pietre scartate perché non sempre riconosciute e valorizzate per la loro competenza, così come accade in generale per le donne nella Chiesa, sempre abbastanza lontane dai luoghi di decisione come ha sottolineato anche Papa Francesco. Quante sono le teologhe? Cosa pensano sulle questioni che oggi vive la Chiesa nel suo rapporto con la modernità? E sulle relazioni tra i generi nella Chiesa? Come si pongono rispetto al sacerdozio femminile? Qual è il nesso tra le teologhe e il femminismo? Queste sono alcune delle domande alle quali ha risposto la ricerca disegnando l’identikit di donne ben intenzionate  a diventare, secondo l’immagine evangelica, “pietra angolare” della Chiesa, senza le quali l’edificio è destinato a crollare, come spiega ad Aleteia Carmelina Chiara Canta, sociologa dei processi culturali.

Quando comincia una teologia fatta dalle donne?

Canta: Dall’inizio, dal Vangelo. Le donne – Maria Maddalena per esempio – seguivano Gesù al pari degli apostoli e ascoltavano le sue parole. Le donne sono state le prime a credere al mistero della Resurrezione, gli uomini dapprima non ci hanno creduto. Sono teologhe nel senso che hanno capito l’essenziale della fede. In seguito abbiamo avuto donne come Santa Caterina da Siena che è stata proclamata dottore della Chiesa, così come è avvenuto per altre, anche in tempi recenti. In Italia le donne cominciano a studiare teologia nella seconda metà degli anni ’60, perché viene permesso loro di iscriversi alla facoltà teologiche solo dopo il Concilio Vaticano II. All’estero, per esempio in Germania o negli Stati Uniti, questo è cominciato prima: le donne che hanno partecipato dall’esterno al dibattito preconciliare, avevano frequentato le facoltà teologiche delle università statali.

Qual è oggi la presenza delle teologhe nelle università pontificie in Italia?

Canta: Le teologhe cristiane – non solo cattoliche – contattate per la ricerca sono state in tutto 335 e hanno risposto al questionario in 181. La metà insegna a vario titolo nelle università pontificie, il che corrisponde probabilmente a circa il 10 per cento del totale dei docenti. Non è detto che siano incardinate, spesso lavorano come professori incaricati o tengono seminari. Le altre compiono attività diverse dall’insegnamento, ma anche chi insegna non trae da questa occupazione il suo sostentamento.

Qual è – o sarà – il ruolo delle teologhe nella Chiesa di Papa Francesco?

Canta: E’ la domanda che tutti ci facciamo. Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium ha parlato di teologia delle donne e di ruoli di responsabilità nella Chiesa, un discorso che ha ripetuto in diverse occasioni pubbliche. Tuttavia ad oggi, dopo un anno di pontificato, non c’è stato ancora un atto formale di inserimento di donne preparate e competenti in strutture della Chiesa. Tuttavia la ricerca non ha un obiettivo rivendicativo. Al di là dei dati, affronta ampi contesti come il rapporto tra le donne e il Concilio Vaticano II e si chiude con il sogno delle teologhe.

Qual è il sogno delle teologhe?

Canta: Il sogno delle teologhe va molto oltre il desiderio legittimo di avere una cattedra all’università. E’ il desiderio di una Chiesa che viva il Vangelo così come tratteggiata nell’Evangelii Gaudium. Le donne sono oggi una forza nuova, perché sono preparate e con molta voglia di impegnarsi, attraverso la quale la Chiesa può probabilmente ritrovare la sua missione nel confronto con la modernità. Per questo le donne chiedono anche di essere nei dicasteri e nei luoghi dove vengono prese le decisioni per la vita della Chiesa. Vogliono essere riconosciute per le competenze acquisite e per ciò che possono offrire alla costruzione della Chiesa.
 

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