Due “attivisti della dignità umana” che avevano molte cose in comune
di Rafael Navarro-Valls
Nel corso della sua lunga storia, la Chiesa ha proclamato diecimila santi e beati. Mai due papi insieme. Mai canonizzati da un papa regnante alla presenza di un papa emerito. Se la prima enciclica dell’attuale papa Francesco è stata, come ha detto lui stesso, “scritta a quattro mani” (le sue e quelle di Benedetto XVI), l’imponente cerimonia di questa domenica ha avuto come protagonisti quattro papi, a “otto mani”, ed è stata in tre dimensioni, con una flotta di 36 satelliti che trasmettevano nel mondo intero. Si calcola che vi abbiano assistito duemila milioni di persone e sia stata ascoltata via radio in 40 lingue.
I riflettori di tutto il pianeta puntavano su Piazza San Pietro, inquadrando due papi rivoluzionari, anche se molto diversi. Giovanni XXIII era originario di un piccolo paese italiano, Sotto il Monte, Giovanni Paolo II era nato a Wadowice (Polonia) – il primo papa straniero dopo 455 anni. Giovanni XXIII è stato eletto in un conclave di 50 cardinali, il papa polacco in uno di 111. La visita di papa Giovanni a Loreto e ad Assisi, alla vigilia del Concilio Vaticano II, è durata meno di un giorno e ha suscitato l’entusiasmo dei fedeli; dal 1870 era il primo papa a uscire dal Lazio. Papa Wojtyła si è recato in 145 Paesi, con oltre 150 viaggi in Italia. Giovanni XXIII ha occupato il soglio pontificio per 5 anni, Giovanni Paolo II per quasi 27. Papa Roncalli è stato eletto a 77 anni, Karol Wojtyła a 58.
Coincidenze tra i due pontefici
Ciò che li univa questa domenica, tuttavia, non erano le loro differenze, ma i punti in comune. Entrambi avevano difetti, ma hanno lottato contro di essi; entrambi hanno aumentato con uno sforzo tenace le proprie virtù e hanno cercato di indirizzare verso Dio le azioni di pontificati pieni di successi. Quello che papa Francesco ha proclamato questa domenica è che questi due papi “rivoluzionari” nella storia della Chiesa lo sono stati più per la loro santità che per la loro attività. Più per il loro amore per Dio e per il prossimo che per quello che hanno realizzato. Il che non vuol dire che questo non sia stato importante. Sono “rivoluzionari” anche perché lo è stata la loro attività.
Parliamo di punti in comune. Uno interessante è il fatto che entrambi sono stati proposti per la canonizzazione “subito”. Alla morte di Giovanni Paolo II c’è stato un ampio movimento per proclamarlo “santo subito”. Prima dell’inizio del conclave, molti cardinali hanno firmato una richiesta in questo senso. Eletto Benedetto XVI, sono stati gli stessi cardinali a suggerirglielo. Papa Ratzinger ha preferito non saltare il processo di beatificazione, ma lo ha avviato prima che passassero i cinque anni previsti dalla morte. La sua consegna agli incaricati è stata “Fate presto ma fate bene”.
Meno noto è il fatto che dopo la morte di Giovanni XXIII nel Concilio Vaticano iniziò ad affermarsi un movimento consistente per canonizzarlo per acclamazione. Si trattava di chiedere a Paolo VI che concedesse all’assemblea conciliare il potere di proclamare – naturalmente in unione con il papa – Giovanni XXIII come modello di santità al tempo nuovo e antico, da presentarsi a tutti come presenza operativa di Dio nel mondo. Paolo VI – come avrebbe fatto anni dopo Benedetto XVI – ha preferito aprire immediatamente il processo di beatificazione, insieme a quello di Pio XII, ma seguendo l’iter abituale.
Preghiera e serenità
Entrambi erano veri esempi di serenità davanti alle difficoltà. Giovanni XXIII raccontava con umorismo che dopo l’elezione al pontificato aveva difficoltà a dormire per le troppe preoccupazioni. Una notte, riferiva, il suo angelo custode gli aveva detto: “Angelo, credo che non dovresti prenderti tanto sul serio”. Da allora, Roncalli confessava di dormire “come un sasso”.