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La felicità del vivere insieme: parole che arrivano dal cuore

Senior couple

© CREATISTA/SHUTTERSTOCK

Emanuele D'Onofrio - Aleteia - pubblicato il 11/04/14

Una lettera scritta ad una moglie dopo 25 anni di matrimonio diventa il manifesto di un percorso compiuto nella compagnia, discreta e amorevole, del Signore

Il cammino di troppe famiglie del nostro tempo conduce dentro buie foreste di fatiche quotidiane dalle quali non si riesce ad uscire. Affaticati da ogni passo, l’Altro troppo spesso diventa l’ennesimo peso da caricarsi sulle spalle. Per non parlare dei figli, schegge impazzite di un’identità in frantumi, che si è prima rassegnati, poi contenti di perdere di vista. Vincenzo Testa, con il suo libro appena pubblicato dalle Paoline, Parole Dal Cuore. Lettera alla mia sposa, ci ricorda che l’Altro è una risorsa unica e preziosa, con la quale e “nella” quale ritrovare una felicità di cui abbiamo smarrito le tracce. L’autore coglie l’occasione del venticinquesimo anniversario di matrimonio per ripercorrere, con la penna, la lunga strada fatta, ringraziando ad ogni passo la moglie Franca per essergli stata accanto.

Dalla leggerezza del fidanzamento all’impegno dei figli, legati dal comune servizio reso alla Chiesa con tante attività, Vincenzo dipinge la sua storia d’amore con i colori di una santità del quotidiano che sono troppo gioiosi per non essere condivisi, prima con la moglie e poi con tutti i lettori. Ha deciso di farlo, come racconta nel libro, “perché è una delle tante storie di una coppia di sposi che, grazie a Dio, nonostante lo scorrere del tempo continua a stare insieme bene, a potersi guardare negli occhi, a stringersi le mani e a cercare di spingere i passi in avanti consapevoli degli errori, delle difficoltà, delle gioie che speriamo di assaporare e delle speranze che desideriamo vedere realizzate”. Noi di Aleteia lo abbiamo intervistato.

Come hai avuto questa idea?

Testa: Questa lettera non è nata per essere pubblicata. E’ una lettera autentica, scritta a mia moglie nel luglio del 2013; il manoscritto gliel'ho donato il 27 agosto, il giorno del nostro anniversario. Doveva rimanere tra me e lei, era il mio regalo del venticinquesimo anniversario. In realtà avevo scritto una copia che era anche per i miei figli. Dopo qualche settimana, tuttavia, abbiamo partecipato – io ne avevo fatto richiesta da un po’ – ad una celebrazione a Santa Marta con papa Francesco. Era il 21 settembre, il giorno di San Matteo, lo stesso in cui il papa ricevette la sua vocazione sacerdotale. Dopo la messa, come sempre in quelle occasioni il papa ha ricevuto ognuno dei partecipanti, soffermandosi con loro per qualche minuto. Così è stato anche per noi, e lì gli ho consegnato una copia della lettera.

Perché volevi che il papa la leggesse?

Testa: Lo volevo anche perché abbiamo chiesto la benedizione delle nostre fedi al Santo Padre. Poi lui sta facendo tanto per la famiglia! Ci sono tante famiglie che vivono la propria dimensione sponsale in una maniera coerente, salvo poi i limiti che ognuno di noi ha. Volevamo condividere con il papa la nostra storia. Tornando a casa, mi sono detto, “se l’ho data al papa…”. Allora l’ho mandata alle Paoline, e dopo 10 giorni mi hanno chiamato dicendomi di volerla pubblicare. Il mio vescovo poi, mons. Fabio Bernardo D’Onofrio, ha accettato di scrivere la prefazione, e don Francesco, un mio amico sacerdote, mi ha regalato l’introduzione. A quel punto – come mi disse don Francesco – mancava soltanto la voce di una consacrata, e suor Maria Pia Giudici, che ha più di 90 anni e vive in un eremo tra le montagne di Subiaco, si è detta disponibile a scrivere la postfazione. In questa piccola storia ordinaria io ci vedo qualcosa di straordinario. Veramente nella vita di tutti i giorni possono accadere cose che neanche immaginiamo. Vengono da fuori di noi, ne sono convinto. Rivolgendomi a tutti dico che c’è qualcosa che ci guida. Noi dobbiamo essere capaci di starlo ad ascoltare. Noi siamo stati condotti dalla Provvidenza, che teneramente ci ha accompagnato e ci ha condotti in questo viaggio. Tre parole sono la fotografia del libro: semplicità, sobrietà, essenzialità. Tale è la storia mia e di Franca e dei nostri figli. Su questi tre sostantivi abbiamo costruito il nostro stare insieme. Ma non siamo dei santi, siamo persone ordinarie: ribadisco questo concetto, è nella vita ordinaria di tutti i giorni che c’è lo straordinario di Dio.

Come si cammina insieme alla propria compagna e alla Chiesa?

Testa: La santità matrimoniale è ridere insieme, stare in silenzio insieme e affrontare l’ordinario della vita insieme, nel rispetto delle propria diversità. E poi chiaramente, per me che sono diacono, è stata fondamentale l’esperienza ecclesiale: i cammini fatti in parrocchia, negli scout, ci hanno aiutato ad accogliere le cose anche imprevedibili, il bene e il male che abbiamo dovuto affrontare e stiamo affrontando.

Come superare i momenti di difficoltà?

Testa: Ti dico una cosa, secondo me ogni negatività sta dentro di noi. Noi organizziamo anche incontri con altre persone, ma non facciamo i catechisti. Cerchiamo di arricchire la nostra esperienza con la loro compagnia. Sono incontri, cammini: noi possiamo soltanto testimoniare che insieme si è felici, e la gioia del Signore ci permette nella vita di realizzare ciò che vogliamo essere. Gli incontri sono dieci, ci ritroviamo e parliamo delle tematiche della Chiesa, ma l’approccio è quello di costruire relazioni. Gesù, come prima cosa, si relazionava con gli altri dal punto di vista umano, e soprattutto metteva la sua empatia in gioco. E’ questo che tentiamo di fare.

I figli: come si fa al giorno d'oggi a non perderli di vista?

Testa: Parlo della mia esperienza: io penso che se cerchiamo di essere veri ed autentici, nelle relazioni anche con i figli, i rapporti si costruiscono in maniera positiva. E’ fondamentale non dire mai bugie. Far partecipare alla vita della famiglia i figli diventa la chiave di volta attraverso la quale la vita si costruisce. Non è vero che i ragazzi non hanno valori, siamo noi che a volte non li abbiamo, o li abbiamo solo formalmente. E gli altri se ne accorgono, soprattutto i figli. Si accorgono se siamo veri o meno. Se mettiamo al primo posto la nostra carriera, il nostro successo, è evidente che loro se ne accorgono, e faranno altrettanto, o ancora peggio, oppure ci abbandoneranno completamente. I figli ci osservano anche quando guardano dall’altra parte. Noi siamo testimoni, ma non testimoni formali. Dobbiamo essere autentici.


LEGGI IL DOSSIER DI ALETERIA SUL FIDANZAMENTO E IL MATRIMONIO

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