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L’uomo nuovo partorito dai burocrati

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Matthias Pahl

Giuseppe Savagnone - Tuttavia - pubblicato il 15/05/14

Se la realtà mette in discussione la teoria, cambia la realtà...

In questi giorni abbiamo festeggiato il quarantesimo anniversario del referendum che consacrò, nel maggio del 1974, l’introduzione del divorzio in Italia. Tutti possono constatare i buoni frutti che da queste innovazioni sono derivati alle famiglie, ai giovani, al livello etico complessivo del costume.

Ma, poiché il progresso è inarrestabile, ecco una nuova innovazione viene a contribuire alla felicità privata e pubblica, questa volta addirittura con l’impulso dell’Europa, che spinge il nostro Paese, ancora arretrato (probabilmente a causa della sua tradizione cattolica), verso più alti traguardi di civiltà.  A essere in gioco, questa volta, è la sana idea che la normalità in campo sessuale non esiste, come credevano i nostri bigotti e retrivi antenati, e che tutto è lecito – non solo giuridicamente, ma moralmente – purché rispecchi le libere preferenze degli individui.

Peraltro, per rendere più sicuro e spedito questo nuovo passo verso un radioso futuro, non c’è stato più bisogno di fare leggi e di indire referendum, come per il divorzio e, più tardi, per l’aborto. E’ bastato il documento «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere», recentemente emanato dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (UNAR), dipendente dal Dipartimento delle Pari Opportunità e, in definitiva, dalla Presidenza del Consiglio. In questo modo si esonerano gli italiani dalle lungaggini di un dibattito pubblico e di una dispendiosa consultazione popolare e li si rende felici senza che neppure se ne accorgano.

Il documento in questione – stipulato con il «ruolo attivo e propositivo» (p.5) delle associazioni LGBT (Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) – prevede «un piano di azioni integrate e multidisciplinari» per combattere le «discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere» (p.4).

Non solo quelle che implicano atti violenti. Saggiamente i burocrati che hanno compilato il testo hanno messo in luce che «dietro gli episodi di bullismo omofobico e transfobico vi sono altri problemi, quali quelli legati a una cultura che prevede soltanto una visione eteronormativa» (p.16).  E’ la  mentalità, il modo di vedere e di sentire della gente, che bisogna cambiare!

Perciò la «strategia» deve avere il suo punto di partenza nelle scuole. Compito urgentissimo, perché, scandalosamente, «le tematiche LGBT trovano spazi marginali nelle aule scolastiche, o sono relegate a momenti extra curriculari; gli insegnanti ed educatori sono a loro volta disinformati e impreparati ad affrontare questi temi» (p.16).

Per rimediare a questo grave deficit (gli altri la scuola, come tutti sanno, li ha colmati) bisogna «progettare percorsi innovativi di formazione in materia di educazione alla affettività che partano dai primi gradi dell'istruzione, proprio per cominciare dagli asili nido e dalle scuole dell'infanzia a costruire un modello educativo inclusivo, fondato sul rispetto delle differenze» (p.17).

Già: bisogna educare fin dalla più tenera età l’affettività dei bambini, in modo che non avvertano più come naturale l’attrazione per l’altro sesso, ma, indifferentemente, anche per il proprio, o per tutti e due contemporaneamente. Alla luce di questa direttiva, non ci sorprende apprendere che negli asili ormai circolano fiabe illustrate di esplicita intonazione gay, con principessine appassionatamente avvinghiate l’una all’altra e bei principi (maschi) che si baciano teneramente.

Il progresso rispetto alla questione del divorzio è evidente: qui non è un problema di leggi, consapevolmente volute dalla popolazione; si tratta di cambiare le persone fin da quando non sono in grado di porsi il problema. Così tutto è più facile, più indolore. Quante ne sperimenta il progresso!

Perché la scuola riesca in questo compito, osservano i funzionari del ministero, bisogna darsi da fare. Si dovranno organizzare appositi corsi di formazione e di aggiornamento costanti rivolti «non solo al corpo docente e agli studenti (con riconoscimento per entrambi di crediti formativi) ma anche a tutto il personale non docente». E, per il loro funzionamento, è espressamente prevista la «valorizzazione dell’expertise delle associazioni LGBT» e il loro accreditamento, presso il MIUR, in qualità di enti di formazione» (p.18). E del resto chi, meglio di loro, può contribuire a questa sana liberazione dalla piaga della discriminazione, inevitabile quando si pretende di distinguere tra ciò che è naturale e ciò che non lo è?

Anche i programmi si dovranno cambiare, per realizzare l’«integrazione delle materie antidiscriminatorie nei curricula scolastici (ad es. nei percorsi di Cittadinanza e Costituzione) con un particolare focus sui temi LGBT» (p.18).
In questa logica, la scuola  dovrà «contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali» (p.17).
E, perché l’amministrazione sia la prima a dare il buon esempio, il documento prevede la «predisposizione della modulistica scolastica amministrativa e didattica in chiave di inclusione sociale, rispettosa delle nuove realtà familiari, costituite anche da genitori omosessuali» (p.18). Basta con termini superati come “padre” e “madre”, discriminanti per chi è figlio di due uomini o di due donne. Il documento non lo specifica, ma la soluzione più democratica sembrerebbe “genitore 1” e “genitore 2” .

Così, finalmente, tutto si equivarrà. Anche l’essere eterosessuale sarà solo una modalità contingente, secondaria, nella gamma indefinita di possibili orientamenti sessuali. Il maschile e il femminile diventeranno archeologia. Il neutro diventerà d’obbligo. Un uomo nuovo sarà nato, privo di differenze ma disponibile a tutte. Così non ci sarà più discriminazione.

Nota Bene: poiché è capitato altre volte che il tono ironico di qualche mio articolo non venisse colto, con grave effetti psicologici sul lettore distratto, mi sembra opportuno farne qui, alla fine, esplicita menzione.

Qui l'originale

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