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Il naufragio senza fine dell’Unione europea

boat with immigrants

© Noborder Network / Flickr

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 13/05/14

Non si fermano le stragi di migranti nel Mediterraneo. Colpa di politiche di accoglienza inefficaci o inesistenti

Se non fosse una tragedia, ci sarebbe quasi da sbuffare: ancora? Di nuovo gli stessi argomenti? Ma quante volte ne abbiamo già parlato? Quante volte abbiamo già parlato dei migranti che affrontano sforzi inenarrabili per fuggire dai propri paesi in guerra e arrivare sulle sponde del Mediterraneo in cerca del “miracolo” di un barcone sfasciato sul quale vendere a caro prezzo ai trafficanti il sogno di una vita nuova in un luogo in pace? E quante volte abbiamo fatto la conta di quelli  che si è presi il mare, anche se sarebbe più esatto dire che se li è presi l’avidità di alcuni e l’indifferenza di altri? “Vergogna”, ha detto solo Papa Francesco quando nello scorso ottobre ebbe notizia dell’ennesimo naufragio: morirono 366 persone e ancora il mare sta restituendo altri corpi. Eppure la strage non si ferma: il 12 maggio un altro barcone è naufragato a un centinaio di miglia a sud di Lampedusa e i mezzi navali dell’operazione “Mare nostrum” che pattugliano la zona proprio per intercettare i natanti con il loro carico umano, sono riusciti a portare in salvo circa 200 persone mentre almeno 40 sono i morti accertati. Aleteia è andata ancora una volta a bussare al Centro Astalli per i rifugiati dei gesuiti, a Roma, e a interrogare il suo responsabile, p. Giovanni La Manna.


L’ennesima tragedia di migranti morti in mare: non era stato detto “mai più”?

La Manna: Il “mai più” lo devono realizzare quanti hanno la responsabilità di governare questo fenomeno. E’ veramente triste in queste ore assistere al rimpallo di responsabilità tra l’Unione europea e l’Italia. E’ preoccupante che la Commissione europea affermi di aver chiesto all’Italia “cosa fare”: non dovrebbe essere in grado di valutare il fenomeno in modo autonomo? Il 3 ottobre 2013, dopo la tragedia dei 366 immigrati morti al largo di Lampedusa, la Commissione si è recata sull’isola e cosa ha capito? Vedendo le salme di tutte quelle persone sul molo e nel capannone l’Unione europea quale opinione si è fatta di questo problema? Non si è posta la domanda su cosa fare per evitare queste tragedie? Non se lo è chiesto e per questo le tragedie si ripetono.

Cosa dovrebbe fare?

La Manna: L’Unione europea, piuttosto che perdersi in polemiche ed esprimere frasi fatte di cordoglio e commozione, deve agire con giustizia e dignità. L’unica strada degna che deve percorrere – sebbene sia già in ritardo – è quella della creazione di corridoi umanitari attraverso i quali far arrivare in sicurezza in Europa i profughi, specialmente quelli siriani, per poi distribuirli in modo equo tra i vari stati. I numeri che possono spaventare una nazione in difficoltà non possono spaventare l’Unione europea nel suo complesso. Solo così si possono sottrarre i profughi che scappano dai conflitti e dalle persecuzioni allo sfruttamento dei trafficanti. E’ tempo di agire. Basta morti in mare. “Mare nostrum” è uno strumento che riesce a salvare delle vite ma non tutte e sono evidenti i limiti di una operazione che pure è positiva.

Eppure qualcuno, proprio in questi giorni, ha definito “Mare nostrum” un’operazione “cretina”…

La Manna: Sono esternazioni che nemmeno voglio prendere in considerazione, frutto della povertà culturale e umana che stiamo vivendo. Un tempo ci si sarebbe vergognati di pensare ed affermare una cosa del genere.

L’idea dei canali umanitari è nuova?

La Manna: L’Unione europea prevede già dei programmi grazie ai quali dai campi profughi le persone vengono portate in salvo nei paesi che attivano questi programmi di reinsediamento. Però siamo ancora troppo timidi o impauriti o indifferenti. Occorre intensificarli. Tutti i Paesi europei riconoscono il diritto all’asilo politico ma come fanno le persone ad arrivare nei nostri paesi per esercitare il diritto che riconosciamo loro? Oggi l’unico strumento per sfuggire dal proprio paese per un siriano è affidarsi a un trafficante e sperare che, prima di affondare, il barcone incontri una delle navi di Mare nostrum. Si conta che in Libano ci siano un milione di siriani: quanto inciderebbe la loro presenza sui 500 milioni che costituiscono la popolazione europea? E’ triste che l’Europa non senta il peso di tante morti sulla coscienza. Forse sono troppo lontani.

Al Centro Astalli c’è stato un aumento dei profughi che chiedono aiuto?

La Manna: Sì ed è drammatico. Non c’è un sistema unitario e questo penalizza le persone che poi non trovando posto finiscono negli stabili occupati in città in condizioni indegne dal punto di vista della sicurezza e dell’igiene. In Italia c’è un sistema pensato per affrontare sempre il problema con un’ottica emergenziale: ricerca di posti per tre mesi e 30 euro al giorno. Che progettualità c’è in un’accoglienza del genere? In tre mesi una persona cosa può fare per inventarsi un futuro? Se invece, come noi richiediamo da sempre, il sistema di accoglienza fosse pensato con un’ottica progettuale si potrebbero porre da subito le condizioni per l’autonomia delle persone e una vera integrazione. Oggi, invece, si sprecano risorse senza costruire nulla.

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