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Giovanni Paolo II, una roccia di preghiera immersa in Dio

Juan Pablo II rezando – it

©gales_lau

Mirko Testa - Aleteia - pubblicato il 26/04/14

Durante la messa, nella cappella privata, si poteva sentirlo parlare a voce alta con il Signore

La preghiera è la chiave per capire la personalità di Karol Wojtyla, per penetrare il suo lato mistico. Sin da giovane, infatti, il futuro papa ha improntato tutto il suo cammino spirituale e la sua azione pastorale proprio all’incontro quotidiano con Gesù Cristo, in cui si immergeva completamente, fino quasi a scomparire al mondo. A ricordarlo è il cardinale Stanislaw Dziwisz che conobbe Wojtyla in seminario a diciotto anni ed ebbe il privilegio di stare accanto a lui per 40 anni, ricevendo dalle sue mani il sacramento del sacerdozio.

Già da cardinale, ricorda Dziwisz nel volume “Accanto a Giovanni Paolo II” (Edizioni Ares), Wojtyla traeva sempre ispirazione in tutte le sue iniziative dalla preghiera: “La preghiera era il centro della sua vita, solo apparentemente frenetica”. Infatti, nella cappella dell’arcivescovato a Cracovia aveva fatto sistemare un tavolino con una lampada e delle carte che usava come scrivania per preparare testi, discorsi, articoli, libri. La preghiera s’intrecciava con il lavoro creativo e diventavano una cosa sola. Lo stesso accadeva durante i lunghi viaggi in auto, durante i quali pregava e scriveva. Il programma quotidiano comprendeva sempre la Liturgia delle Ore e le preghiere tradizionali, come il rosario, le litanie al Sacro Cuore di Gesù, le litanie lauretane, oltre alle funzioni come la Via Crucis. E mantenne questo programma persino in Vaticano.

Sempre l’ex segretario di Giovanni Paolo II aveva raccontato in “Una vita con Karol” (Rizzoli) che coloro che partecipavano alla messa mattutina del pontefice “trovavano spesso il papa in ginocchio che pregava a occhi chiusi, in uno stato di abbandono totale, quasi di estasi, senza nemmeno accorgersi di chi entrava. ‘Dava l’impressione’ notò più di qualcuno ‘che stesse parlando con l’Invisibile’”.

Una notizia confermata anche da mons. Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Wojtyla, che sul “Corriere della Sera” del 3 aprile 2008 disse: “poteva capitare che lo si sentisse parlare durante la sua preghiera e da un’altra stanza o dal corridoio si poteva pensare che stesse conversando con qualcuno, invece parlava ad alta voce con il Signore, cioè dialogava con Dio come appunto è attestato nella vita di tanti mistici”.

Il cardinale Andrezej Deskur, che fu grande amico di Wojtyla sin dai tempi del seminario, una volta rivelò ad Antonio Socci, che il giovane Karol aveva ricevuto “il dono della preghiera infusa” che significa “lasciare che lo Spirito intervenendo ti guidi…con apparizioni o con locuzioni interiori”nel 1946, l’anno della sua ordinazione sacerdotale (cfr. “I segreti di Karol Wojtyla”, Rizzoli).

Ma ascoltiamo dalla viva voce del cardinale Dziwisz come pregava Giovanni Paolo II.

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