separateurCreated with Sketch.

Un umano migliorato?

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
FIAMC - pubblicato il 07/04/14
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Bisognerebbe distinguere tra trattamento, miglioramento e cambiamento dell’umanodi María Pilar Núñez-Cubero

Il desiderio di perfezionamento e di miglioramento è presente in ogni essere umano e ha suscitato nell'umanità di ogni tempo una ricerca che in molti Paesi ha dato frutti innegabili, come l'accesso all'istruzione e alla salute e l'allungamento dell'aspettativa di vita.

Oggi, con il rapido sviluppo delle tecnologie, soprattutto quelle note come NBIC – Nanotecnologia, Biotecnologia (genetica), le TIC e la Conoscenza (neuroscienze) –, sembra che si tratti di andare verso il futuro migliorando l'architettura mentale e fisica.

Bisognerebbe distinguere tra trattamento, miglioramento e cambiamento dell'umano. La scienza, come forma di conoscenza, è in se stessa neutra. Sono le sue applicazioni che possono essere etiche o meno.

Dobbiamo rallegrarci che si possano curare, alleviare o migliorare le capacità umane esistenti, grazie alle nuove tecnologie. Non ogni cura, ad ogni modo, è innocua.

Ogni cura è un “saggio”, in senso ampio, visto che si saggia se la cura in questione farà bene al malato, e quindi di fronte a cure molto sofisticate, come quelle del “miglioramento umano”, bisogna valutare se si rispetta la dignità della persona (non la si usa), se i benefici sono superiori ai rischi e se non si discrimina nessuno.

No alle cure solo per i ricchi

In medicina, processi uguali richiedono cure equiparabili. Da ciò deriva la responsabilità del medico, dello scienziato, esercitata con prudenza, come phronesis, o saggezza pratica, non solo prudenza cautelare.

Oggi le tecnologie ci offrono quattro tipi di miglioramento:

1) della conoscenza;

2) dello stato d'animo;

3) del corpo;

4) dell'aspettativa di vita.

E dalla riflessione sull'applicazione delle alte tecnologie è nato il principio di precauzione o principio del benessere, secondo il quale “si esige”, per decidere un'azione, tenendo conto delle conoscenze scientifiche del momento e data l'assenza di certezza (la medicina è scienza di probabilità e non di certezza), “non solo l'assenza di una prova di rischio, ma la prova dell'assenza di rischio”.

Ciò consiste nel calcolare il bilancio beneficio/rischio di queste azioni per azione o per astensione, valutando la prevedibilità del rischio al momento attuale e le possibili conseguenze in futuro, l'irreversibilità e la gravità del danno, misure efficaci e proporzionate e a un costo accettabile.

Il principio così stabilito ha come obiettivo la ricerca del “rischio zero”, finalità un po' utopica che è stata indicata nell'accettazione di un “rischio accettabile” o “rischio proporzionato”.

Alcuni, che si definiscono “transumanisti”, vorrebbero arrivare anche a cambiare l'uomo, non solo fisicamente, ma anche la sua mente, la sua cosmovisione, i suoi valori, arrivando addirittura a creare una nuova specie umana.

In questo contesto, è importante interrogarsi sulla nozione di “umano”, “trans-umano” e “post-umano”. Non invano Jean Bernard, primo presidente del Comitato Consultatif National d’ Ehtique (CCNE) di Francia, affermava che “l'uomo è arrivato ad essere Dio prima di essere uomo”.

Cos'è l'uomo? Lasciatemi presentarlo come persona umana, soggetto di diritto, ma anche soggetto di ragione e di libertà, adatto alla propria autonomia e a una relazione di trascendenza (Lucien Sève, filosofo comunista, membro del CCNE di Francia, Parigi 1992, Giornate sulla Dignità Umana).

Mi chiedo se si possa davvero cambiare l'uomo, e se sarebbe possibile cambiare tutti gli uomini del pianeta, perché se non si può applicare a tutti, questo cambiamento resta escluso secondo l'imperativo universale kantiano.

Avremmo scisso il mondo, creando due o più tipi di uomini, situazione che oggi già esiste, quando vediamo come “vivono” alcuni dei nostri fratelli che non potranno beneficiare dei progressi della scienza e delle tecnologie.

Non è una vergogna, uno scandalo, dedicare tante risorse a situazioni “quasi” immaginarie e non dedicarle a risolvere i veri problemi della comunità umana globale, arrivando addirittura ad aumentare le differenze tra gli uni e gli altri?

——— 
María Pilar Núñez-Cubero è ginecologa e docente di Bioetica presso l'Università Ramon Llull, l'Università Pontificia Comillas di Madrid e altre Università, membro del Gruppo di riflessione Bioetica della COMECE (2006-2014) a Bruxelles e relatrice dell'opinione di questo Comitato sul Miglioramento Umano -“Human Enhancement” presso il Parlamento Europeo (aprile 2012).

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]