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Chesterton: il contrario del cristianesimo non è l’ateismo, ma la tristezza

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Aleteia - pubblicato il 06/05/14
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Lo scrittore inglese che con stile più personale e originalità ha difeso il cristianesimo e la Chiesa nel XX secolodi Ignacio Pérez Tormo

Per Gilbert K. Chesterton, il cristianesimo è allegria, felicità. Nel cristianesimo si trovano “le danze dei bambini e il vino degli uomini”.

Il contrario del cristianesimo non è l'ateismo, né il paganesimo. Il contrario del cristianesimo è la tristezza.

Chesterton sostiene che l'ateismo e il paganesimo nelle Sacre Scritture sono sempre una buona notizia, perché quei periodi sono finiti sistematicamente nel cristianesimo storico. A suo avviso, tutto deriva dal cristianesimo.

Tutto nel mondo moderno è di origine cristiana, incluso ciò che sembra più anticristiano: “La Rivoluzione francese è di origine cristiana. Il quotidiano è di origine cristiana. Gli anarchici sono di origine cristiana. L'attacco al cristianesimo è di origine cristiana”. Anche le leggi fisiche e la creazione sono di origine cristiana.

L'unica cosa che non è cristiana nel mondo moderno è lo stesso cristianesimo, perché il suo fondatore procede dall'eternità dal Padre ed è nato nel tempo da una donna.

Per questo, la cosa grave non è trovare un ateo o un pagano, che finirà per essere cristiano. Per Chesterton, la cosa realmente grave sarebbe incontrare un cristiano triste.

Gilbert K. Chesterton è lo scrittore inglese che con stile più personale e con maggiore originalità ha difeso il cristianesimo e la Chiesa nel XX secolo.

Le prime simpatie verso la Chiesa di Roma

G. K. Chesterton ha vissuto un processo di conversione relativamente lungo. In gioventù aveva adottato il socialismo marxista, agli albori nel continente ma molto di moda alla fine del XIX secolo tra i giovani dell'Inghilterra, Paese in cui Marx aveva pubblicato “Il capitale”. Ha anche fondato e diretto pubblicazioni anarchiche, cercando risposte perfino in esperienze spiritiste.

Dalle sue opere “Eretici” (1905) e “Ortodossia” (1908), pur non essendosi ancora battezzato, Chesterton si sentiva già cattolico “nel cuore”.

Il suo biografo J. Pierce ha raccolto testimonianze di conversioni di giovani universitari che leggendo le due opere citate si erano convertiti ancor prima che si convertisse il loro autore!

Attrazione per le virtù gioiose, “senza limite”, della Grazia

Le virtù della Grazia sono la parte della relazione dell'uomo con Dio che non è stata intaccata dal peccato originale, perché sono al di là del limite della Creazione, nella trascendenza. Per questo, possiamo trovarle nell'Antico Testamento.

In sintesi, la Chiesa spiega che ci sono tre virtù della Grazia (o teologali): fede, speranza e carità. Gli anglicani intendono che l'uomo si salva solo mediante la fede. Per questo, riconoscono solo la virtù della fede.

Gli anglicani, e anche i filosofi pagani, riconoscono invece delle virtù “umane”. Di fatto, le dovremmo praticare tutti, ma Chesterton non le ritiene affatto attraenti. Per lui, queste virtù hanno un problema grave.

Qual è questo grave inconveniente? Le virtù umane sono noiose. Si tratta di mettere una misura umana alle attività che realizziamo. Mettere un limite umano al mangiare – dice – si chiama “temperanza”. La “giustizia” è dare a ciascuno ciò che gli spetta umanamente…

Per Chesterton le virtù gioiose sono quelle “cristiane”. Richiamava la sua attenzione il fatto che la Chiesa di Roma presentasse un Dio allegro, esuberante, senza limiti.

Amare è perdonare senza limite, o non è amare, scriveva in “Eretici”.

La fede è credere all'incredibile, o non è virtù.

La speranza è sperare contro ogni speranza.

Era questo “senza limite”, questa esuberanza e questa allegria della virtù cristiana, che insegnava solo la Chiesa di Roma, ad attirare il nostro autore. Gilbert K. Chesterton aveva iniziato il suo cammino di conversione.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]