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I due papi santi in 120 immagini

the exhibition “The humility and courage that changed history” dedicated to late Popes John XXIII and John Paul II at the Vatican Museum – it

AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE

CITE DU VATICAN, Vatican City : A woman speaks on the phone as she visits the exhibition "The humility and courage that changed history" dedicated to late Popes John XXIII and John Paul II at the Vatican Museum on April 25, 2014. The exhibition illustrates through photographs and several videos the pontificates of John XXIII and John Paul II ahead of their canonisation on April 27, 2014. AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE

Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 28/04/14

Inaugurata ai Musei vaticani la mostra fotografica "L'umiltà e il coraggio che hanno cambiato la storia"

Ci sono le foto in bianco e nero di Giovanni XXIII con i piccoli pazienti dell’Ospedale Bambino Gesù o mentre benedice le folle e quelle dell’apertura dei lavori del Concilio Vaticano II, intensamente evocative di una stagione determinante della vita della Chiesa. E poi ci sono le foto a colori che abbiamo ancora negli occhi della memoria più recente di Giovanni Paolo II fermo sulla neve dell’Adamello o con il copricapo indiano alla Gmg di Denver o tra la folla entusiasta nello stadio di Rio de Janeiro. La mostra fotografica "L’umiltà e il coraggio che hanno cambiato la storia. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II" curata da Paola Di Gianmaria, responsabile della Fototeca dei Musei vaticani e Arturo Mari, fotografo ufficiale di Giovanni Paolo II e inaugurata in occasione della canonizzazione dei due santi pontefici, offre al pubblico dei Musei vaticani – che potrà visitarla fino al prossimo 19 luglio – la possibilità di cogliere attraverso 120 scatti il fluire rapido dei tempi di profonde trasformazioni nei quali i due pontefici hanno lasciato, con determinazione e mitezza evangelica, un segno di amore per la Chiesa e per l’umanità. Aleteia ne ha parlato con il direttore dei Musei vaticani, Antonio Paolucci.

Perchè questa mostra?

Paolucci: L’occasione è la canonizzazione dei due santi papi, un evento storico che difficilmente potrà ripetersi. I Musei vaticani non potevamo non esserci ma abbiamo cercato di scansare ogni riscgio di trionfalismo così come di devozionismo. Attraverso le foto dell’Osservatore romano ai quali si unisce la visione di alcuni documentari della Filmoteca vaticana e del Centro televisivo vaticano e di un filmato inedito su Papa Wojtyla, abbiamo cercato di raccontare non solo due Papi ma anche il Novecento, il secolo breve che entrambi hanno attraversato vedendone gli orrori ma anche gli entusiasmi e la commozione. Sono sicuro che la mostra fotografica potrà far capire al popolo dei musei vaticani i caratteri di umiltà e coraggio che costituivano il tratto comune dei due pontefici.

In che cosa consistono?

Paolucci: L’umiltà non è l’atteggiamento di chi rinuncia nè di chi assume una disposizione marginale, ma è virtù eroica, quella stessa che spinse Roncalli ad indire il Concilio nell’ascolto docile di quanto suggeriva lo Spirito. E questo è il coraggio che vince la prudenza umana. Lo stesso che ha contraddistinto Giovanni Paolo II nella sua azione di sacerdote e vescovo che ha fronteggiato nazismo e comunismo e poi, da papa, come interlocutore dei Grandi della Terra. In questo senso, coraggio sarebbe meglio chiamarlo "fortitudo" che, insieme alla giustizia, alla temperanza e alla prudenza, è una delle quattro virtù cardinali e non esiste senza le altre.

Quale rapporto hanno avuto i due pontefici con l’arte?

Paolucci: Roncalli era amico e compaesano di Manzù, bergamasco come lui; esistono capolavori di Manzù che sono stati voluti da Giovanni XXIII: basta pensare ai padri conciliari immortalati nel bronzo delle porte della basilica di S. Pietro. Si conobbero nel 1956 a Venezia e tra loro ci fu un rapporto oltre quello tra artista e papa, ma anche tra due uomini che erano vicini alla cultura del loro tempo, un vero rapporto d’amicizia. Così l’arte contemporanea si affacciò in Vaticano la prima volta.

E Giovanni Paolo II?

Paolucci: Wojtyla da polacco, quindi appartenente alla cultura slava, amava l’arte dell’Oriente cristiano e le opere bizantino. La cappella Redemptoris mater in Vaticano è una specie di rivisitazione della stile primitivo ortodosso bizantino. Ogni papa è immerso nella storia e nella cultura del suo tempo.


Quale rapporto hanno avuto con i Musei vaticani?

Paolucci: Dipende anche dal carattere e dalla predisposizione personale: ci sono stati pontefici molto sensibili come Leone X o Giulio II che ha voluto chiamare a Roma prima Michelangelo e poi Raffaello e altri papi decisamente meno interessati all’arte, specie nel passato. Io sono arrivato ai Musei quando il pontefice era Benedetto XVI, un uomo che ha letto tutti i libri e visitato tutti i musei e sa quanto e più di me di arte antica e moderna. Quando stavamo restaurando la Cappella paolina, Ratzinger è venuto tre volte sui ponteggi a seguire i progressi dei restauri informandosi di tutti i particolari. Mi faceva venire in mente Giulio II della Rovere e le sue visite alla Cappella Sistina dove Michelangelo sui ponteggi stava dipingendo i suoi capolavori. Anche papa Montini, Paolo VI, amava e conosceva bene l’arte. Da nunzio a Parigi, negli anni ’30, aveva conosciuto le avanguardie e artisti come Cocteau e Picasso. E’ stato lui a volere la sezione di Arte moderna dei Musei vaticani che è nata nel 1973 ed è stato lui, per primo, ad interrogarsi sul "divorzio" tra Chiesa e arte in epoca moderna. Un’attenzione poi ripresa da Benedetto XVI.

E papa Francesco?

Paolucci: Bergoglio non è ancora venuto. Ha molto da fare in questo momento ma non dubito che verrà e sarà mia fortuna e privilegio mostrare i Musei vaticani al papa venuto dalla fine del mondo.

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