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Commissione tortura: la Santa Sede presenta il suo Rapporto

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AFP PHOTO TIMOTHY A. CLARY

La sede de la ONU en nueva york

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 02/05/14

Il 5 maggio il documento vaticano sarà illustrato presso il Comitato dell’ONU sulla Convenzione contro la Tortura di Ginevra

Sta per alzarsi il sipario su un nuovo atto del confronto, non sempre sereno, tra Santa Sede e Comitato delle Nazioni Unite sulla Convenzione Contro la Tortura (CAT). Il 5 maggio la delegazione vaticana guidata dal nunzio Silvano Tomasi, osservatore permanente presso la sede di Ginevra delle Nazioni Unite, presenterà alla Commissione un nuovo rapporto sul tema della tortura e su altri a questo indirettamente collegati, come quello dell’abuso sui minori, di cui l’organo ginevrino ha deciso di occuparsi attraverso quella che Andrea Tornielli su Vatican Insider definisce “un’attività interpretativa molto estensiva rispetto al testo stesso della Convenzione”.

La signora Felice Gaer (USA) e George Tugushi (Georgia) saranno i relatori che il Comitato ha deputato a muovere le prime osservazioni al Rapporto che Tomasi introdurrà; a queste la delegazione vaticana potrà rispondere nel corso della sessione pomeridiana del giorno successivo, il 6 maggio. Audizioni come questa sono di prassi tra il Comitato e gli Stati che hanno aderito alla Convenzione, nell’ottica di mantenere fluidi i rapporti e il dialogo tra le parti. Da quando la Santa Sede ha aderito alla convenzione nel giugno del 2002, sono stati diversi i Rapporti da essa presentati (ce ne siamo occupati anche su Aleteia), suscitando da parte del Comitato più o meno le stesse accuse, che non hanno mai tenuto conto delle risposte fornite: la Santa Sede limiterebbe la propria competenza a quella territoriale sullo Stato della Città del Vaticano escludendo quella su tutte le istituzioni cattoliche nel mondo; dimostrerebbe una sostanziale incapacità di controllo sulle sue istituzioni a livello globale e sui propri operatori, lasciati liberi di perpetrare crimini sessuali sui minori; sarebbe inadatta, nella sua struttura gerarchica “arcaica” e maschile, a combattere gli abusi sui minori tramite l’istituzione di organismi di controllo; le sue leggi e la sua politica, contrarie all’aborto e alla contraccezione artificiale, contribuirebbero ad accrescere nel mondo “torture psicologiche e fisiche”; attraverso promesse mancate e giustificazioni, manterrebbe i propri archivi inaccessibili alle autorità locali che indagano sui casi di abusi; infine, lo “spostamento dei sacerdoti” colpevoli di abusi su minori continuerebbe ad essere l’unica risposta al problema.

Sulla base di queste accuse, memorie di un passato recente, la delegazione guidata da Tomasi ha approntato una linea di risposta sostenute da cifre e dati, che per ora rimane a livello di bozza. Tuttavia se ne conoscono alcuni contenuti. Innanzitutto, sul tema della competenza territoriale la Santa Sede ricorderà che la sua autorità giuridico-legale si estende solo alla Città del Vaticano, mentre il legame che la unisce al miliardo e più di cattolici sparsi nel mondo è costruito sulla base di una libera adesione individuale ai principi della fede cattolica, e per questo va ritenuto di carattere spirituale: “questo significa che colui che è parte della Chiesa cattolica nel caso di responsabilità penale per atti proibiti dalla CAT è sottoposto alla giurisdizione dello Stato di cui è cittadino o è residente”. (Vatican Insider).

Per quanto riguarda l’accusa di “mancanza di controllo”, la Santa Sede dichiara che il Codice di Diritto Canonica legifera sui doveri e sui diritti sia da un punto di vista legale che da un punto di vista spirituale, e che lo stesso ha inglobato il contenuto della Convenzione dell’ONU a cui essa ha aderito. Inoltre, le misure legali assunte, sia direttamente nel suo ambito nazionale, sia attraverso la propria autorità morale nei confronti delle Conferenze Episcopali e dei vescovi diocesani, hanno comportato, come testimoniano gli ultimi dati forniti dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, una “forte diminuzione dei casi di pedofilia”.

