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Giovanni Paolo II, indispensabile per il crollo dell’Unione Sovietica

John Paul II A Man Indispensable to the Fall of the Soviet Union AP Photo Bob Daugherty – it

AP Photo/Bob Daugherty

Catholic News Agency - pubblicato il 22/04/14

Le azioni del papa polacco sono state decisive per il collasso del comunismo russo

Il ruolo chiave del beato Giovanni Paolo II nel collasso dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia può essere attribuito alla sua visione dell’essere umano, guidata dal personalismo e dalla fede cattolica.

Le basi per il suo ruolo come Vicario di Cristo nel crollo del comunismo sovietico sono state gettate dai suoi predecessori, soprattutto il beato Giovanni XXIII. Entrambi verranno canonizzati il 27 aprile.

I primi scambi tra il Vaticano e Mosca dal 1917 avvennero in occasione dell’80° compleanno di papa Giovanni XXIII, e la linea di comunicazione aperta in questo modo permise a Paolo VI di perseguire la Ostpolitik, dialogando con i funzionari dietro la Cortina di Ferro per migliorare le condizioni dei cristiani che vivevano nei Paesi interessati.

Fondamentale nella politica di Giovanni Paolo II nei confronti del Patto di Varsavia fu il cardinale Agostino Casaroli, suo segretario di Stato dal 1979 al 1990. Il cardinal Casaroli aveva rappresentato la Santa Sede nei negoziati con i Governi comunisti di Ungheria, Yugoslavia e Cecoslovacchia.

Il beato Giovanni Paolo II venne ordinato sacerdote dell’arcidiocesi di Cracovia nel 1946, poco dopo che in Polonia si era insediato un Governo comunista sostenuto dai sovietici. Padre Wojtyła era contrario allo scontro, e promosse la libertà religiosa e il cristianesimo.

Come arcivescovo di Cracovia, partecipò al Concilio Vaticano II e guidò in modo efficace i vescovi polacchi nella revisione di quella che divenne la dichiarazione del Concilio sulla libertà religiosa, la Dignitatis humanae – una questione che suscitava grande preoccupazione tra i pastori che vivevano sotto i Governi comunisti.

“È indubbio”, ha scritto padre Andrzej Dobrzynski, direttore del Centro della Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II , in un articolo pubblicato in un numero del 2013 di Communio, che la Dignitatis humanae “ha dato alla Chiesa dietro la Cortina di Ferro una potente risorsa per operare in una situazione politica complessa, e Karol Wojtyła ha tratto pieno vantaggio da questa situazione”.

Wojtyła evitò la critica diretta del Governo comunista polacco, ma lavorò per creare nuove parrocchie nella sua arcidiocesi e organizzare processioni.

Nel 1977, dopo 20 anni di sforzi, riuscì a consacrare una nuova parrocchia a Nowa Huta, un sobborgo di Cracovia che doveva diventare un “paradiso dei lavoratori”.

Nell’omelia pronunciata in occasione della consacrazione, come tradotta da padre Dobrzynski, affermò: “Quando Nowa Huta è stata costruita con l’intenzione di farla diventare una città senza Dio, senza una chiesa, allora Cristo è venuto qui insieme alle persone, e attraverso le loro labbra ha ricordato la verità fondamentale sull’uomo. L’uomo e la sua storia non possono essere giudicati in base ai principi economici, anche usando le più esatte regole di produzione e consumo. L’uomo è più grande di questo. È fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso”.

Poco dopo la sua elezione a vescovo di Roma, il beato Giovanni Paolo II tornò in Polonia per un viaggio di otto giorni nel giugno 1979, che per il suo biografo George Weigel “iniziò a smantellare” l’Unione Sovietica.

“Auspico vivamente che il mio presente viaggio in Polonia possa servire alla grande causa dell’avvicinamento e della collaborazione fra le Nazioni”, disse il 2 giugno arrivando a Varsavia; “che serva alla comprensione reciproca, alla riconciliazione ed alla pace nel mondo contemporaneo. Desidero, infine, che il frutto di questa visita sia l’unità interna dei miei connazionali ed anche un ulteriore favorevole sviluppo delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa nella mia amata Patria”.

Il papa ricordò alle autorità civili della Nazione che “la pace e l’avvicinamento tra i popoli si possono costruire soltanto sul principio del rispetto dei diritti oggettivi della Nazione, quali il diritto all’esistenza, alla libertà, ad essere soggetto socio-politico ed altresì alla formazione della propria cultura e civilizzazione”.

Consacrando la sua patria alla Madonna nel suo santuario a Czestochowa il 4 giugno, le affidò i “difficili problemi delle società, dei sistemi e degli Stati, problemi che non possono essere risolti con l’odio, la guerra e l’autodistruzione, ma soltanto con la pace, con la giustizia, col rispetto dei diritti degli uomini e delle Nazioni”.

Lasciando la Polonia il 10 giugno, disse: “I nostri tempi hanno grande bisogno di una testimonianza, che esprima apertamente la volontà di avvicinare tra loro Nazioni e regimi, quale condizione indispensabile per la pace nel mondo. I nostri tempi esigono da noi di non rinchiuderci nelle rigide frontiere dei sistemi, ma di cercare tutto quello che è necessario al bene dell’uomo, il quale deve trovare dappertutto la coscienza e la certezza della sua autentica cittadinanza. Avrei voluto dire: in qualunque sistema di relazioni e di forze”.

“Grazie, quindi, per questa visita, mentre auspico che essa si riveli utile e che in avvenire serva agli scopi e ai valori che si era proposti”.

L’esempio di Giovanni Paolo II ha ispirato Lech Wałęsa, un elettricista che ha fondato il sindacato Solidarność, che il papa ha poi sostenuto e protetto.

Il Governo sostenuto dai sovietici è stato alla fine costretto a negoziare con Solidarność, e nel 1989 si sono svolte in Polonia elezioni semi-libere che hanno portato a un Governo di coalizione.

Quell’anno, una serie di rivoluzioni ha portato al crollo del comunismo in Europa e alla distruzione del Muro di Berlino. Nel 1991 l’Unione Sovietica si è dissolta.

Mikhail Gorbaciov, Capo di Stato sovietico, ha fatto visita a Giovanni Paolo II in Vaticano il 1° dicembre 1989 in quello che è stato considerato il trionfo del cristianesimo sul comunismo sovietico.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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