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Pregando per le vie di Roma con una canzone gospel

musica new age – it

@Eva Rinaldi Celebrity and Live Music Photographer

padre Massimo Granieri - Arena dei Rumori - pubblicato il 21/05/14

La vocazione può essere rianimata da una canzone pop

Durante la permanenza a Roma, ero solito passeggiare al mattino per le vie del centro storico. Abitavo in una casa religiosa sul Colle Celio, la Casa Generalizia dei Padri Passionisti. Al sabato cambiavo percorso e mi spingevo fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Entravo in chiesa, mi sedevo per pregare e qualche volta ne approfittavo per confessarmi. Era un bel vedere. Percorrendo quelle vie per mesi e mesi, incontravo non di rado le stesse persone. Buffo. Scattavo fotografie con il cellulare e mi divertivo postandole su Instagram e suTwitter. Io che un fotografo non lo sono mai stato (clicca qui e guarda le foto).

Nelle playlist che preparavo per le passeggiate romane piazzavo sempre “Jesus” di Amos Lee in fondo alla lista. Camminavo e sgombravo la mente dai brutti pensieri. La musica faceva da colonna sonora al rosario filosofico con le sinfonie di Bach, le ballate dei Chief e l’ironia di Enzo Jannacci. Quando il fiato si faceva corto, mi caricavo con i Kasabian e David Bowie per terminare il tragitto di 6 chilometri. Quelle camminate erano metafore esistenziali. Un pieno di energia alla partenza, subentrava poi l’insidia delle salite e la voglia di fermarsi. Dovevo comunque andare avanti e tornare a casa. Va bene una breve sosta per riflettere e recuperare le forze, ma poi bisogna proseguire nel cammino della vita.

Cercavo un aiuto, un’illuminazione sulle scelte da compiere. Poter condizionare negativamente il piano di Dio facendo scelte sbagliate mi toglieva il sonno. Abbisognavo di una buona dose di coraggio per seguire il mio istinto e lasciare un lavoro sicuro in curia per un nuovo impiego pastorale. L’ascolto in loop della canzone “Jesus” divenne una preghiera incessante a Gesù.

Oh Gesù, adesso mi puoi aiutare? No, non mi sono mai sentito così solo. Mi ricordo quando ero libero e selvaggio. Oh, così selvaggio e libero. Oh, il mio cuore era una pietra saltellante. Ma ora il mondo è stanco di me. Oh, mi ha corrotto e sconfitto. Non ho mai pensato che tu mi odiassi. Ma non mi sono mai sentito così solo. Gesù, adesso mi aiuterai? No, non mi sono mai sentito così solo, così solo. ["Jesus" – Amos Lee, testo tradotto]

Con le cuffie in testa, cercavo di trovare motivazioni per ripartire da zero un’altra volta. Finale della storia: ho fatto ritorno al Sud, in basso e in periferia, quella “esistenziale” di cui parla Papa Francesco: “Lasciamo che Lui entri nella nostra vita e ci inviti ad andare fuori noi alle periferie della vita e annunciare il Vangelo”. Tornare in mezzo alla gente era il mio vero desiderio. Sono stato parroco per alcuni anni, ho vissuto con entusiasmo l’impegno missionario dal primo giorno che ho messo piede in Istituto. Non ero spaventato, anzi.

Forse un po’ stanco dei continui spostamenti che lo stesso hanno arricchito il mio bagaglio culturale ed esperienziale. Ho riascoltato “Jesus” di Amos Lee per guardarmi indietro e fare un primo bilancio di questa nuova esperienza in Puglia. Ho predicato molto in giro, vissuto due missioni al popolo in provincia di Bari, altre esperienze personali di annuncio evangelico. Vicino Reggio Calabria ho rivisto un caro amico prete dopo quasi dieci anni per la predicazione della Settimana Santa. Abbiamo condiviso a pranzo gioie e dolori del nostro ministero sacerdotale. Posso dunque ritenermi soddisfatto.

L’esperienza più cara e a me gradita è forse la più piccola, quella meno eclatante e vissuta in loco, nella parrocchia dei passionisti a Manduria (Taranto). In convento abbiamo coinvolto i laici nell’animazione liturgica della santa messa domenicale. Le comunità cristiane vivono progetti pastorali già consolidati. Prevedono l’impiego di collaboratori nelle varie attività, ma non sempre nelle parrocchie ciò che viene stabilito a tavolino in un consiglio pastorale poi funziona davvero.

Scrivo per esperienza diretta: le cose si realizzano se c’è la partecipazione responsabile del popolo di Dio.È bastato un appello fatto durante una celebrazione per smuovere le acque: “Chi tra di voi ha dei talenti da mettere a disposizione della comunità, vi prego, si faccia avanti e ci aiuti”. Catechisti e volontari hanno formato in breve tempo un coro di voci bianche, bambini che cantano accompagnati da un bravo maestro e dalle loro catechiste, assai pazienti. Cantano a mani libere, un pannello proietta i testi dei canti, basi musicali create ad hoc per facilitare il coinvolgimento dei più piccoli anche con il mimo delle canzoni.

L’intera assemblea finalmente partecipa. Cantano tutti, anziani inclusi. C’è chi lo fa sottovoce, chi in playback, chi batte non troppo convinto le mani. Non importa. Tutti si sentono coinvolti nella celebrazione. E li vedo finalmente sorridere. I genitori dei bambini proclamano la Parola di Dio, mentre i loro pargoli svolazzano liberi per la chiesa senza alcun disturbo. I responsabili non si sono arresi né scoraggiati quando nessuno rispondeva ai lori inviti. Il gruppo cresce e va avanti, testimoniando l’importanza di collaborare per il bene della parrocchia.
Anche i ministranti… In pochi volevano salire sull’altare, un po’ per vergogna o probabilmente per timidezza. Adesso invece gareggiano a vicenda per indossare la tunica bianca con le strisce rosse. Anticipano l’arrivo del sacerdote celebrante in sagrestia e preparano l’altare, dividendosi i ruoli nel servizio liturgico. A fine messa stabiliscono i turni per le domeniche successive. Una formidabile autogestione. Tutto in pochi mesi. Un piccolo miracolo che durerà nel tempo, ne sono sicuro. 

Dopo aver lasciato Roma, come scrive San Paolo apostolo a Timoteo, ho cercato insieme agli altri di fare del bene, arricchendomi di opere buone. Rimango pronto a dare e a condividere per mettere da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarmi la vita vera (cf. 1 Tm 6,18-19). Magari ho rinunciato a vedere il Colosseo ogni giorno, ma ho ritrovato una porzione di popolo di Dio bisognoso di aiuto.

Così è stato e così sarà nel futuro. Senza rimpianti. Tutta colpa di una canzone…

Qui l’originale

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