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Ucraina: le proteste del Maidan hanno fatto nascere una “nuova società”

Maidan Protests Gave Rise to a New Society in Ukraine Ivan Bandrua – it

Ivan Bandrua

Catholic News Agency - pubblicato il 14/04/14

“La fede ci permette di guardare a ciò che è accaduto attraverso il prisma della Provvidenza divina”

I tre mesi di proteste in piazza Maidan a Kiev sono stati una dimostrazione dell’azione degli ucraini superando la paura per raggiungere la libertà e fondare una nuova società, ha osservato un filosofo dell’est del Paese.

“La libertà è necessaria per difendere la dignità umana”, ha dichiarato Aleksandr Filonenko, professore associato di Filosofia della Scienza presso l’Università di Kharkiv, alla CNA l’8 aprile.

“Non stiamo parlando semplicemente della libertà di scelta o della libertà di prendere una qualsiasi decisione. Parliamo soprattutto della libertà dalla paura”.

A suo avviso, “le Chiese hanno avuto un ruolo importante nel fenomeno di Maidan, perché la gente ha trovato il coraggio di superare la paura e ha trovato la propria libertà, grazie all’esperienza di una protesta pacifica e della preghiera comune”.

“Maidan ha favorito una riscoperta del valore della nostra identità”, ha continuato Filonenko. “È iniziata come una protesta contro la distruzione della dignità del popolo ucraino ad opera di un potere che ha cercato di risolvere il problema della sicurezza con la forza”. In seguito, “la gente ha scoperto che aveva bisogno di trovare la propria identità per difendere la dignità, e dopo tre mesi di dimostrazioni pacifiche ha capito che era fondamentale non solo per protestare, ma anche per comprendere per quali valori si stava battendo. E ha capito che erano i valori europei”.

“Maidan ha mostrato in modo evidente una società civile, assente per molti anni nei Paesi post-sovietici”; “ha dato vita a una nuova società, e ora ci vorranno molti anni perché questa società venga educata, si sviluppi e si rafforzi”.

Con il tempo, ha affermato, l’Ucraina deve essere “aperta al mondo”, e questo non vuol dire semplicemente la volontà di unirsi all’Europa. “Abbiamo bisogno di un nuovo Paese. È interessante che l’Ucraina si unisca all’Europa, sulla base dei valori europei”.

L’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, dell’arcieparchia ucraina di Kiev-Halyc, ha spiegato in una conferenza stampa tenuta presso la Radio Vaticana il 4 marzo che “la questione centrale di tutta la discussione e le proteste in Ucraina riguarda l’identità europea del popolo ucraino”.

“Dovremmo capire dove si collocherà la Russia nell’ordine mondiale”, ha proseguito Filonenko. “La Russia è in conflitto con tutto il mondo, ed è necessario comprendere e ridefinire gli accordi economici e sociali con lei. Non è solo un problema di rapporti tra Russia e Ucraina: tutto il mondo deve confrontarsi con la questione”.

La città natale di Filonenko, Kharkiv, nel 1989 aveva una popolazione composta dal 50% di ucraini e dal 44% di russi. Situata a 40 chilometri dal confine russo, negli ultimi giorni è stata teatro di tensioni.

Secondo la BBC, il 6 aprile gli attivisti filorussi hanno assediato gli edifici governativi della città, come hanno fatto in altre città dell’Ucraina orientale come Luhansk e Donetsk. Il palazzo governativo di Kharkiv è stato riconquistato dalle autorità ucraine due giorni dopo.

La Russia ha annesso la Crimea, una penisola ucraina a maggioranza etnica russa, il 18 marzo, dopo settimane di dimostrazioni filorusse nel territorio.

Il 21 febbraio, il Presidente filorusso dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, se n’è andato, venendo sostituito due giorni dopo da Oleksandr Turcinov.

Dall’annessione della regione da parte della Russia, la Chiesa in Crimea sta sperimentando la persecuzione. “Siamo tagliati fuori dal resto del Paese”, ha riferito il vescovo Jacek Pyl, ausiliare della diocesi di Odessa-Simferopoli, ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) il 9 aprile. “Comunichiamo solo attraverso il telefono e l’e-mail; perfino gli aiuti sono bloccati al confine”.

“Cerchiamo di rispondere all’emergenza donando cibo e medicinali, con particolare attenzione alle famiglie”, ha dichiarato il vescovo. “Aiutiamo anche i fedeli greco-cattolici, che partecipano alle nostre celebrazioni liturgiche perché tutti i loro sacerdoti hanno lasciato la Crimea”.

Dei cinque sacerdoti greco-cattolici ucraini che servivano l’esarcato della Crimea, tre sono stati rapiti da forze filorusse a metà marzo. Sono stati tutti rilasciati, e sembra che ora siano al sicuro.

I sacerdoti di rito latino, della diocesi di Odessa-Simferopoli, resteranno per ora in Crimea anche se “non è chiaro per quanto”, ha reso noto ACS, aggiungendo che il Governo russo che amministra la Crimea richiederà dei visti per gli ucraini non originari del territorio.

Molti dei religiosi che servono nella diocesi di Odessa-Simferopoli sono di nazionalità polacca e hanno permessi di lavoro a lungo termine emessi dal Governo di Kiev, più che dei visti.

Il vescovo Pyl ha anche lamentato la fine dei negoziati per la restituzione delle proprietà cattoliche confiscate durante l’era sovietica.

“Sembrava che la chiesa di Sebastopoli, trasformata in un teatro sotto il comunismo, stesse per tornare alla Chiesa, ma ora gli sforzi del passato non hanno più valore… Abbiamo ricominciato da zero molte volte, e siamo pronti a farlo di nuovo”.

La crisi della Crimea ha unito maggiormente i cristiani delle varie Chiese. Il presule ha esortato i cattolici latini “a non permettere che la fratellanza tra i popoli della penisola si spezzi”.

Secondo ACS, “molti sacerdoti ortodossi del Patriarcato di Kiev hanno lasciato la Crimea per paura che Mosca voglia ‘annettere’ la loro Chiesa o addirittura proibire la loro presenza nella penisola”.

La Chiesa ortodossa in Ucraina è divisa tra due corpi: la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, che è sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa.

“Privati di alcuni dei loro sacerdoti, i cristiani della Chiesa ucraina hanno preferito volgersi alla Chiesa cattolica piuttosto che a quella russa”, ha riferito ACS.

“I fedeli”, ha osservato il vescovo Pyl, “hanno espresso il desiderio di pregare con noi, e io l’ho permesso immediatamente. Siamo tutti figli di Dio”.

La Chiesa, ha concluso, riuscirà a sopravvivere in Crimea solo con la preghiera e le virtù teologali.

“La fede ci permette di guardare a ciò che è accaduto attraverso il prisma della Provvidenza divina; con la speranza volgiamo il nostro sguardo al futuro, perché sappiamo che Dio ci è vicino nei momenti di difficoltà; la carità, che ci fa volgere verso Dio e i nostri fratelli, ci aiuta a non coltivare l’odio nel nostro cuore”.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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