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​Il bambino malformato: un errore della Creazione?

God created man (Sixtin Chapel) – it

Steve Corey / Flickr / CC

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 19/05/14

Il Centro di Ateneo per la vita dell’Università cattolica propone il percorso di approfondimento “Child always first”

“Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre”. “Allah vi plasma come vuole negli uteri”. Dal Salmo 138 della Bibbia e dalla  Sura III del Corano ha preso avvio nella serata del 19 maggio, presso l’Università cattolica di Roma, il confronto tra Lorella Congiunti (vice rettore della Pontificia Università Urbaniana), Riccardo Di Segni (Rabbino capo di Roma) e Abdellah Redouane (Segretario generale del Centro Islamico Culturale d’Italia) sul tema “Il bambino malformato: errore nella Creazione?”. Se tutta la Creazione appartiene a Dio, quale posto vi hanno le malformazioni? Un interrogativo che sempre più ci interpella grazie anche ai progressi della scienza che consentono prolungate possibilità di sopravvivenza anche in presenza di patologie di tipo cronico. L’incontro fa parte del ciclo di seminari “Child always first: una finestra sul Bambino per guardare il Mondo” promossi da Centro di Ateneo per la Vita dell’Università Cattolica, Scuola di specializzazione in Pediatria e Dipartimento per la tutela della salute della donna, della vita nascente, del bambino e dell’adolescente del Policlinico Gemelli e dal Centro Pastorale. Aleteia ne ha parlato con il coordinatore dell’incontro Giuseppe Zampino, responsabile dell’Unità operativa interdipartimentale Centro malattie rare e difetti congeniti del Policlinico Agostino Gemelli.

Un bambino malformato come un “errore”: è un interrogativo che si sente rivolgere spesso?
Zampino: Quando nasce un bambino con un quadro malformativo i genitori chiedono “perché?”. Noi rispondiamo in modo tecnico, attingendo all’eziologia, spiegando che è un gene, un cromosoma, un fattore ambientale che ha indotto la malformazione. Ma a guardare più in profondità, il perché del genitore è un perché di senso e di scopo – che senso ha la vita di mio figlio? Qual è il suo scopo in questo mondo? -, e noi non siamo abituati a dare queste risposte. Per questo abbiamo voluto proporre un percorso di riflessione partendo dal dato teologico. Cosa significa un bambino malformato nell’ambito della Creazione, considerato che è Dio ad averci creato e nessuno di noi è frutto del caso, ma di una volontà? Vogliamo interpellare teologi delle tre grandi religioni monoteiste per capire quale è il senso di un Dio creatore che crea un bambino così.

Una risposta assolutamente non facile per chiunque…

Zampino. E’ così, ma è necessario cominciare a riflettere. La scienza sta andando sempre più avanti, la ricerca riesce a dare ormai una mappatura del genoma di una persona in poco tempo così che si può comprenderne tutta la struttura. Rispetto a questa evoluzione  della scienza che comporta una diversa visione della vita dell’uomo e del suo futuro anche biologico, mi sembra che la filosofia, la teologia, l’antropologia siano rimaste un po’ indietro. Il senso di colpa che prova il genitore di un bambino malformato non è solo di natura biologica. Fino a poco tempo fa, un evento del genere era considerata una punizione partendo dal principio che Dio non può sbagliare quando crea, a meno che non abbia un intento, appunto, di tipo punitivo. Il libro dell’Esodo afferma che così Dio così colpisce fino a tre o quattro generazioni. E’ utile quindi avere una riflessione di carattere teologico, oltre che antropologico e filosofico. Non per niente la prima domanda la rivolgeremo a un filosofo per chiedere cosa fa di una vita, un vita umana.

Come vengono accompagnate le famiglie che si trovano a dover affrontare questo tipo di situazioni?

Zampino: Quando nasce un bambino con  una malformazione, a meno che ci sia una possibilità chirurgica di intervento, l’unico meccanismo che può essere messo in atto da parte dei genitori è l’accettazione. Laddove, a differenza delle altre aree della medicina in cui sono possibili delle terapie per cambiare la condizione del paziente, manca  l’ambizione della guarigione, l’unica strategia per medici e personale sanitario è la presa in carico empatica e nella cura c’è un grandissimo aspetto umano e solidale. Però è importante la ricerca di senso: perché un bambino nasce così? Altrimenti diventa solo oggetto di “umana pietà” mentre invece vogliamo pensare ai bambini malformati come soggetti, protagonisti di una volontà di Dio che vorremmo poter capire. E’ un problema che nel passato non si poneva perché spesso questi bambini morivano, così come si moriva di malnutrizione o di altre malattie. Oggi, invece, anche in età pediatrica una parte ragguardevole del lavoro riguarda la gestione delle disabilità congenite, il che diventa, tra l’altro, un elemento rilevante per la sanità pubblica.

L’incontro che proponete fa parte del ciclo di seminari “Child always first” in cui il bambino è “la finestra con cui si guarda il mondo”: perché è necessario questo sguardo?

Zampino: C’è una storia che si racconta. Due pesciolini incontrano un pesce grande e questo chiede loro: “com’è l’acqua?”. I pesciolini salutano e vanno per la loro strada commentando tra di loro: “ma cos’è l’acqua?”. Spesso viviamo immersi nella nostra realtà, ma questa non diventa oggetto di riflessione. Da pediatri ci troviamo a gestire e capire il mondo dei bambini e pensiamo che essi rappresentino la metafora del nostro futuro. Il bambino costituisce il paradigma della responsabilità di ognuno di noi. Quando un neonato piange, questo provoca in noi naturalmente una reazione di accudimento e di responsabilità. Non dovremmo dimenticarcene quando vengono decise le politiche economiche, energetiche, di contrasto all’inquinamento con le quali si agisce spesso senza tener conto del futuro. Al contrario, dovremmo garantire soprattutto ciò che avverrà tra 50 o 100 anni e non solo ciò che ci accade ora. In questo senso guardare con gli occhi del bambino, significa guardare al futuro dell’umanità. 

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