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3 cose di cui i cattolici si devono riappropriare

3 Things Catholics Need to Confidently Reclaim and Own Again – it

Robert

Brantly Millegan - Aleteia - pubblicato il 07/05/14

Abbiamo ceduto troppo ai nostri fratelli protestanti

Pensiamo a una persona che si descrive come cristiana, basa le proprie convinzioni sulla Bibbia e ha una passione per condividere Gesù con gli altri. Che tipo di persona viene in mente?

Scommetto che la prima cosa a cui la gente pensa è un protestante evangelico.

Ma non un cattolico. E questo è un problema.

Uno dei miei articoli più recenti è stata una lettera aperta agli evangelici. Questa è per i cattolici.

Come siamo arrivati a questo punto? I cattolici sono membri della Chiesa che ha compilato le Scritture, la Chiesa dei grandi santi e martiri missionari, la Chiesa istituita da Cristo stesso – com'è possibile che altre persone siano più conosciute dei cattolici per il fatto di essere evangelizzatrici e cristiane che credono nella Bibbia?

Sono certo che il nostro status di minoranza culturale qui negli Stati Uniti sia stato un fattore rilevante per la formazione di questa percezione (la maggioranza protestante ha avuto più forza nello stabilire le norme linguistiche, ecc.), e la diffusa mancanza di fedeltà alla dottrina tra coloro che si definiscono cattolici negli ultimi decenni non ha certamente aiutato.

Qualunque siano le ragioni, credo che noi cattolici siamo arrivati ad accettare in gran parte queste percezioni, e facendo questo abbiamo ceduto troppo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle protestanti.

Ciò è negativo sia per la nostra autocomprensione come cattolici che per le nostre relazioni con i non cattolici. È difficile vivere la fede in modo retto e condividerla con gli altri se abbiamo accettato false narrative culturali, false dicotomie e una terminologia impropria.

Per essere chiari, non sto dicendo che i cattolici dovrebbero esigere che gli altri smettano di identificarsi con queste cose o che dovremmo cercare di costringere gli altri a parlare di noi in un certo modo. Gli altri possono esprimersi dal punto di vista della loro fede o in base alla propria visione del mondo.

Ma possiamo farlo anche noi. Per questo, propongo che nel nostro modo di parlare, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni noi cattolici possediamo con più fiducia queste tre caratteristiche:

1) Il termine “cristiano”

Quante volte avete sentito qualcuno fare una distinzione tra “cattolici” e “cristiani”, usando l'ultimo termine per riferirsi ai protestanti? Paragonatele con il numero di volte in cui avete sentito i cattolici definirsi “cristiani” in una conversazione ordinaria.

Questa crisi di identità è piuttosto grave. La Chiesa cattolica insegna che solo in lei c'è la pienezza della fede cristiana. “Cattolicesimo”, del resto, è solo un altro nome per la religione cristiana. Se il cattolico segue la sua fede, è il cristiano nel senso più completo del termine.

E se crediamo realmente in questo, dobbiamo riflettere questa certezza nel nostro modo di parlare.

Non dico che dovremmo abbandonare il termine “cattolico” – lo userò in tutto questo articolo. La Chiesa sostiene che i seguaci di Cristo battezzati non cattolici sono anch'essi giustamente definiti “cristiani” (Unitatis Redintegratio, 3), per cui abbiamo bisogno del termine “cattolico” per aiutare a distinguerci.

Allo stesso modo, dobbiamo definirci anche “cristiani”, o almeno “cristiani cattolici”. Non dovremmo permettere che “cristiano” sia un sinonimo di “protestante”.

2) La Bibbia

La Bibbia insegna la dottrina cattolica. Non insegna la dottrina protestante.

Davvero.

Sembra strano? Io sono stato allevato da protestante e ho capito che molti protestanti, soprattutto evangelici, insistono da molto nel dire che la loro fede è quello che insegna la Bibbia, come se i cattolici avessero lasciato loro questa prerogativa. Abbiamo lasciato loro la Bibbia! Almeno parlando a livello culturale.

Ma non dovremmo. Permettetemi di essere più specifico: la Bibbia non insegna sola fide o sola scriptura. Il Purgatorio, dall'altro lato, è del tutto biblico (cfr. 1 Cor 3.11-15, Mt 12.32, et al.). Lo stesso vale per la tradizione orale (2 Tess 2.15), il potere dei sacerdoti di assolvere i peccati (Gv 20.22-23) e la pratica di pregare per i defunti (2 Mac 12.39-45).

