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Roberto Vecchioni: Dio mi invia messaggi sempre più forti

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 23/05/14
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Il cantautore brianzolo nella sua partecipazione al Festival Biblico di Padova proporrà un un viaggio tra musica e Sacra scrittura
Sarà senz’altro un contesto inedito per lui. Eppure, nei suoi testi e nei suoi libri c’è un filo rosso che lo unisce a tutti coloro che sono “in cerca” di risposte. Roberto Vecchioni è uno di quei cantautori che hanno raccontato le emozioni, i dolori e gli inciampi dell’uomo semplice, diffidando di chi partiva da tesi certe. Questo fa di lui un esploratore che parte dalla quotidianità per giungere alle radici più profonde dell’umanità; radici nelle quali, come lui stesso ci ha raccontato in questa intervista ad Aleteia che vi proponiamo, sente sempre più risuonare le corde del “divino”. E questa ricerca può solo trarre giovamento da un confronto con i testi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ecco perché la sua presenza sabato 24 maggio (MPX, ore 21) in un incontro dal titolo “La Sacra Scrittura: un viaggio tra musica e letteratura”, non un vero e proprio concerto, ma una conversazione accompagnata da alcune canzoni, sarà un momento davvero speciale per il Festival Biblico di Padova. Giunta alla sua seconda edizione padovana, la rassegna veneta tradizionalmente dedicata a far conoscere e a valorizzare i testi delle Sacre Scritture, tra il 23 e il 25 maggio ospiterà eventi per bambini e adulti, spettacoli teatrali e i contributi di altre personalità di rilievo, tra i quali mons. Giovanni d’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno e Derrick De Kerckhove, sociologo e massmediologo canadese.

Quali canzoni sceglierà di proporre nella sua conversazione al Festival Biblico e perché?

Vecchioni: Partiremo da ‘La stazione di Zima’, un viaggio immaginario e immaginato verso l’angolo più sperduto del mondo, che però è il punto d’arrivo di un uomo. Sul treno che porta a Zima c’è Dio e, fra loro, unici viaggiatori, inizia un dialogo, direi quasi un braccio di ferro verbale: Dio propone all’uomo di seguirlo nella bellezza e nella dolcezza del Paradiso, ma l’uomo vuole scendere ugualmente alla stazione – brutta, isolata, finale – tenendosi orgogliosamente stretto alla vita, ai suoi problemi, a tutte le sfumature dei colori che l’esistenza terrena propone, e anche nella sfumatura più oscura del dolore l’uomo può trovare una luce e quella luce non la vuole spegnere mai. Il loro confronto non è la sintesi di un distacco o di un pensare ateo. Per nulla: il dialogo tra l’uomo e Dio sul treno che porta a Zima è la celebrazione stessa dell’esistenza e della sua straordinaria grandezza e bellezza.

Cos’è per lei la Sacra Scrittura? Che cosa ci dice dell’uomo?

Vecchioni: Come mi è già capitato di sottolineare in diverse occasioni, l’Antico Testamento ha racconti bellissimi, tutti orientati al cammino, alla speranza, alla salvezza di un popolo, con Israele metafora del mondo intero. I Vangeli sono i libri più rivoluzionari perché indicano all’uomo il valore più assoluto, l’amore, e soprattutto l’amore per chi non ci ama: è il comandamento unico che li riassume tutti.

Il suo rapporto con la religione, nei suoi testi come nel suo libro Scacco a Dio, si configura come una continua ricerca che parte dalle grandi domande dell’uomo. Sono cambiate le risposte nel corso degli anni?

Vecchioni: Dio m’invia messaggi sempre più forti, ma alcuni neppure li capisco: io sono solo un poetastro, un piccolo uomo che cerca risposte, per se stesso e spero anche per altri, attraverso le emozioni vissute e raccontate in canzoni, libri, dialoghi. Ho la certezza che nulla è casuale e che tutto è causato, che l’inizio non può essere stato un semplice seppur grandissimo ‘bang’. Il fondamento della fede – oggi dall’uomo confusa e sempre più spesso trasformata in conflittuale – è che c’è una ragione. Non ho mai capito subito chi ha sempre avuto una fede assoluta, eccezionale. Io sto con l’uomo che vive alla continua ricerca di risposte: ai tormenti, alle ansie, ai desideri, alle felicità. Sto con l’uomo che attraverso la fede non ha più paura del suo dolore.

Che pensa della Chiesa di papa Francesco?

Vecchioni: Ciò che penso conta relativamente. Conta molto di più rendersi conto che ogni giorno sempre più persone, da ogni angolo del mondo, con culture e storie diverse, con emozioni differenti, orientano i loro sguardi verso gli occhi di papa Francesco, che cammina fra di loro, che parla come loro, che dice ciò che la gente vuole sentire: la semplicità dell’amore.