Particolarmente a cuore della Chiesa, poi, è la difesa dalla strumentalizzazione insita nell’accusa di non aver fatto nulla per istituire un sistema di “pesi e contrappesi” contro gli abusi sui minori. Qui la Santa Sede ricorda il rapporto ONU del 2006 sulla violenza sui minori, nel quale si stimava che la cifra di bambini e adolescenti che subiscono forme di violenza è compresa tra 500 milioni e un miliardo e mezzo, e che ciò avviene in larga parte soprattutto negli ambienti familiari e domestici (in 21 paesi tra i più sviluppati la percentuale varia nel 7-36% delle donne, e nel 3-29% degli uomini). Se poi si tiene presente che dal terzo Congresso mondiale sullo sfruttamento sessuale dei minori svoltosi a Rio de Janeiro nel 2008 è emerso che 150 milioni le bambine e 75 milioni i minorenni sotto i 18 anni sono stati costretti ad avere rapporti sessuali forzati, con o senza sfruttamento commerciale, e che ciò è avvenuto nell’ambito di tutti i ceti sociali, di molte categorie professionali e di diverse religioni, si capisce  che “il tentativo di attaccare la Santa Sede, assumendo che la struttura gerarchica della Chiesa crea un certo tipo di "incubatore" per il clero abusivo, è assurdamente illogico e intellettualmente disonesto. Tra le professioni, il clero cattolico ha la più bassa percentuale dei soggetti che perpetrano abusi sessuali su minorenni” . Inoltre, la Santa Sede sottolinea anche che è intervenuta attivamente per rimuovere i sacerdoti colpevoli di abusi, e che ha istituito una Commissione speciale per la protezione dei bambini.

La quarta accusa, quella che riguarda la politica vaticana in fatto di contraccezione e di aborto che costituirebbero la premessa a “torture fisiche e psicologiche”, svela addirittura quello che per la Chiesa è un punto di forza. Rivendicando il diritto alla propria libertà di opinione, infatti, la Santa Sede dichiara che le sue politiche sono dirette ad “evitare, come richiede la Convenzione, che i bambini vengano torturati e uccisi prima di nascere”. A supporto di questa tesi l’European Centre for Law and Justice ha pubblicato un documento che dimostra come in Canada, “622 bambini nati vivi dopo un aborto tra il 2000 e il 2011, e 66 nel Regno Unito nel 2005 sono stati lasciati morire”. (eclj.org)

Circa gli ultimi punti sollevati, oltre ad affermare di aver sempre messo in campo “trasparenza e piena collaborazione con le attività locali”, la Santa Sede puntualizza che contrariamente a quanto avveniva in passato, “attualmente, una persona impiegata dalla Chiesa, credibilmente sospettata di abusi su minori, è immediatamente sospesa dal suo ufficio e dal contatto con questi”. Inoltre, sul tema della remunerazione alle vittime, vale l’esempio degli Stati Uniti: in quel Paese le autorità hanno rilevato 10.667 presunti abusi sui minorenni tra il 1950 e il 2002, e la Chiesa locale ha pagato 572 milioni e mezzo di dollari per spese legali e di trattamento, e più di un miliardo e trecento milioni a compensazione delle vittime.

Nella giornata di oggi, a pochi giorni dall’audizione e al fine di voler rassicurare sulle ottime intenzioni con cui la Santa Sede si prepara all’incontro, Padre lombardi ha rilasciato una nota in cui, oltre a rievocare i passi compiuti dal Vaticano dal momento della sua libera adesione alla Convenzione contro la tortura, rinnova l’augurio “di poter svolgere un dialogo sereno e obiettivo, pertinente al testo delle Convenzioni e alle loro finalità. Altrimenti le Convenzioni vengono snaturate e i Comitati rischiano di perdere autorevolezza e scadere a strumenti di pressione ideologica invece di essere il necessario stimolo verso l’auspicato progresso nella promozione del rispetto dei diritti delle persone umane (Radio Vaticana).

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