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Tania Cagnotto: “I figli? Più una gioia che un peso!”

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Rossoporpora - pubblicato il 11/04/14
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Intervista ad una delle atlete femminili migliori che l’Italia abbia oggi.
Chi è Tania Cagnotto? Forse più di qualcuno tra chi ci legge non lo sa: è uno dei volti femminili più noti dell’Italia sportiva, eccellendo in una disciplina assai particolare come i tuffi dal trampolino. Nata a Bolzano il 15 maggio 1985, figlia d’arte essendo tuffatore il padre Giorgio (molti i successi negli Anni Settanta, con 4 medaglie olimpiche) e tuffatrice la madre Carmen Casteiner (la migliore a livello nazionale sempre negli Anni Settanta), Tania è de facto cresciuta in acqua, prima pur puro divertimento, poi con la consapevolezza di aver fatto una scelta di vita importante. Più volte medagliata ai mondiali e agli europei (qui ha nel suo palmarès non meno di 12 ori), molto sfortunata alle Olimpiadi di Londra del 2012 (dove il bronzo le è sfuggito due volte per pochi centesimi), punta ora agli europei di Berlino di quest’anno e verosimilmente a concludere una brillante carriera partecipando alle Olimpiadi di Rio del 2016, le quinte per lei.
L’abbiamo incontrata a Bolzano, nel quartiere di Gries sull’altra sponda dell’Adige, tanto indaffarata quanto sorridente nella sua nuova casa molto luminosa. A far da testimone non silenzioso un multicolore pappagallo caraibico…

Tania, incominciamo dalla tua giornata-tipo…
Di solito mi sveglio verso le 8. Verso le 9.00-9.30 vado in piscina per un’ora, un’ora e un quarto di ginnastica (pedana facilitante, trampolino a secco e altro). Alle undici meno un quarto si va in acqua e ci resto fino a dopo mezzogiorno. Ritorno in piscina verso le 3: prima ginnastica, poi in acqua. Due volte la settimana vado a Trento per la preparazione atletica a base di pesi. Alle sei e mezzo finisco l’allenamento…

Vent’anni di allenamenti…ma chi te lo fa fare, carica di allori come sei, a quasi 29 anni?
Devo dire che questa vita mi piace. Penso anche di essere stata e di essere molto fortunata. Cerco di curare molto i rapporti con le mie amiche d’infanzia, il che mi permette di tuffarmi con loro nella normalità della vita quotidiana. Certo ci sono dei periodi in cui sento che è dura. Dopo vent’anni che faccio questo sport a volte mi sento stanca di viaggiare, di salire e scendere da aerei…in quei momenti mi viene la voglia di stare a casa per godermi una vita normale.  

Quanto durerà ancora?
So che è’ una cosa che non può durare per sempre. Tengo duro per questi altri due anni, lo farò volentieri fino alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016 e poi penso che entrerò in un altro tipo di vita.  

Gentile globetrotter, viaggi tanto. Ma vedi soprattutto aeroporti, alberghi e piscine: quanto sono solide le tue radici?
Credo di averle solidissime: esse sono qui a casa mia, sono la mia famiglia, il mio ragazzo, i miei amici. Avendo girato così tanto, sono sempre più convinta di rimanere poi qui quando avrò finito di gareggiare.

Che cos’ha questa piccola patria da attirarti così tanto?
E’ casa mia. Siamo immersi anche in un paesaggio bellissimo, con le Dolomiti, i due laghi che frequento per rilassarmi appena posso. Ho vissuto un anno in America nel 2005: abitavo a Houston insieme ad alcune amiche. Però Houston non era casa mia. E’ qui che mi muovo nella mia acqua, scendo sottocasa al supermercato, incontro un’amica al bar vicino…

Quando hai incominciato la tua vita acquatica? 
Presto, a sei-sette anni. Per gioco. Non ho mai iniziato per diventare famosa e vincere chissà che cosa. Ho incominciato e mi divertivo. Questa era la cosa principale. E tale atteggiamento ludico è stata la mia fortuna, perché mi ha aiutato a essere serena…

I tuoi, tuffatore il padre, tuffatrice la madre, ti avranno un po’ spinto…
Direi proprio di no. Loro volevano indirizzarmi ad altri sport come sci, tennis, balletto. Io invece mi divertivo in acqua con un gruppo di amici. E l’ho spuntata.