Se avete visto che il mio ultimo riferimento biblico era tratto da un libro deuterocanonico e se avete avuto l'impressione che qualcosa “non torni”, ecco la mia risposta: noi cattolici crediamo che il secondo libro dei Maccabei sia ispirato e canonico quanto la Genesi o il Vangelo di Matteo, e dovremmo trattarlo come tale. Sono tutti Parola di Dio e tutti ugualmente autorevoli.

Il che significa, a proposito, che la Bibbia ha 73 libri, non 66. Tutte le Bibbie con 66 libri sono incomplete, e mancano di parti fondamentali della preziosa Parola di Dio che ci dà la vita.

I cattolici credono da secoli che la Bibbia sia la Parola di Dio, da ben prima dell'esistenza dei protestanti. Ed è proprio questo studio della Parola di Dio che ci ha portati alla dottrina cattolica.

Non voglio incentivare alcuna animosità tra cattolici e protestanti: questo articolo non ha l'intenzione di dimostrare che la Bibbia insegna la dottrina cattolica. Sto solo cercando di aiutare noi cattolici ad avere più chiare le nostre convinzioni.

Dal nostro punto di vista, la Bibbia è del tutto cattolica. Per cui perché non agire coerentemente a questa convinzione?

3) Evangelizzazione

Evangelizzare è una missione che evangelici, mormoni e testimoni di Geova si sforzano di compiere – e a volte sono oggetto di scherno per questo. “Per fortuna che siamo cattolici! Siamo più sofisticati”, dice qualcuno. “Lasciamo che evangelici, mormoni e testimoni di Geova restino con la loro fama di evangelizzatori. In questo mondo moderno e pluralista, non vogliamo essere associati al tentativo permanente di imporre agli altri le nostre convinzioni, no?”

Più o meno. “Imporre agli altri le nostre convinzioni” no, ma manifestarle con totale naturalezza sì. L'evangelizzazione è la missione principale della Chiesa cattolica.

Non mi credete? Leggete il Nuovo Testamento, il Catechismo o la Evangelii gaudium.

Non dobbiamo copiare tutti i metodi degli evangelici, dei mormoni e dei testimoni di Geova, ma noi cattolici dobbiamo credere che la nostra missione è quella di evangelizzare, di trasmettere la buona novella, di viverla, e dobbiamo essere schietti al riguardo: “Noi nella Chiesa cattolica crediamo che tutti abbiano bisogno di conoscere Gesù per salvare la propria anima e che il modo migliore per conoscerlo pienamente sia far parte della Chiesa cattolica, da Lui istituita”.

Tutto il mondo deve sapere esattamente cosa siamo. Se la gente non sa che la salvezza delle anime è la nostra missione, è del tutto disinformata su ciò che è la Chiesa cattolica. Se un cattolico non lo sa o non ci crede, neanche lui sa cosa significhi essere cattolico.

L'evangelizzazione dovrebbe essere il fulcro della predicazione cattolica, delle nostre conversazioni e della vita quotidiana di tutti noi. Non possiamo concepire il cattolicesimo senza evangelizzazione.

E non stiamo copiando l'evangelizzazione da altri. Noi cattolici siamo usciti nel mondo per evangelizzare fin dalla Pentecoste. Abbiamo evangelizzato l'Impero Romano, abbiamo portato il Vangelo in Estremo Oriente. Siamo sempre stati evangelizzatori e dobbiamo esserlo nuovamente.

La “nuova evangelizzazione” inaugurata da Giovanni Paolo II e continuata da Benedetto XVI e da Francesco ha fatto molto per restituire la parola “evangelizzazione” al linguaggio quotidiano dei cattolici.

È un buon inizio. Noi cattolici dobbiamo seguire l'esempio di questi tre papi, farlo nostro e come i santi che ci hanno preceduto riprendere il nostro ruolo di evangelizzatori: divulgatori della buona novella di Gesù.

Brantly Millegan è editore assistente di Aleteia. È anche coeditore di Second Nature e codirettore dell'International Institute for the Study of Technology and Christianity. Sta terminando un M.A. in Teologia presso la St. Paul Seminary School of Divinity e in autunno inizierà a lavorare a un dottorato in Teologia presso la Catholic University of America. Vive con la moglie e i figli a South St. Paul, Minnesota (Stati Uniti). Il suo sito web è brantlymillegan.com.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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