Dove finisce l’Europa?
Davanti ai capovolgimenti culturali di cui siamo testimoni sempre più spesso capita di sentire domandare «Dove andremo a finire?», laddove del futuro non si sa dire molto di preciso se non la vaga percezione che si preparino tempi pesanti.
Ebbene, oggi abbiamo la possibilità di avere un’immagine più chiara del nostro futuro: basta dare un’occhiata in Inghilterra e ripensare alle parole profetiche del cardinale Giacomo Biffi di venticinque anni fa.
Cosa succede dunque in Inghilterra? Cominciamo dal primo fatto: il premier David Cameron nei giorni scorsi ha scritto una lettera al The Church Times, settimanale anglicano, definendo l’Inghilterra «un paese cristiano» e sottolineando l’importanza che la fede cristiana ha avuto per lo sviluppo dell’Inghilterra stessa. Cameron ha arricchito la lettera di ricordi personali legati alla Chiesa (anglicana), ma centro della lettera era soprattutto sottolineare che la fede è stata «la forza trainante dietro alcuni dei principali progetti sociali del nostro paese», e che quindi bisogna valorizzare maggiormente le organizzazioni sociali ispirate dalla fede. Affermazioni tutto sommato ovvie e perfino banali, e anche vagamente ruffiane da parte di un primo ministro che solo poche settimane prima si era speso per l’approvazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso, questione che ha spaccato la Chiesa anglicana. Non a caso nella lettera non ha mai toccato il tema della famiglia, che pure – come qualche commentatore ha fatto notare – con la civiltà cristiana qualcosa c’entra.
Eppure sono bastate quelle poche parole per provocare una reazione durissima da parte di 55 intellettuali che hanno scritto una lettera ai quotidiani nazionali per stigmatizzare le affermazioni di Cameron. A sentire loro pare che non si possa più parlare di Inghilterra come paese cristiano, è addirittura uno scandalo, mancanza di rispetto per le culture e religioni diverse che popolano ormai l’Inghilterra: con queste dichiarazioni il primo ministro diventa «divisivo» e «settario». A dare forza a queste affermazioni il fatto che all’ultimo censimento gli inglesi che si definivano cristiani erano scesi al 59% contro il 72 di dieci anni prima, senza considerare che la frequenza nelle chiese, soprattutto anglicane, è ormai minima.
In effetti Cameron non aveva fatto riferimento alla necessità di partecipare alle funzioni in chiesa, quanto a una più generica impronta cristiana che sicuramente «fa la differenza» nella società.
Non sorprenderà sapere che tra i 55 firmatari della lettera di accusa a Cameron non c’è neanche un islamico, un indù, un sikh o qualsivoglia appartenente a religione non cristiana. E’ la solita menata di laicisti sedicenti atei che sono soprattutto anti-cristiani, ma i cui argomenti oggi sono penetrati nella società e sono condivisi da una fetta sempre crescente di popolazione che ormai possiamo definire post-cristiana.
Ma proprio nei giorni in cui si discute se la civiltà cristiana vada abbandonata solo nei fatti, oppure anche a parole, da qualche altra parte in Inghilterra spunta qualcosa di nuovo. Ci sono infatti indagini in corso perché nell’area di Birmingham gruppi fondamentalisti islamici sono accusati di aver preso il controllo di almeno 18 scuole statali imponendo silenziosamente gli insegnamenti coranici e discriminando ovviamente non islamici e femmine. Si parla di aree a forte immigrazione, dove gli studenti islamici sono ormai maggioranza e in alcune scuole sono addirittura il 100%. Ma il caso di Birmingham è particolare perché si tratta di un’azione ben studiata da parte di gruppi radicali islamici che in questo modo intendono promuovere l’insegnamento del fondamentalismo. Almeno in una scuola, ad esempio, è stato invitato a parlare un predicatore vicino ad al-Qaeda il cui piatto forte è l’antisemitismo.
Ora sulla vicenda sta indagando anche l’anti-terrorismo oltre al ministero dell’Educazione, ma è chiaro che questa è solo la punta di un iceberg in un paese dove gli islamici sono in totale il 5%, percentuale che supera però il 10% nella popolazione in età scolare. E soprattutto in un paese dove è già stata accettata la giurisdizione dei tribunali islamici per alcune contese, e dove – come abbiamo visto – ci sono influenti personaggi di provenienza cristiana che combattono perché ogni segno del cristianesimo sparisca dalla vita pubblica.
C’è anche da essere certi che quanto sta accadendo pubblicamente in Inghilterra è realtà anche in altri paesi europei, Francia e Germania tanto per cominciare. Il domani è già iniziato, ed è qui che entra in gioco la “profezia” dell’arcivescovo emerito di Bologna, il cardinale Giacomo Biffi, di cui vale la pena rimeditare alcune parole pronunciate all’interno di un famoso discorso nel 2000 dedicato all’immigrazione, parole che riprendeva da un intervento fatto dieci anni prima. Ecco dunque cosa diceva il cardinale Biffi:
«Io penso che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la "cultura del niente", della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa "cultura del niente" (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam, che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».
E proseguiva:
«Purtroppo né i "laici" né i "cattolici" pare si siano finora resi conto del dramma che si sta profilando. I "laici", osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l’ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi. I "cattolici", lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta e sostituendo all’ansia apostolica il puro e semplice dialogo a ogni costo, inconsciamente preparano (umanamente parlando) la propria estinzione. La speranza è che la gravità della situazione possa a un certo momento portare a un efficace risveglio sia della ragione sia dell’antica fede».
Parole di estrema attualità, ma non pare che «la gravità della situazione» per il momento stia risvegliando alcuno. E guai neanche a dirlo: saremmo subito tacciati per coloro che non sanno vivere senza un nemico o – peggio – che vogliono far rivivere il malsano spirito delle Crociate.