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Molte denunce contro Giovanni Paolo II, più sentimento che ragione

2003: Pope John Paul II speaks during his call for peace during the Angelus – it

© Catholic Press Photo

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Jaime Septién - Aleteia - pubblicato il 29/04/14

Conversazione con il filosofo messicano Rodrigo Guerra López (Parte I)

A seguito della canonizzazione di Giovanni Paolo II questa domenica a Roma, Aleteia ha voluto ascoltare l’opinione di uno dei più profondi conoscitori del pensiero e dell’opera sia filosofica che sociale e pastorale di Karol Wojtyła: il filosofo messicano Rodrigo Guerra López. 

In questa prima parte dell’intervista, si affronta l’importanza per il mondo moderno della canonizzazione di papa Wojtyła e della croce che ha dovuto caricarsi per denunce dolorose di abusi nella Chiesa, denunce che egli non ha coperto.

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Giovanni Paolo II è morto nove anni fa, e ora è stato canonizzato. Cosa significa questo evento nel contesto globale attuale?

Il momento presente ha un profilo complesso: da un alto esistono tensioni estremamente dolorose in Paesi come l’Ucraina, il Venezuela o il Messico, che mostrano la mancanza di maturazione di processi sociali e politici che rispondano alla dignità della persona umana e alla sua legittima sovranità culturale.

L’ideologia – qualunque essa sia – tende a soffocare l’esperienza umana elementare, ovvero l’insieme di evidenze che il cuore possiede e che lo spingono a cercare la verità, la bontà, la bellezza e la giustizia. Siamo in un momento caratterizzato dall’affermazione di un certo pensiero unico che privilegia i centri di potere politico ed economico e disprezza le periferie.

Dall’altro lato, si estende in tutti i settori una nuova sensibilità a favore dei diritti umani, dell’ambiente sano, del riconoscimento della multiculturalità delle comunità e della dignità dei più poveri. Nei luoghi più diversi, come Buenos Aires, L’Avana, Barcellona, Vienna, Cracovia, Dubrovnik, Mosca o Pechino, troviamo uomini e donne desiderosi di trovare risposte vere alle domande più radicali, quelle che definiscono l’esistenza umana.

In questo contesto, la canonizzazione di Giovanni Paolo II non poteva essere più provvidenziale. Proprio lui, con grande anticipo, ha visto il profilo della nuova cultura emergente e ha avuto il coraggio di proclamare che la verità dell’uomo che incontriamo in Cristo può rispondere ancora una volta alle sfide del cuore umano e a quelle del momento presente.

Sembrerebbe che lei insinui una dimensione perenne del pensiero e della testimonianza di Giovanni Paolo II…

In effetti, ogni santo possiede un contesto che spiega in parte la sua vita, la sua risposta alla grazia e il modo in cui si sviluppa la sua personalità umana e cristiana. In Giovanni Paolo II, tutto ciò è accompagnato da una dimensione che trascende di molto l’orizzonte storico nel quale si è inserito.

Pensiamo per un momento al suo insegnamento come pontefice. Possiede un tale livello sapienziale e una tale organicità da essere paragonabile solo ai Padri e ai Dottori della Chiesa che contribuiscono in modo singolare e permanente a comprendere le virtualità del dato rivelato e la struttura del mondo.

Le critiche alla canonizzazione di Giovanni Paolo II non si sono fatte attendere. Alcuni pensano che la controversia sul modo in cui la Chiesa ha affrontato i casi di abusi sessuali in varie parti del mondo sarebbe stata una ragione sufficiente per essere più cauti nello sforzo di portarlo agli altari. Cosa ne pensa?

Il dolore e l’indignazione provocati dai casi di abuso sessuale da parte del clero sono molto grandi. E pesa anche la documentazione che è stata pubblicata mostrando silenzi e complicità. Tutto questo, però, non solo non ha fornito una prova inconfutabile di una possibile complicità pontificia in questi gravi crimini, ma ha permesso di mostrare che lo stesso papa Giovanni Paolo II, man mano che negli ultimi anni della sua vita prendeva consapevolezza del problema, ha promosso una ferma politica di “tolleranza zero” continuata poi da Benedetto XVI e da Francesco.

Sono convinto che molte denunce contro Giovanni Paolo II siano più frutto dei sentimenti derivanti dal dolore che dell’uso rigoroso e imparziale della ragione. È molto facile appassionarsi e disorientarsi su questi temi.

Dall’altro lato, è importante essere molto prudenti al momento di giudicare. Le carenze di alcuni approcci non devono eclissare la parte di verità che potrebbe trovarsi tra le righe. Anche così, e stando ai fatti, non si può pensare che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI abbiano coperto questi crimini.

Sembrerebbe che Giovanni Paolo II continui ad essere caricato di una pesante croce anche dopo la morte, non crede?

Quello che dice è davvero profondo. San Paolo diceva che egli completava nella propria carne ciò che mancava alle sofferenze di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa. Oggi papa Giovanni Paolo II viene caricato in certi ambienti di colpe che non ha commesso. In un certo senso, tutta la sua vita si è preparata a questo. Tutti i venerdì, anche durante i suoi intensi viaggi apostolici, realizzava la Via Crucis.

Il giorno prima di morire, verso le 10 del mattino, ha cercato di dire qualcosa agli amici che lo circondavano senza però che questi riuscissero a capirlo. Gli hanno portato un foglio e una penna. Il papa ha scritto che visto che era venerdì desiderava fare il cammino della croce. Una suora lo ha letto a voce alta, mentre lui, con grande sforzo, si faceva il segno della croce ogni volta che iniziava una stazione. Accompagnare Gesù sulla via della croce è disporsi anche a sopportare la propria.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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