Quand’è che hai avuto la consapevolezza che i tuffi sarebbero stati una parte importante della tua vita?
Un primo segnale l’ho ricevuto ben chiaro a 15 anni, nel 2000. Il mio sogno era di partecipare alle Olimpiadi a Sydney e ce l’ho fatta. La mia soddisfazione era stata tale che mi sono detta: “Ho ricevuto questo dono e allora cerco di meritarne altri: vuol dire che questa è la strada giusta e mi impegnerò ancora di più”.  Pian piano quella scelta è diventata il mio lavoro, parte fondamentale della mia vita. La consapevolezza ben chiara l’ho avuta nel 2005, a Montreal, quando ho vinto la mia prima medaglia veramente ‘pesante’, un bronzo mondiale…

E con la scuola come hai fatto?
Ho conseguito la maturità nei cinque anni giusti, nonostante le due Olimpiadi in quel periodo. La maturità poi l’ho fatta proprio in un anno olimpico. Avevo prospettato eventualmente di ‘saltare’ l’ultimo anno e di fare la maturità l’anno successivo alle Olimpiadi. Ma ho avuto la fortuna di essere aiutata da professori molto disponibili, che mi facevano lezione anche prima che io andassi in piscina, la mattina presto. Poi ho frequentato un anno di università negli Stati Uniti, a Houston come detto: da lì sono tornata presto perché non ero molto soddisfatta degli allenamenti. Tuttavia l’anno statunitense mi è servito certamente come esperienza di vita e per l’inglese.

Perché sei nelle Fiamme Gialle?
Da noi quasi tutti gli atleti di un certo livello sono chiamati a far parte di gruppi sportivi. Ho avuto la fortuna di essere apprezzata dalle Fiamme Gialle, per me è stato un grande onore: perciò ho subito accettato. E’grazie anche alle Fiamme Gialle se sono riuscita ad arrivare a certi livelli: mi hanno dato serenità, permettendomi ad esempio di allenarmi senza dover pensare ad altro.

Fin qui che cosa ha rappresentato per te la tua famiglia?
Moltissimo, anche perché i miei, ambedue sportivi d’alto livello nell’ambito dei tuffi, avevano già passato da giovani quel che stavo e sto passando io. Dunque mi hanno dato e mi danno consigli preziosi. Mi sono sempre stati vicini – mio papà anche come allenatore – e lo sono pure adesso. E mi hanno sempre insegnato i valori

Che valori?
Quello ad esempio di rimanere umili, con i piedi per terra; di non arrendersi alla prima difficoltà; di praticare l’attività sportiva agonistica fino al momento in cui si sente anche il piacere di farlo. .

Tuo padre in particolare ti ha trasmesso qualche valore fondamentale?
Mio papà è molto sportivo, è leale, devo dirti che mi ha trasmesso il senso della lealtà nei confronti dell’avversario sportivo. Nell’ambiente dei tuffi, è giusto annotarlo, non ci sono tante invidie, siamo molto amici.

E tua mamma? 
 .. è testarda e mi ha trasmesso tra l’altro proprio la sua testardaggine, la sua grande tenacia.. Se voglio raggiungere un obiettivo, non defletto, vado fino in fondo.

Un giorno penserai al matrimonio e ai figli… 
Sì, certo, è una mia aspirazione…

Non pochi giovani oggi sono spaventati, purtroppo, dall’idea della paternità e della maternità, delle responsabilità connesse…aver figli…un peso – dicono – un fastidio che rallenta il soddisfacimento dei propri desideri e complica la vita…
Mah, io penso che arrivi il momento in cui sia giusto avere dei figli, pensare a qualcun altro, come altri – cioè i tuoi genitori- hanno fatto prim
a con te. Certo oggi educare i figli è più problematico di un tempo…però che i figli siano un peso proprio non mi sentirei di dirlo… sono una gioia piuttosto.

Nei tuffi fai coppia sportiva con Francesca Dallapè… 
Tutte e due abbiamo gli stessi sogni, siamo grandi lavoratrici, ci diciamo lealmente in faccia quello che non va… insomma siamo vere e grandi amiche ed è bello continuare con lei.

