Antonio Socci ci ricorda che non è il chiacchiericcio di laici e monsignori, ma la croce di Cristo il segno del trionfo di Dio
“In principio era il Verbo, alla fine le chiacchiere”. Temo possa essere questo aforisma di Stanislaw Lec una possibile critica al Salone del libro di Torino.
Premetto che ritengo intelligente e molto promettente la scelta del tema di quest’anno: il Bene. Così come ottima è l’apertura di Susanna Tamaro, una persona autentica, che dice cose vere.
Buona anche la decisone di avere il Vaticano come ospite d’onore perché i temi religiosi sono oggi quelli che tirano nell’editoria, ma ancora una volta il mondo laico rischia di sprofondare nel clericalismo perché identifica la cultura cattolica con lo stato della Città del Vaticano: i cattolici sanno che le due cose sono molto diverse (due grandi geni cattolici come Dante e Manzoni per esempio non ebbero rapporti facili con la Curia, al pari di diversi santi).
CHIACCHIERONI
Trattandosi poi di una manifestazione sui libri è naturale e giusto che avesse al centro la parola. Il problema non è la parola, ma la chiacchiera.
La parola è preziosa, perché può essere un riflesso del Logos, può dare vita, può testimoniare la verità e la pietà, può chiedere giustizia, può custodire la memoria e la speranza, può gridare libertà, può annunciare salvezza, può comunicare amore.
Invece la chiacchiera ammazza l’intelligenza, annoia, svuota il cuore, confonde, annebbia. La chiacchiera è una peste universale che colpisce qualunque credo ideologico o religioso o laico. E’ il deserto che avanza. Dappertutto.
Addolora però, per quanto mi riguarda (ed è giusto che ciascuno guardi anzitutto in casa propria), che navighino allegramente nei mari dell’aria fritta anche quei “vip cattolici” (o tonache catodiche), che dovrebbero testimoniare il Sommo Bene crocifisso per amore. Anche al Salone si sono visti dei Soloni in tonaca.
Mesi fa un mio amico mi diceva di certi ecclesiastici di sua conoscenza: “Ogni tanto dicono anche belle parole, ma le facce…”.
Intendeva dire che più delle chiacchiere ci vorrebbe quella “faccia da risorti” che Nietzsche cercava nei cristiani. Avremmo bisogno più di testimoni che di maestri, più di storie che di citazioni.
Insomma il Lingotto per i cattolici è stata una bella occasione persa: tante chiacchiere sul bene, ma nessun volto illuminato dalla resurrezione. O almeno pochissimi.
TRAGEDIA
Questo d’altronde è il tempo del “bene parlato”, ma non testimoniato. E’ l’esibizione parolaia del bene.
Esemplare è la tragica vicenda – tuttora in corso – delle 276 studentesse nigeriane rapite dai talebani di Boko Haram in una scuola di Chibok.
E’ immaginabile quello che devono subire. Del resto saranno vendute come schiave. Le famiglie sono disperate. E implorano aiuto, non discorsi.
Tuttavia questa vicenda ha scatenato i vip parolai d’occidente che hanno inondato twitter di retorici appelli per la loro liberazione, da Michelle Obama a Piero Pelù, passando per Gad Lerner e Laura Boldrini.
La corsa alla chiacchiera umanitaria da salotto naturalmente è gratificante, fa sentire buoni, ma è del tutto inutile. E c’è pure chi si chiede se non sia dannosa, perché certe campagne planetarie amplificano l’eco dei crimini di Boko Haram (come loro desiderano) e perché rischia di far lievitare l’eventuale prezzo del riscatto delle ragazze.
Non tutti però, davanti a queste tragedie, fanno chiacchiere. C’è chi è stato ed è pronto silenziosamente a donare se stesso e la propria vita. Per esempio, chi, in Italia, conosce suor Rachele Fassera?
IL CUORE DI RACHELE
E’ una suorina esile che è stata venti anni missionaria in Africa: oggi potete incrociarla per le vie di Roma senza che nessuno si accorga di lei. In effetti da noi non la conosce nessuno.