C’è chi approfitta della congiuntura per buttare sul tappeto il ritorno al gold standard come sistema di stabilizzazione trascurando, in uno sfoggio di assenza di senso scientifico, le difficoltà che comporterebbe la transizione a quel sistema e dimenticando le prove del fatto che questo si
stema ha favorito una più efficace trasmissione degli impatti negativi tra Paesi nella crisi del 1929 e che l’attuale eurozona, disponendo di un sistema di parità fissa interna, sta subendo aggiustamenti seri e dolorosi che si stanno prolungando troppo nel tempo.
Tornare al gold standard sarebbe come chiedere a Dorothy di tornare sui suoi passi sulla strada di mattoni gialli solo per pensare che all’inizio del cammino si stava meglio.
La Banca Centrale Europea, e in particolare Mario Draghi, deve credere e assumere il proprio ruolo di mago di Oz, non tanto per l’oro che potrebbe immagazzinare come riserva, ma per sostenere la credibilità del Progetto Europeo e dell’euro. Solo in questo modo la diversità di attori economici della nostra vecchia Europa potrà coordinarsi e migliorare il benessere dei cittadini. Così, forse, la politica europea disporrà di un cervello, l’industria e il sistema imprenditoriale disporranno di un cuore, di una ragione del condividere, e i lavoratori saranno sufficientemente coraggiosi da difendere, esigere ed essere responsabili nei confronti dei propri diritti e doveri come cittadini europei.
Anche sel’Europa è il vecchio continente, sembra che gli Stati Uniti abbiano imparato questa lezione da molto tempo e siano in vantaggio. Il futuro del progetto europeo passa per il fatto che, lasciando da parte le voci discordanti delle streghe dei punti cardinali del racconto, Mario Draghi creda nel suo ruolo e lo eserciti con maggior chiarezza, come mago di Oz.
[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]