Hai mai pensato di abbandonare la carriera, hai mai avuto momenti di sconforto?
(intanto interloquisce con simpatica petulanza un pappagallo caraibico, il rossogialloverde Christopher, di proprietà di amici assenti per un anno). Di smettere non ho mai pensato, anche se dopo le Olimpiadi del 2012 di Londra, in cui il bronzo è sfuggito due volte per pochi centesimi, ho avuto qualche momento buio, di dubbio… in piscina mi chiedevo se stessi ancora facendo la cosa giusta… ma poi mi sono resa conto che in quel momento non potevo smettere, sarebbe stato peggio. Avevo bisogno di una compensazione, una grande soddisfazione, che poi ho raggiunto ai Mondiali di Barcellona del 2013…

…due medaglie d’argento…
Sì, ci voleva proprio, dopo la batosta psicologica di Londra. Avevo bisogno di continuare a credere in me stessa. Barcellona mi ha dato forza e mi ha stimolato a continuare.

I tuoi allenamenti sono duri… come ti sfoghi dopo una gara importante? Anche perché la pressione di te su di te e degli altri su di te dev’essere molto forte… ci si attende sempre molto da Tania Cagnotto!
E’ vero…Di solito la gara più importante è verso agosto. Finita, stacco e mi ricarico con due settimane al mare, in barca a vela. Dormo tantissimo, mangio assai… mi godo le vacanze. Poi a me piace tanto stare a casa nei periodi ‘morti’… per me è quasi meglio di una vacanza…Sì, c’è qualche impegno da onorare come ‘testimonial’ per sponsor vari…

In questi ultimi anni si nota che le atlete di punta tendono a essere ‘utilizzate’ come ragazze-immagine…
 …anche questo è vero…

Tu sei stata ad esempio da Milly Carlucci a Rai 1, poi ospite una sera a Sanremo, hai fatto servizi di moda, ecc…
Ogni tanto mi piace farlo, nei momenti di pausa… è anche – occorre pur dirlo – un modo per guadagnare qualcosa, è uno svago con esperienze nuove… se si fa con la testa e non si va in trasmissioni stupide, non c’è niente di male….

Nel 2003 e anche nel 2011 sei stata testimonial della ‘Caritas’ di Bolzano. Nel 2003 nell’ambito del progetto “Una goccia per vivere”, destinato a portare aiuto idrico a cinque Paesi in via di sviluppo; nel 2011 hai partecipato come ‘testimonial’ alla Giornata del volontariato…
Arrivano tante richieste di beneficenza e, specie quando arrivano da qui, dall’Alto Adige, lo faccio molto volentieri, perché mi piace aiutare chi ha bisogno. La Caritas mi aveva spiegato di che cosa si trattava, presentandomi i progetti… chissà che un giorno, quando avrò finito di gareggiare, non riesca ad andare in uno di questi Paesi…

Come te la passi con Dio, se non sono indiscreto…? Hai una vita assai convulsa… 
Mia mamma la sera mi aveva insegnato a dire la preghierina. Lo faccio ancora, non ogni sera ma quando me ne ricordo. Sono però abituata a ringraziare, quando le cose vanno bene; e a pregare prima di un appuntamento importante. Credo in Dio, anche se non sono una che va molto in chiesa…non ho neanche tanto tempo… credo comunque.

Saprai che da poco più di un anno c’è un Papa nuovo, Francesco… 
Mi piace molto. E’ semplice. Sembra che si prenda molta cura di ogni persona. Ha fatto gesti simbolici che mi hanno molto colpito, nel senso della sobrietà…

Tu sei nata nel 1985, ai tempi di Papa Wojtyla, che sta per essere canonizzato… diventerà santo per la Chiesa. Ti ricordi qualcosa di lui? 
Soprattutto mi aveva impressionato la grande folla per i suoi funerali. Era molto amato anche lui… penso che come popolarità se la stia giocando con papa Francesco…

E su questa nota lieve e, diremmo, celeste chiudiamo l’intervista alla migliore tuffatrice italiana, una ventottenne altoatesina, figlia di una terra solida.  

Qui l’originale
 

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