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La suora twittatrice: “Il mondo virtuale è un prolungamento della vita reale”

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SIC - pubblicato il 11/04/14

Intervista a Xiskya Valladares, iniziatrice di iMisión

di José Atienza

La chiamano la “suora twittatrice”, ha oltre 20.000 followers su Twitter, la rete sociale in cui si muove con maggiore frequenza. Xiskya Valladares è una religiosa della Purezza di Maria, filologa e giornalista, con un’inquietudine chiara: portare il Vangelo a tutte le persone che si trovano nel vasto “continente digitale”, come lo definisce.

In questo continente ha incontrato sacerdoti, religiosi e laici che condividevano questa idea. La sua forza missionaria l’ha portata a creare iMisión, un gruppo di cattolici di diversi movimenti, congregazioni, famiglie religiose… di tutti gli stati di vita: laici, consacrati e sacerdoti, che condividono la stessa inquietudine e chiamata – evangelizzare in Internet – e hanno celebrato lo scorso fine settimana il congresso “Misioneros EnRedados” a Madrid.

Il suo è uno dei profili più seguiti nel panorama cattolico spagnolo su Twitter, ed è già nota come “la suora twittatrice”. Al di là della sua presenza e del suo lavoro personale attraverso la rete, come si passa da questa inquietudine evangelizzatrice attraverso la rete a formare un gruppo come iMisión e a realizzare un congresso con queste caratteristiche?

In realtà è un salto molto piccolo. Daniel Pajuelo e io ci siamo conosciuti attraverso Twitter ed è lì che abbiamo cominciato a parlare del tema, di evangelizzazione.

Abbiamo pensato che bisognava fare qualcosa perché la Chiesa potesse essere più visibile in Internet, e visto che il nostro ambito di movimento più frequente era Twitter, proprio perché è una rete sociale più aperta che ti permette di dialogare con molta più gente anche se non ti segue o non la segui, abbiamo scelto questa rete.

Fin dal primo momento abbiamo parlato di un congresso. Era il sogno che avevamo da quel giorno ed è quello a cui abbiamo iniziato a lavorare due anni fa, prima formando un’équipe, creando l’ambiente, avviando diverse iniziative, poi nell’ultimo anno lavorando a tempo pieno al congresso.

A chi si rivolge il congresso? Che accoglienza ha avuto?

“Misioneros EnRedados” si rivolge principalmente a cattolici interessati al mondo dell’evangelizzazione in Internet. Non serve che sia gente che domini la tecnica, ma deve aver voglia di essere missionaria nel continente digitale.

Il profilo che va per la maggiore è quello di persone giovani, ma vengono anche persone più grandi che vogliono questo: una riflessione congiunta su ciò che per noi è urgente in questo momento, che è stare dov’è la gente, ovvero Internet, cioè Twitter in concreto o Facebook.

La finalità di questo incontro è stata da un lato la formazione che ci hanno dato i laboratori, dall’altro la riflessione congiunta che è ciò che ci forniscono gli interventi e le tavole rotonde. Evidentemente, dopo il congresso bisogna continuare. In base alla risposta della gente decideremo la via e le azioni da intraprendere ora.

C’è chi si chiede se si possa davvero evangelizzare attraverso le reti sociali o queste non siano altro che fuochi di paglia superficiali, che non arrivano a un’interiorizzazione reale, soprattutto per il carattere succinto di Twitter. Ad ogni modo, iMisión nasce con questa inquietudine di evangelizzazione attraverso i media. È possibile allora l’evangelizzazione 2.0?

Noi pensiamo che si possa evangelizzare attraverso le reti sociali perché la vita è una sola. La gente che è in rete è la stessa che gira per strada, che è al nostro fianco nel mondo reale.

Il mondo virtuale è un concetto, nient’altro, in realtà è un semplice prolungamento della vita reale e un diverso modo di essere.

Dall’altro lato, non vogliamo che questo avvicinamento resti confinato al mondo virtuale, vogliamo sempre compiere il salto verso la vita reale: verso la parrocchia, verso la Chiesa, verso la comunità di fedeli. È qui che si può continuare questa evangelizzazione in modo più profondo.

Avete conosciuto persone che si sono avvicinate alla fede attraverso queste reti?

Sì. Conosco un ragazzo che si è battezzato e altri casi di persone che non credevano, o che credevano di non credere, e ora hanno assunto la fede, vanno a Messa, si confessano… Credo che confessarsi o andare a Messa sia un passo oltre… Sì, conosco alcune storie in questo senso.

In realtà, l’aspetto più importante di questa iniziativa è che noi cattolici ci sentiamo uniti e che abbiamo la speranza di poter trasmettere il Vangelo con la nostra testimonianza in rete, quella speranza che a volte ci manca perché se ci vediamo soli ci fa paura, perché ci attaccano subito, ma se vediamo che siamo molti ci sentiamo sostenuti.

La paura di essere attaccati o insultati attraverso la rete o di perdere “amici” è uno dei motivi per cui molti cattolici non esprimono le proprie posizioni in rete o addirittura le nascondono. Esiste anche il timore di impelagarsi in una dialettica senza senso, in discussioni… È evidente che quando si manifesta una posizione cattolica, soprattutto su alcuni temi, gli attacchi arrivano quasi istantaneamente. Come rispondere cristianamente a questi insulti?

Credo che da un lato si debba sempre tener conto di ciò che ha detto Gesù nel Vangelo, “Benedite coloro che vi maledicono”, perdonare, e dall’altro lato si debba avere ben chiaro fino a che punto si può dialogare con quel tipo di persona che in rete viene definita un troll.

C’è un limite che non si può superare, quando si perde il rispetto o la dignità bisogna bloccare quella persona. All’inizio mi sentivo male, perché non mi piace bloccare la gente su Twitter, ma poi ti rendi conto che è l’unico modo; che quella persona deve imparare a rispettare e che visto che non vuole farlo deve essere bloccata.

Quello di papa Francesco è uno degli account più influenti di Twitter. Con gli account di @pontifex nelle varie lingue, il papa, secondo alcuni studi, ottiene una maggiore notorietà attraverso la rete di Capi di Stato come Barack Obama. Cosa rappresenta per iMisión l’esempio prima di papa Benedetto XVI e ora di papa Francesco, che con i loro profili hanno dimostrato la propria preoccupazione per questo “dov’è la gente”?

Per noi è stata una gioia enorme quando Benedetto XVI ha aperto il suo profilo Twitter, visto che appena quattro mesi prima avevamo creato il gruppo iMision. Ora papa Francesco non twitta una volta a settimana, ma molto di più, ed è l’esempio, il riferimento, è in prima linea.

Tutti i documenti che sia Benedetto XVI che Francesco hanno pubblicato riferendosi all’evangelizzazione del continente digitale sono bellissimi; i messaggi per le Giornate delle Comunicazioni Sociali di ogni anno ultimamente si concentrano sulla rete.

Li leggiamo con grande interesse e ci riflettiamo insieme, e ci piace moltissimo. Da questi documenti si possono trarre molte regole per vivere con le idee più chiare.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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