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Recitare mantra è contrario alla fede cattolica?

Mantra 2

© Public Domain

Julio de la Vega-Hazas - Aleteia - pubblicato il 15/04/14

Attenzione: sono molto più che semplici parole strane in un'altra lingua

Per centrare la questione, la cosa più opportuna in questo caso è iniziare ricorrendo al dizionario della Real Academia de la Lengua, in cui la parola “mantra” ha un’unica accezione: “Nell’induismo e nel buddismo, sillabe, parole o frasi sacre, in genere in sanscrito, che si recitano durante il culto per invocare la divinità o come sostegno alla meditazione”. Il termine stesso è una parola sanscrita che significa “pensiero”. Per estensione, si utilizza in genere per indicare parole che si ripetono fino allo sfinimento, ma questo senso del termine non viene raccolto nel dizionario né ci interessa in questa sede, perché risulta “non trascendente”.

La definizione è assai precisa – salvo forse l’aspetto relativo all’uso nel culto, perché queste parole vengono usate anche al di fuori di esso –, e indica che ci troviamo di fronte a un elemento delle principali religioni orientali, come si sa del tutto estranee al cristianesimo. In esse, si pensa che i mantra siano scelti con cura – e nella lingua sacra in cui sono stati scritti i veda, le scritture ritenute sacre – per prendere contatto con la divinità e favorire l’armonia interiore che permette di spogliarsi della sensibilità per fondersi con l’infinito. È parte di un tutto, e quel tutto è una religione diversa dal cristianesimo.

In questo senso va intesa la sua incompatibilità con il cristianesimo: non per il fatto di ripetere una parola strana (in Occidente in genere poche persone ne conoscono il significato), ma per il fatto di introdursi con essa in un’altra religione. E non parliamo dell’ipotesi in cui vengano pronunciate all’interno di un culto. Nell’induismo, questo culto non deve essere inteso come una liturgia nel senso che siamo abituati a vedere e comprendere, ma si tratta della cosiddetta puja, un omaggio a un essere divino o a un essere umano ritenuto divinizzato, la cui immagine viene posta al centro di una sorta di piccolo altare circondato da candele, fiori o altri oggetti decorativi. In ogni caso, però, continua ad essere una cerimonia di tipo religioso.

C’è un esempio che può risultare illuminante. In Occidente, il mantra più noto è quello per designare un gruppo religioso: hare krishna. In realtà il nome del gruppo non è questo, ma il suo mantra, che gli adepti ripetono senza sosta, ha finito per designarlo. Permette così di comprendere l’importanza che i mantra hanno all’interno di queste religioni orientali, e che si tratta di qualcosa che dal punto di vista religioso non è assolutamente indifferente.

Anche se tutto questo è piuttosto chiaro, si è creata una certa confusione soprattutto a partire dagli insegnamenti di un guru che si faceva chiamare Maharishi Mahesh Yogi. Questa è già una presentazione religiosa, perché il suo vero nome era Mahesh Prasad Varma; Maharishi significa “il grande veggente”, e yogi viene utilizzato per i maestri di yoga. Ha creato un’organizzazione chiamata Meditazione Trascendentale, che ha avuto abbastanza successo. In Occidente la presentava come qualcosa di non religioso e compatibile con qualsiasi religione, ma in realtà cercava di introdurre in modo surrettizio l’induismo in coloro che frequentavano i suoi corsi di meditazione. In privato diceva che lo faceva perché “l’Occidente non è ancora preparato alla verità”. Il suo metodo, teoricamente destinato all’armonia interiore e a combattere lo stress, includeva il fatto di fornire a ogni partecipante un mantra da ripetere, almeno interiormente. Ad esempio, Shyama.

In realtà è un’antica invocazione a Krishna; se si obiettava che, contro ciò che era stato affermato, aveva un senso religioso, Maharishi si difendeva dicendo “ma non per chi medita”. Il passo successivo, ad ogni modo, era completare la parola con altre due; nell’esempio menzionato, shri Shyama namah. Cosa significa? “Io mi prostro davanti al glorioso Krishna”. Come si può verificare facilmente, quello che i maestri di questa organizzazione dichiaravano sul fatto che si trattava di parole senza senso religioso era semplicemente una bugia.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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