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Testimonianza di una donna maltrattata: amare e perdonare per amor di Dio

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Portaluz - pubblicato il 10/04/14
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Suo marito la aggrediva per vari motivi; credeva che lei gli nascondesse la droga
Jacqueline Bazaéz è una donna di 46 anni nata e cresciuta a Los Andes (Cile), madre di tre figli e vedova da sei anni. La sua passione per la cucina le ha permesso di lavorare vendendo pasti nelle scuole e in altri luoghi della zona. Jacqueline oggi è felice, si alza ogni mattina alle cinque per iniziare a lavorare e la prima cosa che fa è pregare. “Dio mi ha dato una seconda opportunità. La mia vita era molto travagliata, ero in un circolo vizioso… Dio mi ama tanto da avermi detto: ‘Svegliati, donna!’”.

Quando è iniziata la relazione con il marito, lei gli ha detto un po’ per scherzare: “Non innamorarti di me, perché ti farò soffrire”, ma la storia è andata al contrario. Ha già perdonato e si riferisce a lui come a un uomo molto intelligente, giovane e con una grande voglia di vivere, con un talento innato per la pittura.

Nessuna aggressione o la propria depressione può abbattere la sua fede

Jacqueline non ha mai pensato che quella bella amicizia con Óscar – che poi sarebbe diventato suo marito – avrebbe potuto trasformarsi in una relazione d’amore. Entrambi erano giovani pieni di speranze. Óscar studiava Medicina, Jacqueline era molto amica di sua madre e tanti bei momenti hanno caratterizzato l’inizio di questo nuovo cammino di vita.

La storia, però, ha iniziato a diventare complessa dopo aver saputo che la suocera aveva il cancro. “La signora Nancy era tutto per Óscar”, ha detto commossa. Senza pensarci molto, hanno deciso di darle un nipote, per regalarle la gioia di essere nonna. È nata una bella bambina, anche lei chiamata Nancy. Ci sono state gioia e speranze, ma poco dopo la nonna è morta di tumore.

I motivi del cambiamento nell’anima di Óscar si ritrovano nella sua storia… forse il fatto di aver sofferto per anni per un padre violento e alcolizzato, o la scarsa tolleranza alla frustrazione, l’eredità e ciò che egli stesso aveva costruito o meno con la sua anima, perché non aveva nemmeno un legame solido con Dio. La cosa certa è che il marito di Jacqueline si è rifugiato nella droga, e rivelandosi, ferito, ha aperto la porta all’ira…

“Ha iniziato a picchiarmi, arrivava a casa e mi aggrediva per varie ragioni, credeva che gli nascondessi la droga. Mi esaminava tutta, mi denudava, ma non trovava niente! Consumava droghe pesanti, come la cocaina, ed era anche alcolizzato. Io porgevo sempre l’altra guancia, era mio marito, e sono sprofondata in una grande depressione”.

Jacqueline ha vissuto la sua notte buia e ha cercato varie volte di togliersi la vita. “Mi sentivo un ostacolo, pensavo di non valere nulla”. Senza lavoro, senza entrate proprie, la sua autostima era quasi nulla.

Il suocero nel quale ha cercato aiuto perché consigliasse Óscar giustificava il figlio. Peggio ancora, quando Jacqueline, picchiata, chiedeva aiuto alla polizia, questa arrivava, ma vedendo che l’aggressore era suo marito, figura pubblica in quella piccola città cilena, le diceva di tranquillizzarsi, di andare a dormire… quando l’unica cosa che provava lei era paura e voglia di scappare, come ha ricordato.

Nel 2008 Óscar, vittima delle sue dipendenze, è morto per overdose.

Jacqueline ricorda che in quel momento si è aggrappata a Dio, e nel silenzio della sua anima ha sentito che Gesù la riempiva e ha potuto vedere il marito con altri occhi e perdonarlo. Il sentimento d’amore è sopravvissuto alla tempesta. “Era un uomo buono, ma era malato. Come molti medici che si credono potenti, saggi, non credeva in Dio”, ha affermato.

Dal profondo a te grido, o Signore

Una nuova prova di fede è arrivata quando, non appena seppellito il marito, è stata accusata dal suocero in tribunale di essere tossicodipendente. Cercavano di toglierle la tutela delle figlie, ma gli esami medici hanno dimostrato la verità.

“Prendevo benzodiazepine dietro prescrizione medica, per la mia depressione. Ho preso farmaci per dieci anni, ma il 23 marzo 2009 ho smesso del tutto. Quel giorno ero al limite, vedevo la morte e Dio, che mi ama tanto, mi ha detto nella preghiera: ‘Fermati!’, ‘Svegliati, donna!’. Allora la mia anima ha reagito e ho detto ‘”ce la posso fare’”, ha raccontato emozionata.

Jacqueline ha sentito la mano di Dio che la sosteneva e gli rende onore con amore riconoscendo che può confidare solo in Lui. “Mi sono aggrappata a lui corpo e anima. Oggi ho le mie figlie, e ogni giorno le proteggo, mi prendo cura di loro, dico loro quanto le amo… e Dio mi ha dato delle mani per cucinare e dicono che cucino bene… e lavorando qui a casa posso prendermi meglio cura delle mie figlie”.

Dio, dice, le ha mandato dei buoni vicini, i fratelli mariti dell’Istituto Chacabuco de Los Andes, dove studiano le figlie, che “hanno aperto le loro porte perché potessi vendere il cibo che preparo”.

Jacqueline dice che si è rialzata perché ha saputo amarsi, perché per poter amare la prima cosa è amare se stessi. “Io mi amo perché Dio mi ama, e allora posso dare amore”.

“Dio ti dirà: ne sei capace! Non accontentiamoci della mediocrità, perché abbiamo un essere meraviglioso che è Dio, che ci accoglie, ci avvolge nel su manto e poi ci dice ‘Ora al lavoro!’”.

“La cosa migliore che può accadere a una donna nella vita è essere madre. I figli non ci chiedono di venire al mondo. Siamo noi che ce li portiamo, e questo è una benedizione di Dio. Coraggio, donne, si può! La vita è una barca, e bisogna remare dallo stesso lato”.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]