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Un’ex guardia svizzera ricorda l’amore per l’umanità di Giovanni Paolo II

john paul ii saint canonization 2 – it

Jeffrey Bruno

Catholic News Agency - pubblicato il 29/04/14

Andreas Widmer riflette sulla gentilezza di papa Wojtyła

La vita di San Giovanni Paolo II è stata caratterizzata da un intenso amore sia per Dio che per la persona umana, ha affermato un’ex membro della Guardia Svizzera che ha aiutato a difendere il pontefice.

“È stato la persona più pienamente umana che abbia mai incontrato”, ha detto alla CNA Andreas Widmer, aggiungendo che pur essendo papa Giovanni Paolo II era “una persona normale”.

Questa normalità riflette l’enfasi del papa sul fatto che tutti sono chiamati alla santità. “Diceva sempre che tutti conosciamo dei santi”, ha commentato Widmer in un’intervista concessa il 16 aprile. “Dio ci ha creati per essere santi e vuole che siamo santi, per cui dovremmo davvero provarci”.

Per Widmer, la canonizzazione di papa Wojtyła “cementa e solidifica il suo ministero”.

San Giovanni Paolo II, papa dal 1978 alla morte nel 2005, è stato canonizzato insieme a papa Giovanni XXIII il 27 aprile 2014, festa della Divina Misericordia.

Widmer è stato membro della Guardia Svizzera Pontificia dal 1986 al 1988. Attualmente è direttore dei Programmi di Imprenditorialità presso la School of Business and Economics della Catholic University of America.

Widmer ha confessato che quando ha iniziato a servire nella Guardia Svizzera non aveva alcun interesse particolare per il suo “capo”, al di là del fatto che era “la persona che stavamo proteggendo”.

“Non avevo alcun timore reverenziale nei suoi confronti”, ha spiegato. “Mi approcciavo a lui come a chiunque altro. Non avevo alcun pregiudizio a suo favore o contro di lui”.

Nel corso del tempo, tuttavia, Widmer è cresciuto nella fede ed è arrivato a capire meglio il ministero del papa, constatando in prima persona il segno che Giovanni Paolo II stava lasciando nel mondo.

Pur non avendo mai viaggiato con il pontefice, Widmer ha visto l’effetto dei suoi viaggi in 129 Paesi nel corso del suo lungo pontificato – un tratto caratteristico del suo papato che ricordava i viaggi dei primi papi “nel mondo allora conosciuto”.

Quei viaggi sono stati un esempio di “evangelizzazione nel vero senso del termine: stiamo portando Cristo al mondo”, ha detto Widmer, suggerendo che “è più facile portarlo lì” che portare milioni di pellegrini in Vaticano.

Con i suoi viaggi, il papa “si è reso accessibile” e “ha ridefinito il pontificato” in termini di accessibilità, ha proseguito l’ex guardia svizzera. Un secolo fa, ha osservato, la maggior parte della gente in tutto il mondo non sarebbe stata capace di riconoscere il papa vedendone una fotografia. “Ora si può, e in piccola parte è dovuto ai suoi viaggi”.

Le visite di Giovanni Paolo II lo hanno anche aiutato a diffondere lezioni importanti, ha detto Widmer. “Sapeva come infondere potere morale ai suoi viaggi”.

“Spesso i Governi volevano usarlo come marchio di approvazione, ma si ritorceva contro di loro”. “Si assicurava di scegliere posti a cui voleva dare visibilità”, e ci teneva a “dire cose davvero forti”, facendo dichiarazioni morali basate sull’insegnamento della Chiesa piuttosto che cooperare con i desideri politici di un Paese.

Papa Giovanni Paolo II ha visitato numerosi Paesi di quello che era il Blocco sovietico, inclusa la Polonia natale. Nella scelta dei luoghi da visitare e interagendo con i leader sovietici, il papa “era scaltro”, ma anche “sinceramente affabile”.

È “molto difficile” combattere qualcuno che è veramente gentile, ha indicato, affermando che l’amore e il sostegno del papa “per la persona umana” – compresi gli stessi leader comunisti – hanno reso difficile per i funzionari degli Stati sovietici non lavorare accanto al pontefice.

“Non li ha combattuti perché li odiava, perché non gli piacevano. Non ha combattuto il comunismo – ha lottato per qualcosa, non contro qualcosa. Ha lottato per la verità e per la dignità della persona umana”.

Se il papa lavorava con i leader occidentali per aiutare a promuovere un cambiamento nei Paesi dell’est europeo, questi avevano “ragioni diverse per ciò che facevano”, e lavoravano per obiettivi differenti, ha dichiarato Widmer.

Se leader occidentali come il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il Primo Ministro britannico Margaret Thatcher lavoravano per porre fine al comunismo in sé, papa Giovanni Paolo II aveva un obiettivo più ampio.

“È troppo semplicistico dire che ha combattuto il comunismo, perché non lo ha fatto: ha combattuto l’ateismo e il consumismo”.

È per questo che il papa non si è fermato quando il potere comunista è crollato in Europa dell’Est, ha aggiunto Widmer. Piuttosto, ha continuato a combattere l’ateismo e il materialismo per come si manifestavano in tutto il mondo in altre ideologie, soprattutto il consumismo.

Entrambe le ideologie, il comunismo e il consumismo, “dicono ‘Non c’è una verità: la verità è che sei ciò che hai’”, e per Giovanni Paolo II queste due ideologie erano “due facce della stessa medaglia materialistica”.

È quindi sbagliato “guardare a questo come a una lotta del comunismo contro il capitalismo”. Per San Giovanni Paolo II, invece, “si trattava dell’amore per l’umanità contro l’odio per l’umanità”.

“Quella lotta si combatte anche oggi nella nostra società come accadeva allora nella Russia sovietica”.

Papa Giovanni Paolo II, ha continuato Widmer, ha approcciato il suo pontificato con un forte senso di missione, in parte a causa del tentato omicidio del 1981. Sopravvivere al tentativo di ucciderlo di un tiratore ben addestrato “non è stato altro che un miracolo”, e il papa “lo ha capito e ha saputo che aveva una missione da realizzare”.

“Sapeva che avrebbe dovuto portare la Chiesa nel nuovo millennio”.

In retrospettiva, Giovanni Paolo II è stato “un uomo che non sembrava probabile potesse cambiare il mondo”, ha detto Widmer, osservando che un “poeta timido”, un orfano “che veniva dalla periferia” della Polonia “si è rivelato uno dei più grandi leader del XX secolo”.

In questo modo, la vita e l’eredità di San Giovanni Paolo II ci insegnano una grande lezione: “se permettiamo a noi stessi di perseguire l’eccellenza che Dio ha in serbo per noi, allora il limite è il cielo”.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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