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Jacques Maritain, la voce del nuovo umanesimo della cristianità

Anges déchus – angeli ribelli – it

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Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 10/05/14

In uscita l’edizione italiana di uno dei testi centrali del filosofo francese sulla libertà

Finora questo intervento, pubblicato nel 1956, non era mai apparso in italiano. Ed è significativo che la sua prima edizione nella nostra lingua appaia proprio ora, in un momento in cui gran parte della comunità cristiana è mossa da un grande bisogno di rinnovamento nel proprio modo di vivere la spiritualità. Jacques Maritan è uno dei filosofi più importanti del Novecento, anche se è ancora poco noto in Italia. La pubblicazione de Il peccato dell’angelo (Città Nuova, 2014) si colloca nell’ottica di questa riscoperta, fortemente voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana. Con questo testo nasceva l’idea di un nuovo umanesimo, con l’aspirazione ad assumere e superare la “crisi del soprannaturale” – come afferma W. Kasper – intesa come radice della crisi che ha vissuto e attraversato la vita della Chiesa in epoca contemporanea. Ne abbiamo parlato con il professor Carmine Matarazzo, docente della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sezione San Tommaso d’Aquino di Napoli, che sabato 10 maggio interverrà con altri alla presentazione del volume al Salone del Libro di Torino (ore 16.00, Spazio Sant’Anselmo).

Professore, qual è il valore di questo testo?

Matarazzo: Maritain affermò rispetto a questo saggio: «credo sia quello che mi dispiace meno fra tutto ciò che ho scritto sulla libertà». Lo studio dedicato al peccato dell’angelo può essere considerato un significativo contributo alla nuova cristianità, poiché pone particolare attenzione alla riflessione filosofico-teologica che riguarda il libero arbitrio, nata in seno alla scolastica e protrattasi sin oltre l’epoca moderna. Questo studio offre l’occasione per corroborare la tesi dell’eredità angelologia dell’antropologia moderna e propone, grazie alle conquiste filosofico-teologiche della cristianità, un nuovo umanesimo. Un nuovo umanesimo è possibile, ma non annullando l’eredità e le conquiste di un passato ricco perché ancora eccedente, non ancora scaduto, come direbbe E. Bloch. Infatti, nel caso dell’antropologia, Maritain si confronta con il problema della libertà e del male, ponendo attenzione agli apporti della tradizione sul cosiddetto “peccato dell’Angelo”. Il punto di riferimento essenziale è rappresentato dalle argomentazioni filosofico-teologiche di Tommaso d’Aquino, che sono l’«anima ispiratrice» della nuova cristianità. Il titolo, a ben vedere, richiama proprio le questioni che Tommaso d’Aquino dedica nella Summa Theologiae.

Perché si è atteso così a lungo per avere un’edizione italiana?

Matarazzo: La dimenticanza di questo contributo ha senz’altro denotato una carenza nella storia, nella bibliografia, nella critica. A mio avviso, quando il contributo fu pubblicato nella Revue Thomiste, non richiamò l’attenzione degli studiosi come meritava, probabilmente perché il contenuto proposto non incontrò al tempo grande favore ed interesse. La pubblicazione, infatti, cadde in un momento particolare della storia della Chiesa contemporanea, quando cioè incalzavano ormai le discussioni preconciliari, spostate su altri argomenti rispetto a quelli che avevano caratterizzato i primi cinquant’anni del XX secolo. Viste le questioni puntualizzate dal filosofo francese in questo saggio, i padri conciliari, dopo la morte di Giovanni XXIII, non vollero ripescare vecchie contese teologiche, né vollero dirimere particolari aspetti del dibattito teologico, lasciando cadere quindi alcune grandi controversie che avevano caratterizzato le discussioni nella prima parte del Novecento. Proprio alcuni teologi che furono ritenuti sospetti per le loro idee, riconobbero che in Concilio per evitare equivoci alcuni termini furono usati con parsimonia e con un’accezione precisa; mentre altri, che pur avevano caratterizzato il dibattito filosofico-teologico, si fecero cadere completamente, lasciando spazio a nuove prospettive ed espressioni anche sul piano linguistico. Nello stesso testo di Maritain ritornano spesso alcuni concetti e termini di questo tipo (penso a “soprannaturale” o all’espressione “natura pura”).

Perché, come sottolinea nel saggio introduttivo, proprio la proposta di Maritain di un nuovo umanesimo è così attuale per la spiritualità contemporanea?

