A 20 anni dalla morte il ricordo di un uomo attaccato alla fede: “Nulla mi può separare dall’amore di Dio”A quasi 20 anni dalla morte di Ayrton Senna, La Voce di Romagna del 17 aprile, ricorda con commozione il campione brasiliano. Dall’esterno un personaggio ancora oggi indecifrabile ma, nell’intimo, ricco di una fede silenziosa e molto riservata. Una fede testimoniata ancora oggi sulla sua lapide: “Nulla mi può separare dall’amore di Dio”, a testimonianza di un uomo che non aveva paura di correre, ma nemmeno di credere.
La tragedia del Tamburello
Siamo al 7° giro del Gp di San Marino del 1 maggio 1994, circuito di Imola, ore 14:17. Ayrton Senna è in testa alla gara, imbocca la curva del Tamburello ai 240 km/h quando il piantone del volante della sua Williams FW16 cede di schianto. L’impatto contro il muro, violentissimo, è inevitabile.
Angelo Orsi, fotografo, si precipitò sul luogo dell’incidente. Ma quelle foto non usciranno mai da un cassetto perchè – disse – “non si riconosce Ayrton che veniva a casa mia a San Lazzaro e che io andavo a trovare in Brasile”. A bordo pista perse tre litri di sangue, la frattura del cranio (ben visibile al lato destro della fronte) lasciò subito poche speranze. Fu trasportato a Bologna in elicottero dove, alle 18:40, morì. Aveva 34 anni.
Numeri da fuoriclasse
Per molti Ayrton Senna è stato uno dei più grandi piloti di Formula 1, se non il più grande. Aveva tutto per farsi voler bene e per scatenare la passione dei fans dei motori. Una classe innata che, fin dagli esordi del 1984 su Toleman-Hart, diede grandi risultati. Dopo la Toleman alcuni anni alla Lotus, su quella memorabile macchina nera che affascinava tutti. Poi fu la McLaren dove vinse alla grande, infine, per un ultimo tragico anno, la Williams. Alla fine ha collezionato tre titoli mondiali, 161 Gp vinti e 65 pole position.
L’ultima sera di Ayrton
A Castel S.Pietro Senna era solito soggiornare quando il circus della F1 faceva tappa ad Imola, sulle rive del Sillaro dormiva alla suite 200 di un noto albergo della zona. Su quell’ultima notte il giornalista Giorgio Teruzzi ha fatto un libro che viene presentato proprio in questi giorni, dopo vent’anni da quel tragico 1 maggio.
Quella sera prima della corsa Senna era andato a mangiare al ristornate “La Romagnola” e poi aveva dormito alla sua suite. Probabilmente non fu una notte molto tranquilla perchè quel GP pareva stregato.
Durante le prove libere del venerdì la Jordan di Rubens Barrichello prese il volo ribaltandosi più volte. Sabato, durante le qualifiche, il pilota austriaco Ratzenberger perse la vita schiantandosi con la sua Simtec a oltre 300 km/h. Senna rinunciò alle prove, ma la domenica scese in pista perchè “correre è il mio mestiere”. E Ayrton non aveva paura di correre.
Un carisma unico
Ayrton era un brasiliano, un uomo carismatico che portava con sé la gioia e la saudade, timido e coraggioso al tempo stesso. Prima della partenza di quel tragico Gp il suo amico Celso Frattini però lo trovò particolarmente pensieroso. Chissà quali sentimenti attraversarono l’anima di Senna in quel sabato notte alla suite 200 sulle rive del Sillaro.
Il senso del limite e la fede
Una volta disse: “Le cose ti riportano alla realtà di quanto tu sia fragile; ad un certo momento tu stai facendo qualcosa che nessun altro è capace di fare. In quello stesso momento sei visto come il migliore, il più veloce, ma sei enormemente fragile. Perchè in un piccolo secondo, è tutto finito.”
Questo senso del limite in qualche modo lo colmava con la fede in Dio. Mai nascosta, né ostentata. Per questo Alain Prost, l’eterno rivale, lo bollò in modo cinico: “Ayrton pensa di non poter morire perchè crede in Dio”.
Senna riposa al cimitero di Morumby, nella zona ovest di San Paolo del Brasile, la sua tomba è la numero 11. Sulla lapide sta scritto: “Nulla mi può separare dall’amore di Dio”, a testimonianza di un uomo che non aveva paura di correre, ma nemmeno di credere.
In un certo senso Prost aveva ragione, Senna sapeva che con la vita non tutto finisce. Perchè credeva in Gesù Cristo.
Tanta acqua è passata sotto i ponti dei fiumi Santerno e Sillaro in questi venti anni, e forse è questa la lezione più importante che ha lasciato Senna. Perchè “in un piccolo secondo tutto è finito” e solo in Dio si può trovare il vero senso della vita.