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Mondiali in Brasile: un calcio contro la tratta

Child prostitution – it

© Public Domain

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 20/05/14

I religiosi del Brasile e del mondo lanciano la campagna "Gioca a favore della vita"

Una grande festa dello sport e una vetrina internazionale perché un paese possa mettere le sue bellezze paesaggistiche e le sue risorse culturali: rappresentano questo, in genere, i mondiali di calcio per la nazione che li ospita, anche per il Brasile dove il fischio di inizio sarà il prossimo 12 giugno. Purtroppo, però, l’esperienza ha dimostrato che i grandi eventi nell’attirare la mobilità di molte persone in cerca di lavoro nel turismo e nell’organizzazione dei servizi, favoriscono anche la possibilità di traffici criminali che prendono di mira i lavoratori migranti rendendoli vittime di sfruttamento e tratta. E’ stato dimostrato che durante i mondiali in Germania e in Sudafrica, ad esempio, la tratta per sfruttamento sessuale e lavoro ha subito un aumento rispettivamente del 30 e 40 per cento. Per questo la Rete internazionale della Vita consacrata contro la tratta di persone “Talitha Kum”, insieme alla Conferenza dei religiosi del Brasile – Rete “Um Grito pela Vida”,  in occasione dei Mondiali di calcio in Brasile ha promosso la campagna “Gioca a favore della vita. Denuncia la tratta di persone”. L’obiettivo è fare della Coppa del mondo uno “spazio positivo per promuovere una cultura dei diritti e della vita, denunciando tutte le forme di sfruttamento che la svalorizzano e la mercificano”, come spiega ad Aleteia sr. Gabriella Bottani, SMC, coordinatrice della rete Um Grito pela Vida.

Quanto è esteso il fenomeno della tratta di esseri umani nel mondo?

Bottani: La tratta è un’attività criminale che supera i confini di un solo Paese e che coinvolge soprattutto donne, bambini e adolescenti che vengono venduti come merce. Secondo le statistiche ufficiali sono circa 21 milioni le persone vittima di questi traffici. Esistono diverse forme di tratta finalizzate allo sfruttamento sessuale anche dei minori, al lavoro in condizioni di schiavitù, all’arruolamento forzato di bambini soldato e persino al traffico di organi ed è incredibile osservare quali forme può assumere il male nello schiacciare la vita delle persone. Ognuna di queste forme, indistintamente, costituisce una forma brutale di annullamento della dignità umana quando non della stessa esistenza delle persone.

Manca nell’opinione pubblica la consapevolezza dell’entità di questo fenomeno?

Bottani: In effetti questa consapevolezza manca, anche se ci stiamo lavorando, non solo noi ma anche altre organizzazioni. La società civile e la Chiesa in Brasile si stanno attivando in questa direzione, ma credo che ne parliamo ancora troppo poco. Soprattutto sono molto poche le denunce. Dobbiamo avere più coraggio per denunciare gli episodi di tratta, uscendo da un’omertà e da un silenzio che in qualche modo la favoriscono. Il Brasile, purtroppo, a causa della grande complessità economica e sociale del territorio – è vasto come un continente! – è un paese dove coesistono tutte le fasi del percorso delle vittime che vengono trafficate sia internamente, sia oltre frontiera, sulle rotte soprattutto della regione amazzonica e del norest. I cristiani, come ha detto anche Papa Francesco nel messaggio inviato alla Chiesa del Brasile in occasione dell’apertura della campagna di fraternità di quest’anno, non possono restare impassibili davanti a questa barbarie e devono mobilitarsi come credenti e come cittadini perché la società civile reagisca.

Come funziona la campagna?

Bottani: La campagna è diretta ad informare e sensibilizzare la popolazione sui possibili rischi e su come intervenire per denunciare eventuali casi. Il materiale in lingua portoghese è disponibile nel blog della Rete “Um Grito pela Vida” e tutte le azioni della campagna sono divulgate sulla pagine facebook aperta nel febbraio scorso www.facebook.com/jogueafavordavida. Da maggio, inoltre, i gruppi della Rete e tutti coloro che hanno aderito alla campagna saranno attivi in Brasile e in altri paesi dell’America latina con degli interventi nelle 12 capitali brasiliane dove si svolgeranno le partite dei mondiali di calcio.  

Quale ruolo possono avere i media?

Bottani: Un ruolo importante. Prima di tutto serve non cercare lo scoop su queste vicende, ma aiutare l’informazione corretta e la sensibilizzazione delle persone perché si abituino a riconoscere le situazioni dove la vita è negata e dove anche noi la stiamo sfruttando. I media, inoltre, devono aiutarci a proporre i valori belli della vita, del calcio, dei grandi eventi sottolineando l’importanza dell’incontro tra le culture. I mondiali sono una grande festa e un’occasione per il Brasile che è un paese bello e accogliente, ma non devono trasformarsi per qualcuno in una partita “persa”.

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