Matarazzo: Ho cercato di contestualizzare questo fondamentale testo filosofico che nella sua complessità presenta una soluzione ai problemi discussi riguardanti l’antropologia cristiana, fonte per poter oggi per proporre un nuovo umanesimo cristiano, secondo anche le indicazioni dell’episcopato italiano che, nel decennio dedicato all’educazione alla luce del Vangelo, ha chiamato a convegno le comunità ecclesiali nel 2015 a Firenze sul tema In Cristo Gesù un nuovo umanesimo cristiano. Ma lo studio del saggio di Maritian si colloca all’interno di un progetto di ricerca dal titolo LarecezionedellafilosofiadiGilsoneMaritainnel contestodelXXsecolo.Ildibattitosullafilosofiamedievale esullastoriadelsoprannaturale, cofinanziato dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sezione San Tommaso d’Aquino di Napoli e dal Servizio Nazionale per gli Studi Superiori di Teologia e di Scienze Religiose della Conferenza Episcopale Italiana, che è si protratto per molti anni. Il tentativo cha la Sezione San Tommaso della mia Facoltà sta portando avanti – grazie anche all’appoggio determinante tra gli altri del decano, il professor Gaetano Di Palma – è quello di recuperare il genuino senso dell’antropologia che non può far a meno dell’orizzonte di senso che il cristianesimo ha offerto all’Occidente.

Quale direzione può indicare il pensiero di Maritain alla Chiesa nel proprio cammino di oggi?

Matarazzo: Maritain è un uomo di pensiero e di azione. È un testimone. Il mondo oggi, come diceva un suo amico, Giovanni Battista Montini – futuro papa Paolo VI –, crede molto più volentieri a testimoni che a maestri. Egli è un testimone che è anche maestro e per questo sa far precedere l’essere alla parola… In questo senso la sua opera e la sua testimonianza possono ritornare utili alla chiesa più che mai nei nostri contesti di secolarizzazione avanzata, perché egli lascia trasparire con al sua vita coerente la gioia dell’essere discepolo e missionario di Cristo, come ricorda di continuo Papa Francesco. A partire dalla dimensione della coerenza, il messaggio di libertà e di amore che Maritain propone nelle sue opere, oggi l’umanesimo può trovare una voce rappresentativa e autorevole e può servire l’opera di evangelizzazione che è prima di tutto, ricorda la Gaudium et Spes, un’opera di umanizzazione.

Riprendendo il suo riferimento a papa Francesco, lei ha pubblicato un volume dal titolo sintomatico Dalla fine del mondo un nuovo umanesimo cristiano. Ci può spiegare cosa vuol dire?

Matarazzo: Con l’elezione “imprevedibile” – almeno al “totopapa” – al soglio pontificio del cardinale latinoamericano Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, la Chiesa è entr
ata in una nuova fase. Il neoeletto vescovo di Roma, infatti, ha mostrato subito il suo programma pastorale annunciando la novità del Vangelo e lo ha fatto con modi semplici, gesti significativi e con linguaggio immediato. Ha usato una comunicazione verbale e simbolica che ha colpito il cuore delle persone, anche di quelle non direttamente coinvolte nella vita ecclesiale. La comunità credente è invitata ora nella prospettiva del Poverello di Assisi a puntare sul concreto, sull’essenziale, coerentemente con quanto Bergoglio ha vissuto nella sua vita di religioso, ispirandosi costantemente alla spiritualità ignaziana. Così l’invito stesso alla nuova evangelizzazione, che richiama il compito di sempre della comunità cristiana, impegna ora ancora una volta la Chiesa nell’opera di promozione di ogni persona umana, soprattutto di quelle in stato di solitudine esistenziale, di indigenza economica, di emarginazione sociale, di isolamento spirituale, bisognose d’amore…

Maritain e gli altri testimoni del Vangelo sono credibili perché hanno fatto precedere l’essere alla parola, o hanno accompagnato l’essere alla parola. Papa Francesco si presenta come “testimone” già dal nome scelto. E la sua espressione nel momento dell’elezione vuol indicare la sua esperienza a Buenos Aires tra gli ultimi e i poveri. In questo senso ho pensato a questo titolo, d’accordo con l’editore Cantagalli di Siena, per sottolineare ancora più decisamente lo stile prossimo che ogni cristiano è oggi tenuto ad assumere se da battezzato vuole rispondere alla sua vocazione che è quella di essere missionari e discepoli di Gesù Cristo, come è stato anche il filosofo francese Jacques Maritain.

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