Tutti i segreti della preparazione del vino da usare per celebrare l'eucarestia
Papa argentino… vino argentino! Pare infatti che, per officiare la messa in Santa Sede, il pontefice abbia optato per un blend ottenuto da uve argentine provenienti da piccoli produttori del suo paese d’origine.
La notizia ha stimolato Cristina Rombolà del Sole24Ore che si è dedicata ad approfondire l’argomento. E a indagare sul vino “divino” con cui viene celebrata la messa nelle parrocchie. Deve possedere particolari requisiti? Chi li stabilisce?
Rispetto del diritto canonico
Qualora un vignaiolo volesse produrre vino da messa, per prima cosa deve attenersi a dei parametri, dettati dal Codice di Diritto Canonico derivato dal Pio-Benedettino del 1917 e rinnovato nel 1983 da Giovanni Paolo II. Il canone 924 § 3 fa riferimento al vino delle celebrazioni liturgiche e dispone che "vinum debet esse naturale ex genimine vitis et non corruptum" (il vino deve essere naturale dal frutto della vite e non corrotto).
Uve pure
Il vino eucaristico deve dunque essere realizzato con uva pura che non deve essere contaminata in alcun modo e la cui genuinità è garantita con dei controlli su campioni da parte di un vicario foraneo, cui segue il sigillo della Curia. Non ci possono essere dubbi, pena l’invalidità del sacramento: ecco perché conoscere la provenienza del vino costituisce una condizione imprescindibile. Generalmente i fornitori s’identificano con conventi, altre istituzioni religiose o con produttori laici di fiducia che dispongono di un’autorizzazione vescovile certificata che si rinnova ogni due anni.
Colore e gradazione del vino
Il cromatismo del vino non viene menzionato dal diritto canonico. Tuttavia si è assistito a un cambiamento sugli altari: il rosso di un tempo, simbolo del sangue di Cristo, è stato gradualmente sostituito dal bianco per motivi pratici. Si è infatti consolidato l’uso preferenziale del vino bianco motivato da eventuali macchie sulle tovaglie di lino dell’altare, troppo evidenti se rosse. Quanto all’alcool, trattandosi di un vino che vieta qualsiasi aggiunta e che si deve conservare a lungo per la consacrazione (la dose giornaliera è di 30 ml), il grado è alto, coincidente con quello dei vini liquorosi. I vini da messa sono pochi, così come le cantine nazionali che li producono che, dotate dell’autorizzazione delle curie vescovili del territorio, sono diventate fornitrici storiche.
La carta dei vini divini
Alleluja è il vino da messa un bianco liquoroso ottenuto da uve Moscato, concepito dalla mente di Roberto Bava, titolare dell’omonima cantina a Cocconato (AT). La cantina Carlo Pellegrino di Marsala (TP) produce con l’etichetta “Vino per la S. Messa” dei vini dolci, bianchi da Zibibbo e rossi da uve autoctone. Sempre con vitigni locali, quali Catarratto, Grillo, Inzolia, Grecanico, Nero d’Avola, Nerello Mascalese, viene realizzato il vino “Santa Messa” della cantina Martinez di Marsala, disponibile sia bianco (secco e dolce), sia rosso (dolce). Questi vini s’inseriscono in un mercato esclusivo e piccolo, i cui canali di distribuzione coincidono con negozi specializzati nella vendita di oggetti e indumenti sacri: esiste una direttiva che ne vieta altri tipi di commercio. Curioso è il caso della cantina Albea di Alberobello (BA) che, pur non essendo fornitrice ufficiale, si è attenuta ai crismi del Diritto Canonico per fare il “Cantate Domino” un vino da uve Moscato Reale di Trani, pensato come omaggio a papa Ratzinger e a Monsignor Georg Ganswein.